Mettiamo il naso fuori dalla valle
La comunità pastorale della Valmalenco, nata dopo la Visita pastorale del vescovo Diego Coletti (2014), fa parte del Vicariato di Sondrio (vedi Decreto) e ha come Vicario foraneo l’arciprete di Sondrio. Diverse iniziative di formazione e alcune celebrazioni comuni vengono proposte ogni anno a livello di Vicariato, in base alle indicazioni del Piano pastorale diocesano. Per aggiornamenti su tali iniziative, può essere utile consultare, oltre a questo sito, quello della comunità pastorale di Sondrio (www.parrocchiesondrio.it) o il sito della diocesi (www.diocesidicomo.it).
Proposte vicariali, diocesane, nazionali
Se le cose potessero parlare: i testimoni innocenti della passione di Gesù
Proponiamo una bella meditazione del padre gesuita Gaetano Piccolo sulla passione.
Eppure la passione di questo giusto non si sarebbe compiuta
se non ci fossero stati gli iniqui che uccisero il Signore.
Sant’Agostino, Enarrationes in Psalmos 61,22
Le cose stanno lì e ci parlano, con la loro evidenza, semplicità e
durezza. Le persone possono nascondersi, cambiare, mentire. Invece le
cose, gli oggetti, i gesti ci ricordano in maniera impietosa come li
abbiamo utilizzati, cosa ne abbiamo fatto. Sono le tracce della storia.
Per questo ho pensato di ripercorrere il racconto della passione di Gesù
lasciando parlare le cose.
Non è un’idea originale. Gli strumenti della passione, quelli che la tradizione ha chiamato arma Christi,
sono stati oggetto di grande devozione. Alcuni di questi, secondo la
tradizione, furono ritrovati dall’imperatrice Elena a Gerusalemme. Ma
anche in tempi più recenti, molti canti popolari, come il Pianto delle zitelle al santuario di Vallepietra, raccontano questa storia attraverso le cose, involontarie protagoniste, innocenti testimoni.
Proviamo ad ascoltarle, lasciandole parlare. Non le nominerò, perché
sarebbe già da parte mia un modo per impossessarmene e trasformarle in
oggetto. Alcune forse si faranno capire meglio, altre meno:
- «Passiamo
di mano in mano. Non bastiamo mai. La gente vuole sempre qualcos’altro.
Del resto, per quanto preziose, non serviamo a niente. Ci usano per
comprare il pane, ma anche per tradire. Per fare l’elemosina, ma anche
per coprire i crimini. Quella volta ci misero in un sacchetto e ci
consegnarono nelle mani di Giuda. Mani tremanti. E dopo un po’ ci
ritrovammo sbattute e disperse sul pavimento della casa da cui eravamo
uscite. Un rumore sordo. Ci coprirono di disprezzo. Per la prima volta
nessuno ci voleva più. Eppure non era colpa nostra se eravamo state
usate per tradire un amico. Ci raccolsero con i piedi e diventammo merce
di scambio».
- «Doveva
essere una sera importante quella. Mi avevano comprato al mattino. Ero
fresco, appena sfornato. E mi ritrovai spezzato la sera. Ma lentamente.
Mi ritrovai sollevato e fermato a mezz’aria, tra le mani di Giuda,
mentre mi portava alla bocca. Per un attimo, Giuda rimase immobile,
bloccato, inchiodato dalle parole di Gesù. Tutti gli sguardi furono su
di me. Il vino, nel quale ero stato intinto, mi avvolgeva. Non c’era
aria di festa quella sera, ma un velo di tristezza. Sguardi di sospetto.
Mi ritrovai da solo. Lasciato sul tavolo ad aspettare l’alba. Tutti
erano usciti, sebbene fosse notte».
- «Furtivo,
appassionato, a volte formale, ma mai avrei pensato di diventare
segnale di un tradimento. Le labbra di Giuda erano gelide, la guancia di
Gesù ferma e sincera. Il maestro mi sentì come una lama, eppure si
lasciò tagliare senza arretrare. Pensavo di parlare solo d’amore e
invece sono diventato ipocrita, falso, ingrato. Vi prego, rimettetemi
nelle poesie degli amanti, nelle preghiere dei devoti, nelle paure delle
mamme, ma non fate di me la fine di un amore».
- «Sì,
ne ho uccisi tanti. Me ne date la colpa, ma c’è chi ferisce più di me:
le parole, le assenze, i giudizi, gli sguardi… C’è chi mi tiene
nascosta, per tirarmi fuori alla prima occasione. Quando si sentono
minacciati, quando sono spaventati, ma anche quando cercano giustizia.
Proprio come quella sera, nel giardino. Vorrei essere dimenticata, ma il
cuore dell’uomo non trova pace. Vorrei essere trasformata, ma a cosa
può servire il ferro vecchio? Quella notte, il maestro riparò il danno
del mio colpo. Pensavo di essere invincibile e invece fui vinta
dall’amore».
- «Non
è colpa mia se all’alba, quando il sole spunta, mi viene voglia di
cantare. È bello il sole, mi scalda, mi piace quando le cose possono
ricominciare, quando la notte è ormai passata. E allora io mi metto a
cantare. Grido, esulto, vorrei che tutti si svegliassero per vedere il
giorno che ricomincia. La gente invece si disturba, mi maledice,
preferiscono restare nel buio, non vogliono ricominciare. Forse sono
stanchi o pigri o spaventati da quello che ci sarà. Anche Pietro quella
notte si è meravigliato del mio canto. È rimasto impietrito. Ma si è
reso conto che qualcosa di nuovo stava accadendo anche nella sua vita».
- «Mi
hanno buttata qui, in questo catino. Non mi sono mai ritrovata davanti a
tutta questa gente. Che posto insolito. Su una tribuna, sulla piazza.
Pilato si è già lavato questa mattina, dunque perché mi hanno riportato
qui, davanti a lui? Posso lavare le mani, ma non posso lavare la
coscienza. Che illusione? Posso però, caro Pilato, mostrarti la tua
faccia, mentre ti pieghi per immergere le tue mani dentro di me. Anche
Gesù, ieri sera, ha visto il suo volto provato e triste, quando si è
chinato per lavare i piedi dei suoi amici. Sì, buttatemi pure via, ma io
posso portare via la polvere della terra, non il peccato del vostro
cuore».
- «Ci
mancavo solo io. Gli hanno messo in mano una canna e lo hanno coperto
con una specie di mantello. Non sono abituata a stare in testa alla
gente per gioco. Sono preziosa, pretendo rispetto. Ma quella volta,
sulla testa di Gesù, non ero d’oro e non avevo diamanti incastonati ben
in mostra. No, ero semplice, fatta di spine. Che strano: invece di
portare onore, ho portato dolore, invece di conferire potere, sono
diventata oggetto di scherno. Eppure non mi sono mai sentita così
preziosa e invincibile. Gli uomini si mettono in testa idee strane su se
stessi, si travestono, indossano abiti di scena. Ma quel giorno ho
imparato che la dignità di ciascuno si nasconde nel profondo. Il potere
di ciascuno è nell’abisso del cuore, non negli abiti che indossa».
- «Sono
pesante. Se avessi potuto piangere, avrei riempito di lacrime la strada
che porta verso il Calvario. Ero lì, sulle sue spalle. Avrei voluto
farmi leggera, ma ero pesante. L’ho schiacciato. L’ho buttato a terra.
Perdonatemi se continuo a gravare sulle vostre spalle. Vorrei scendere,
farmi da parte, ma mi hanno detto che faccio parte dell’esistenza. Alla
fine mi ritrovo sempre da sola, perché tutti fuggono. Lo spettacolo non
dura molto. Poi resto lì. Sotto la pioggia, nella solitudine, nel
silenzio. Accolgo gli ultimi gemiti, le grida di dolore. Il corpo mi
resta attaccato, nell’inutile tentativo di cadere. Solo la pietà di
qualcun altro può liberarmi da quella presenza dolorosa. Venite, vi
prego, togliete questi chiodi. Liberate questo corpo. Non sono io la
fine della storia».
- «Mi
dicono che a volte la vita mi somiglia: senza luce, senza aria,
silenzio… mi hanno chiuso con una pietra enorme. Nessuno può passare.
Non c’è alcuna speranza di cambiare. Sarà così per sempre. Ma io sono
così. È la mia natura. Ci sto bene. Non ho alcuna voglia di cambiare.
Quello che avviene fuori non mi interessa. Io vedo solo quello che si
consuma: il corpo, la polvere…il resto non è qui. Forse credevi che io
mi impadronissi della vita. No, purtroppo no, la vita qui non è mai
stata trattenuta! Qui c’è il vuoto, l’assenza, la vita è altrove».