Il vangelo di questa domenica narra un incontro breve e dalle tinte emotive intense. Un lebbroso viene da Gesù e si mette in ginocchio. È la forza della disperazione a spingerlo a violare il precetto di stare lontano ed escluso non solo dalle persone, tenendole a distanza, ma anche dai centri abitati.
Esprime una preghiera fragile, “Se vuoi, puoi purificarmi”, che sa e riconosce che Gesù ha la possibilità non solo di guarirlo, ma anche di ripristinare la sua condizione di purità e quindi di reintegrarlo nella comunità, ma ha dei dubbi sulla sua volontà di farlo. Nella preghiera di quel lebbroso c’è la preghiera carica di speranza e di paura, di fede e di dubbio di tanti sofferenti e tanti affaticati e oppressi dalla attuale crisi sanitaria, sociale ed economica.
La reazione di Gesù è altrettanto carica di pathos: viene “preso alle viscere”, come ci racconta il termine nascosto sotto la traduzione inadeguata della commozione; in realtà il vocabolo è quello che indica l’amore che solo Dio è in grado di esprimere, che nell’Antico Testamento, attraverso l’assonanza con l’utero, è accostato all’attaccamento e all’empatia di una madre nei confronti del figlio più fragile e sofferente.
Tutto questo emerge nella carezza di Gesù, gratuita e imprudente secondo le regole della purità, e nell’irruente: “Lo voglio, sii purificato!”. L’intensità di questo brano non può non ricordare l’episodio della vita di Francesco d’Assisi del bacio al lebbroso, dove il giovane mercante annulla ogni distanza e si fa ultimo tra gli ultimi.
Il brano si conclude con la decisa, quasi violenta, ammonizione di Gesù. Non sarà seguita. Tanto che, con un marcato gusto per il paradosso, sarà Gesù ad essere costretto a star lontano ed escluso dai centri abitati come un lebbroso.
Il vangelo in poche parole