Con il brano di Vangelo di oggi ci spostiamo al capitolo 12 di Giovanni.
Siamo ormai nell’imminenza della
passione, che inizia al capitolo 13 con l’ultima cena di Gesù con i suoi
discepoli. Al capitolo 12, invece, troviamo prima l’unzione di Betania
(vv 1-11) e poi l’ingresso trionfale di Gesù in Gerusalemme (vv 12-19).
Quest’ultimo brano termina con una sconsolata e indispettita riflessione
dei farisei, che sembrano rassegnati al “successo” di Gesù: “I farisei
allora dissero tra loro: «Vedete che non ottenete nulla? Ecco: il mondo è
andato dietro a lui!»” (Gv 12,19).
Anche il Vangelo di oggi parla di
questa capacità di Gesù di attrarre la gente: il contesto è quello della
festa di Pasqua, in cui, fra i tanti saliti a Gerusalemme, ci sono
anche dei Greci che desiderano vedere Gesù.
La storia è alquanto particolare: i
Greci ne parlano con Filippo, Filippo ne parla con Andrea, poi Filippo e
Andrea ne riferiscono a Gesù (Gv 12,21-22). E infine tutti questi
personaggi scompaiono, e non si sa come sia finita la storia, se i Greci
abbiano o meno incontrato Gesù. La risposta però c’è ed è proprio il
brano che abbiamo ascoltato e soprattutto verso la sua conclusione al v.
32 (“attirerò tutti a me”). Alla domanda di poterlo vedere, Gesù
risponde dicendo che tutti lo vedranno quando sarà innalzato da terra e
attirerà tutti a sé. Gesù svela la logica profonda che ha animato tutta
la sua esistenza e che si concluderà nell’ora della sua passione, che è
ormai giunta (cfr. 2,4; 7,30). Lo fa raccontando una brevissima
parabola, quella del chicco di grano: “Se il chicco di grano, caduto in
terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto”
(Gv 12, 24).
In queste poche righe è nascosta una
novità che ci sorprende, quella per cui Gesù afferma che sono due le
logiche con cui è possibile vivere la vita: una è la logica della
solitudine, l’altra è quella della comunione. All’interno di questa
prospettiva Gesù legge la sua passione e risurrezione
Una vita tenuta stretta, una vita
chiusa in se stessa e concentrata su di sè, è una vita che rimane sola,
che conosce solo gli spazi angusti del proprio io. Ed è destinata a
finire. Una vita persa per gli altri, una vita che ama e che si dona, è
una vita che entra in una logica di relazione, ed è una vita che si
compie.
Gesù sa bene che scegliere la logica
della comunione ha un prezzo, e questo prezzo è la Sua morte, il
consegnarsi tra le mani di chi potrà fare di Lui quello che vorrà; e di
fronte a questa prospettiva è profondamente turbato (Gv 12,27).
Ma sa anche di essere in mani più
grandi e più forti, nelle mani del Padre, mani fedeli alla vera gloria,
alla vera vita: di fronte alla scelta di Gesù di andare fin in fondo
sulla via della comunione, il Padre infatti conferma la sua scelta di
non abbandonare il proprio Figlio amato, e fa udire la sua voce (Gv
12,28). Ha glorificato il proprio nome, e continuerà a farlo.
Cosa significa? Qual è questo nome? Il
nome di Dio è “Padre”: Gesù, nel Vangelo di Giovanni, l’ha ripetuto
un’infinità di volte. Ebbene, Dio continuerà ad essere Padre, ad essere
Colui che dà la vita. Non lascerà il Figlio solo, perché con il Figlio
condivide la stessa logica di comunione e di amore, per cui la loro
relazione non può morire.
L’ora della passione, a questo punto,
diviene l’ora della gloria (Gv12,23), l’ora della rivelazione piena
della verità, cioè dell’amore di Dio: un amore così grande e forte da
poter trasformare la morte in vita, la fine in un nuovo inizio. Gesù
sarà “innalzato” (Gv 12, 32): un’unica parola per dire sia la croce che
la gloria, perché croce e gloria sono da ora in poi inseparabili.
E da questo innalzamento nascerà un
popolo nuovo, a cui tutti possono aderire: “E io, quando sarò innalzato
da terra, attirerò tutti a me” (Gv 12,32).
Tutti coloro che ascoltano nell’intimo
del proprio cuore la profonda attrazione che un amore così sa suscitare,
al di là di ogni apparente sconfitta e fallimento, entrano in una nuova
logica di vita, e seguono il Signore, là dove Lui è (Gv 12,26).
Domenica scorsa siamo stati invitati ad
alzare lo sguardo al serpente innalzato nel deserto (Gv 3,14), per
ottenere guarigione e vita. Oggi ci viene chiesto di innalzare Lo
sguardo ancora una volta su Gesù innalzato sulla croce, la nostra
salvezza.
Se lo sguardo rimane fisso su di Lui,
in questo bisogno continuo di salvezza, sperimenteremo la sua forza di
at–trazione, che ci salva dalle tante dis-trazioni della vita e ci
unifica nell’unico profondo desiderio di comunione e di amore, con Lui e
fra di noi.