Scuole dell'infanzia




L'Associazione "Scuole paritarie della Valmalenco" dal 1 febbraio 2020 gestisce in modo unitario l'attività delle quattro scuole paritarie parrocchiali: a Torre (con micronido), Chiesa, Caspoggio e Lanzada. Membri dell'Associazione sono le sei parrocchie della valle, mentre la sua legale rappresentanza fa capo al parroco pro tempore della Comunità pastorale.

Un nuovo cammino insieme:

  • Per avere oggi una gestione più sostenibile e un servizio più adatto ai bisogni.
  • Per avere anche domani in valle una proposta di scuola paritaria cattolica, espressione delle parrocchie.
  • Per poter continuare una storia di educazione dei bambini e di partecipazione delle comunità.
  • Perché le scuole dell’infanzia siano ancora della gente e per la gente.
  • Perché le scuole dell’infanzia siano di tutta la Valmalenco.


I cinque "perché" dell'Associazione:

  • PERCHÉ la costituzione dell’associazione è il frutto di un cammino di discernimento in seno al consiglio unitario di valle, sulla scorta delle indicazioni elaborate dal Vescovo Coletti dopo la visita pastorale del 2013.
  • PERCHÉ la comunità pastorale ha scelto di continuare la preziosa tradizione delle scuole cattoliche nel mondo di oggi, accettando i cambiamenti che esso esige e mantenendo lo spirito intraprendente e l’attenzione educativa dei fondatori.
  • PERCHÉ le scuole paritarie continuano ad essere parrocchiali e della gente; infatti i soci fondatori dell’associazione sono le sei parrocchie della Valmalenco che si organizzano in associazione per il bene delle persone e delle comunità, senza ricerca di profitto.
  • PERCHÉ i fedeli delle singole parrocchie non perdono le loro scuole, ma ricevono un istituto su più sedi, all’avanguardia, attento alle dinamiche sociali e ai bisogni della valle. Esso consentirà di gestire meglio personale, didattica, fornitori, burocrazia e, col tempo, di ampliare orari, inserire proposte nuove, potenziare i servizi alle famiglie.
  • PERCHÉ un solo istituto con più sedi può essere sostenibile anche in futuro; invece, piccole scuole a gestione separata (considerati i numeri delle nascite, i costi, le difficoltà di gestione) sarebbero inevitabilmente destinate a chiudere una dopo l’altra, in poco tempo.

Il logo dell'Associazione:

  • I BAMBINI AL CENTRO. I bambini e la loro crescita sono al centro in tutte le dimensioni della persona, valorizzando specificità e differenze, dentro le relazioni, nell’apertura all’amicizia con Dio.
  • LA COMUNITÀ CHE ABBRACCIA E SI PRENDE CURA. Una materna mano verde chiaro - a ricordare i prati della valle - circonda i bambini, creando uno spazio accogliente e protetto ma non chiuso.
  • LE QUATTRO STRADE CHE SI ALLARGANO E CHE CONFLUISCONO. Quattro percorsi di scuola dell’infanzia parrocchiale provengono da direzioni diverse per poi ampliare i loro orizzonti fino a formare un quadrato bianco che ne armonizza e coordina i “colori specifici”. È l’associazione, cioè un nuovo spazio e un nuovo cammino su cui continuare la proposta di educazione dei piccoli e di partecipazione delle comunità.

Le quattro scuole paritarie parrocchiali, sono associate alla FISM (Federazione Italiana Scuole Materne). Rappresentano “l’attenzione educativa delle nostre comunità in oltre cento anni di storia, ciascuna con singolare e propria peculiarità, tutte nate e condotte dall’impegno di tante donne e uomini, laici e preti, animati dall’ispirazione cristiana, per aiutare le famiglie nella crescita umana e cristiana dei figli” (FISM provinciale).

  • POGGIANO su un progetto educativo che si ispira al Vangelo, decisivo punto di riferimento nella formazione della persona.
  • INTENDONO la persona come valore in sé in tutte le sue dimensioni (fisica, affettiva-relazionale, sociale, cognitiva, religiosa), armonizzate ed integrate dalla visione cristiana della vita.
  • RISPONDONO a tutti i bisogni di crescita dei bambini.
  • PERSEGUONO l’obiettivo di far raggiungere a tutti i bambini le stesse competenze, rispettando i tempi e le attitudini di ciascuno.
  • PROMUOVONO nei bambini - nel rispetto delle Indicazioni Nazionali - maturazione dell’identità, sviluppo.

Chiesa Valmalenco
Scuola dell’infanzia “Felice Balzarini”
Fondata nel 1931 su iniziativa del parroco don Filippo Angel, vide fino a tempi recenti la presenza preziosa delle Suore di Santa Croce. Nel 1952 divenne un Ente morale. Con la partecipazione di tutta la popolazione, la sede dell’asilo fu ricostruita nuova nel 1976, in via Squadrani. Attualmente è di proprietà della parrocchia di Chiesa ed è associata alla FISM.

Lanzada
Scuola dell’infanzia “Vizzola”
La Scuola materna parrocchiale a Lanzada fu istituita nel 1895 dal parroco don Luigi Parolini. Dal 1913 al 1918 don Gervasio Bradanini fece costruire l’asilo del Centro, ma esisteva un secondo asilo nella frazione di Tornadri, prima, e di Vetto, poi. Dichiarato inagibile l’edificio del Centro alla fine degli anni ’50, ne fu edificato uno nuovo nel 1963, e fu intitolato alla Società elettrica “Vizzola” che ne sostenne le spese di costruzione. Per la diminuzione dei bambini, alla fine degli anni ’70 fu soppresso l’asilo di Vetto e tutti i bambini confluirono nella sede del Centro. La Scuola dell’infanzia di Lanzada è associata alla FISM.

Caspoggio
Scuola dell’infanzia “Don Giovanni Gatti”
Il progetto della Scuola materna di Caspoggio fu iniziato nel 1950 dal parroco don Pio Parolini, che potè contare sulla collaborazione delle Suore Orsoline di Parma (attive in paese fino al 1998). Essendo morto da poco il precedente parroco don Giovanni Gatti, si pensò di intitolare a lui la nuova Scuola. È di proprietà della parrocchia ed è associata ala FISM.

Torre S. Maria
Scuola dell’infanzia “Don Giovanni Mitta”

Fu voluta nel 1925 dall’allora parroco don Giovanni Mitta e da tutta la comunità. Fu inaugurata nel 1929 e fino al 1977 fu animata dalla suore della Santa Croce. Nell’anno 2000 tutto l’edificio fu rinnovato e attualmente ospita anche il Nido. È di proprietà della parrocchia di Torre ed è associata alla FISM.

Cos’è la FISM?
È la Federazione Italiana Scuole Materne, di ispirazione cristiana.
La FISM di Sondrio rappresenta e cura gli aspetti istituzionali di 34 scuole dell'infanzia della provincia di Sondrio, con 89 sezioni e 136 docenti. I bambini iscritti sono circa 1900.

Avvisi

La testimonianza di padre Davide Negrini in corsia con i malati

La testimonianza di padre Davide Negrini in corsia con i malati

Pubblichiamo una intervista a padre Davide Negrini, padre camilliano originario della Valmalenco che vive il suo ministero in ospedale in provincia di Trento. La testimonianza di padre Davide è stata pubblicata sul "Trentino".

TRENTO. Padre Davide Negrini esce dall’ospedale con la mascherina sul volto e ti saluta con un colpetto di gomito, come si usa in questi giorni in cui non ci si può stringere la mano. Valtellinese, 51 anni, è il cappellano del Santa Chiara, l’unico rimasto dopo che don Cornelio Carlin (il più anziano) è stato dispensato dal vescovo perché vista l’età correva troppi rischi e dopo che fra’ Ezio Tavernini (un cappuccino, il terzo religioso del Santa Chiara) è stato contagiato dal virus. Sarà lui quindi – padre Davide, un passato da missionario in Messico – a raggiungere i malati più gravi per impartire l’estrema unzione in corsia, con il via libera dell’Azienda sanitaria e della Provincia, annunciato l’altra sera dal governatore Maurizio Fugatti.

Padre Davide, prima di entrare nei dettagli una precisazione: a lei il termine “estrema unzione” non piace. Perché?

Più semplicemente, l’estrema unzione non esiste. Esiste invece il sacramento dell’unzione degli infermi. L’estrema unzione è un modo di dire vecchio e anche sbagliato, perché fa pensare che si possa dare solamente in fin di vita, ma questo non è vero: è il sacramento dei malati e può essere dato anche più volte nel corso della vita quando c’è un problema di salute, non solo in punto di morte.

Come siete organizzati in ospedale?

Dei tre cappellani, da inizio marzo sono rimasto solo io e quindi sono a disposizione 24 ore su 24. Durante il giorno giro nei reparti “normali” e se mi chiamano vado in reparto anche la notte.

E i reparti Covid?

All’inizio sono stato chiamato anche lì. Ovviamente tutto vestito come un astronauta, con le stesse protezioni che utilizzano i medici. In quei giorni ho impartito l’unzione degli infermi anche a padre Angelico, una delle prime vittime del virus in Trentino. Poi sono stato chiamato sempre meno, per questioni organizzative. Così mi sono dovuto limitare a pregare da lontano, su richiesta dei familiari, poi a pregare nella camera mortuaria (ora non più per motivi di sicurezza) e a celebrare la messa nella cappella, che però è chiusa al pubblico. Finché l’altro giorno mi ha chiamato il dottor Ruscitti della Provincia.

E cosa le ha detto?

Mi ha chiesto se - con le dovute precauzioni - me la sentivo di entrare di nuovo in reparto.

E lei che ha risposto?

Ho detto di sì, come è giusto. Non solo perché è il mio compito di cappellano ospedaliero, ma anche perché quando ho scelto di entrare nell’ordine dei camilliani oltre ai voti di povertà, castità e obbedienza ho accettato una quarta missione, che è quella di stare accanto ai malati, anche in situazioni che comportano pericolo di vita. Sembrava un voto d’altri tempi, di quando c’era la peste o il colera. Parliamo di un voto istituito da San Camillo nel 1500. Tanti religiosi in passato hanno sacrificato la vita nell’assistenza ai malati, ma negli ultimi anni questa cosa sembrava aver perso significato.

Non ha paura?

No, con le dovute precauzioni penso che possa essere più rischioso frequentare un supermercato affollato dove non sei protetto e non sai chi incontri. E poi non mi faccia passare per un eroe: penso che tutti i sacerdoti lo farebbero. Comunque non ci penso: cerco solo di portare conforto ai malati e ai loro famigliari che in questo modo sanno che il loro caro non è solo. La presenza della Chiesa lì dentro, vicino alle persone più gravi, che stanno morendo, penso sia di conforto anche al personale che sta svolgendo una missione difficilissima.

Come è la situazione in quei reparti?

È una cosa surreale. Gli infermieri mi raccontano le paure di questi pazienti: hanno il terrore negli occhi, sono circondati da persone che sembrano astronauti, non vedi nemmeno un centimetro di pelle. Ci sono persone che si raccomandano con il personale: mi saluti mia moglie, le dica che le voglio bene. Perché ormai – soprattutto quelli meno anziani – conoscono la situazione di isolamento a cui vanno incontro. E per il personale lo stress continua anche dopo il turno.

In che senso?

Nel senso che anche quando torni a casa ti porti dietro tutta questa carica emotiva e rischi di crollare. Anche loro hanno bisogno di una parola di conforto, di un incoraggiamento.

E nel resto dell’ospedale che cosa si percepisce?

Si sta un po’ svuotando: anche nelle retrovie è cambiato tutto, non solo in prima linea, c’è un silenzio mai visto, non è più lo stesso ospedale.

Le chiese erano già semivuote. Ora sono chiuse. Che succederà quando riapriranno?

Chiudono le chiese ma non la fede. La chiusura delle chiese era necessaria per tenere a casa le persone, soprattutto gli anziani. In questo momento la fede viene vissuta personalmente, ma quando ripartiremo le chiese penso saranno anche più frequentate: questa esperienza ci ha cambiato e riscopriremo i valori, anche quelli religiosi. Ci ritroveremo più poveri ma acquisteremo valori. Verrà messo in discussione il modo di vivere che avevamo. Almeno me lo auguro.

Andrea Selva

10/04/2020 Categoria: Torna all'elenco