Buon giorno suor Chiara,secondo
lei se un amico “sbaglia” e perde la strada che a noi – anche in senso
cristiano, etico, di buon senso – sembra buona, se ci sembra che abbai
smarrito i punti di riferimento fondamentali e i valori in cui ha sempre
creduto è giusto farglielo notare anche a prezzo di perdere la sua
amicizia? Che cosa si può fare? È meglio fare finta di niente?
Lidia
L’amicizia è un dono prezioso, cara Lidia, un tesoro prezioso, un
balsamo che profuma la vita, moltiplica la gioia o lenisce le ferite.
“Chi trova un amico trova un tesoro”, cita il Siracide. Un amico
buono incoraggia al bene, condivide le gioie e le tristezze della vita.
Senza amicizia la vita si impoverisce lentamente.
L’amico vero non può rimanere indifferente quando vede la persona che
gli è cara venire meno ai propri ideali e abbracciarne altri che,
invece, conducono in vicoli ciechi: proprio in nome dell’amicizia, egli è
chiamato a richiamare al bene e a dire la verità a colui che sta
commettendo gravi errori, anche a costo di perdere “la faccia” o la
stessa amicizia.
Di fatto, ciò è molto difficile; tant’è vero che, spesso, si
preferisce “far finta di niente”, conservando un apparente quieto
vivere, tentando di far tacere la propria coscienza ricorrendo alla
biblica espressione: “Sono forse io il custode di mio fratello?”
La correzione fraterna, tuttavia, è necessaria, sacrosanta, anche se
ardua e delicata; per praticarla sono indispensabili alcune virtù quali
il rispetto e l’amore gratuito che fa sentire l’altro libero, amato e
rispettato qualunque sia la sua decisione e il suo orientamento
esistenziale.
Spesso, nei confronti di coloro che sbagliano, – o che a noi sembra
che sbaglino – si agisce in preda alla fretta o all’impulso emotivo,
mentre sarebbe necessario prendersi del tempo di riflessione personale,
di preghiera, di discernimento, valutando se ciò che si percepisce è
realmente uno sbaglio oggettivo, oppure, no. A volte, infatti, ciò che
ai nostri occhi sembra un errore esistenziale, in realtà è semplicemente
una questione di sensibilità, di pareri, di visioni e prospettive
diverse. Altre volte, invece, la persona a noi tanto cara sta veramente
impostando la sua vita in maniera sbagliata, le cui conseguenze
potrebbero essere irreparabili e dolorose. In questo ultimo caso è
indispensabile richiamare l’amico, cercando di dire, con delicatezza,
rispetto e carità, la verità, mettendolo in guardia dalla pericolosità
della sua scelta.
È, tuttavia, fondamentale che l’altro percepisca, anche emotivamente,
il bene che muove il cuore dell’amico che lo sta richiamando; la
verità, infatti, deve sempre essere sempre unita alla carità. In un
contesto di empatia e di bene, infatti, l’altro sarà facilitato
nell’accogliere la correzione e a ravvedersi.
Se al contrario egli si dimostra convinto delle scelte fatte e
desidera perseguirle con tutto sé stesso anche a costo di rinnegare i
punti di riferimento nei quali ha sempre creduto, occorre tanto rispetto
e libertà. Pur dissociandoci dalle sue decisioni, possiamo continuare a
custodirlo nel cuore e a portalo nella preghiera, “ritirandoci” in
silenzioso rispetto.
Ciò non è facile, ma estremamente necessario.
Dio stesso agisce così nei nostri confronti, e…. se lo fa Lui, perché noi non lo dovremmo fare con in nostri amici più cari?