Cara suor Chiara, quest’anno la
pandemia ha imposto di vivere i sacramenti in modo più intimo del
solito: alla prima comunione e alla cresima solo i parenti stretti,
niente grandi feste, niente banda e processione, molta sobrietà. Ci sono
sicuramente aspetti negativi e positivi. Io mi ricordo ancora di quel
giorno proprio per l’atmosfera di allegria e di festa che si era creata
non solo nella famiglia ma in tutta la comunità, la chiesa strapiena,
cose oggi impossibili. Come aiutare i nostri figli a cogliere la
bellezza e a non soffrire per le rinunce che sicuramente questa
situazione comporta? Vi ringrazio e vi accompagno con la preghiera.
Barbara
È necessario che noi adulti crediamo veramente in quanto affermi,
cara Barbara, ma riservo alcuni dubbi. Il triste momento storico che
stiamo vivendo ci ha privato della possibilità di dare pienamente voce,
come eravamo abituati prima della pandemia, alla gioia per il dono dei
sacramenti dell’iniziazione cristiana ai nostri bambini e ai nostri
ragazzi. Vorremmo fare di più, ma accidenti, non ci è possibile! Per
tutti le rinunce sono reali e probabilmente sofferte. Solitamente, in
una festa come si conviene, anche l’esteriorità ha la sua importanza
poiché permette di esprimere la gioia per qualcosa di bello e di grande
che si è ricevuto: rinunciarvi non è cosa di poco conto. Nel nostro
caso, visto il prolungarsi della pandemia, la preparazione della festa e
la cura dell’esteriorità sono caratterizzati della sobrietà: niente
chiesa piena di gente, niente processioni, cori, banda, ecc.
L’attuale situazione restrittiva ci ha spogliato veramente di tanti
orpelli obbligandoci, nolenti o volenti, ad andare effettivamente
all’essenziale anche nella celebrazione dei sacramenti, per riscoprire o
scoprire il motivo, l’unico, della nostra gioia: il tesoro per il quale
vale la pena di rinunciare all’eccessivo; la mandorla che custodisce un
gustoso liquore, ma che non si vede se non dopo aver scavato in
profondità. È necessario perciò reagire alla mentalità consumistica e
superficiale che ha sempre caratterizzato le celebrazioni dei sacramenti
dei nostri ragazzi, impedendoci di cogliere appieno il valore fondante
di tali eventi!
Allora, le limitazioni sociali che stiamo tutti un poco subendo,
possono rivelarsi una grazia, un tempo favorevole, un’opportunità da
cogliere “al volo”, per recuperare valori troppo spesso mascherati sotto
parvenze puramente esteriori, ma privi di qualsiasi fondamento. La sola
cura dell’esteriorità, ad esempio, “ubriaca” il cuore, fino a renderlo
incapace di vedere e di godere di ciò che “è invisibile agli occhi” e
che permane anche quando i riflettori si spengono e il sipario si
chiude.
Stiamo attraversando un tempo di purificazione che ci può aiutare a
comprendere meglio cosa significhi “fare la prima comunione” o ricevere
la Cresima, togliendo quelle “incrostazioni” che, spesso li hanno resi
quasi irriconoscibili nella loro vera identità.
L’occasione attuale è da sfruttare al massimo non solo a livello
familiare, ma anche ecclesiale; essa, infatti, ci obbliga a pensare e
riflettere sulla validità dei nostri itinerari catechistici, per
scoprire cosa va abbandonato da ciò che va vitalizzato. Il passaggio è
impegnativo e chiede a tutti i credenti la totale disponibilità a
compiere un cammino di autenticità.
Non sono esperta in pastorale giovanile e nemmeno familiare, ma credo
che i nostri ragazzi siano sensibilissimi a tutto ciò che ha il sapore e
il colore dell’autenticità. Guidati dai genitori, sacerdoti e
catechisti, potranno scoprire e sperimentare la profondità e la
grandezza dei sacramenti ricevuti così da gustare una gioia profonda,
intima e duratura, che non ha nulla da invidiare o da rimpiangere.
Auguriamocelo di tutto cuore!