Pastorale Giovanile

Per i preadolescenti e i giovani della nostra Valle, è coinvolta, oltre ai preti e alle suore, una bella equipe di giovani e adulti delle diverse parrocchie, che progettano e propongono gli incontri e le esperienze per i ragazzi e le ragazze delle diverse età:

  • i preadolescenti: coloro che hanno terminato la mistagogia, e iniziano a vivere l’età dei cambiamenti (13-14enni)
  • gli adolescenti: quelli che frequentano le superiori e sono invitati a collaborare come animatori negli oratori
  • i giovani: i maggiorenni che, affacciandosi all’età adulta, guardano alla loro vita con più responsabilità.

Alcuni appuntamenti sono proposti a livello diocesano, altri a livello vicariale, altri a livello di Valle.

Gli scopi degli incontri in Valle sono

  • offrire molteplici spunti di aggregazione, divertimento, scoperta, riflessione, ascolto e crescita
  • confrontarsi con la proposta cristiana con più consapevolezza
  • conoscersi meglio, evidenziando le proprie idee, i desideri, i valori, e anche la resistenze, i dubbi, le fatiche
  • sentirsi protagonisti delle proprie scelte e capaci di mettersi a servizio nella comunità.

Cf. Diocesi di Como, CHE COSA CERCATE? Progetto diocesano di pastorale giovanile
Cf. Diocesi di Como, Progetto di iniziazione cristiana dei bambini e dei ragazzi, cap. 11: La proposta educativa dopo la mistagogia.
Cf. sito diocesano di pastorale giovanile: www.pgcomo.org

Avvisi

LA PAROLA È LA MIA CASA - «Non c’è giudeo, né greco; non c’è schiavo o libero; non c’è più uomo o donna, poiché siete uno in Cristo Gesù»

LA PAROLA È LA MIA CASA - «Non c’è giudeo, né greco; non c’è schiavo o libero; non c’è più uomo o donna, poiché siete uno in Cristo Gesù»

Aprendo il collegamento è possibile scaricare il testo distribuito nelle chiese insieme agli avvisi parrocchiali.

Quarta Domenica di Pasqua C - Del Giorgio don Andrea.pdf

 

Tutte le letture di oggi hanno come tema il nuovo popolo di Dio. Dopo gli episodi del post-risurrezione, che già ci proiettavano nell’esperienza della presenza del Risorto nel tempo della Chiesa, la Parola di Dio ci dice che non si è cristiani da soli ma dentro l’appartenenza ad una comunità fatta di uomini e donne di tutto il mondo. E ogni lettura aggiunge qualcosa per delineare meglio la Chiesa. Gli atti degli apostoli ci narrano il momento in cui, ad Antiochia in Pisìdia Paolo e Barnaba prendono la decisione, spinti dall’invidia e dall’opposizione dei capi religiosi giudei per il loro successo presso i loro connazionali, di non limitare l’annuncio al popolo ebraico ma di aprire ai pagani, cioè a tutti i popoli. Ciò è particolarmente attuale oggi, dove il patriarca ortodosso di Mosca lega strettamente la Chiesa di cui è pastore agli interessi della nazione in cui si trova e al cosiddetto “mondo russo” o Rus’ (Russia, Ucraina, Bielorussia), attribuendo in esclusiva tale ambito nazionale e culturale specifico un compito storico nel preservare i valori tradizionali (evidentemente anche con la guerra) contro l’Occidente corrotto. Assumendo lo schema dello “scontro di civiltà”, adottato negli ultimi decenni da molti movimenti politico-religiosi appartenenti all’Islam fondamentalista. È urgente allora riaffermare, e ancor più testimoniare, l’universalità del cristianesimo e della Chiesa che, in ogni sua forma (anche nell’Ortodossia), è caratterizzata dalla cattolicità, che significa “di tutto il mondo”. Ciò che ci tiene assieme supera ogni confine, ogni differenza e ogni interesse: «Non c’è giudeo, né greco; non c’è schiavo o libero; non c’è più uomo o donna, poiché siete uno in Cristo Gesù» (Gal 3,28). Il libro dell’Apocalisse ci rivela che nella storia cammina una moltitudine immensa «di ogni nazione, tribù, popolo e lingua». Sono i martiri che hanno testimoniato e combattuto senza armi per Cristo e per la
sua pace, i perseguitati e gli scartati per ogni tipo di ragion di stato e interesse dettati dal potere, coloro che hanno pagato di persona perché il Regno di Dio maturasse. E che, nonostante ciò che sembra, hanno vinto sui violenti, sui cinici, sui potenti. Infine il vangelo secondo Giovanni, attraverso l’immagine del vero pastore e delle pecore, torna sul fondamento di questo Popolo di Dio: la Chiesa esiste perché convocata, riunita e accudita da Gesù. L’immagine non ha al centro le pecore come modello del cristiano, ma l’azione “pastorale” di Gesù che dà origine alla comunità. A tal proposito le attività parrocchiali, identificate appunto dal termine “pastorale”, non dovrebbero essere altro che il mezzo o il canale attraverso cui Gesù convoca, tiene assieme e si prende cura del popolo di Dio, non limitato da confini o differenze di nazione, di cultura, di lingua.

07/05/2022 Categoria: Torna all'elenco