Ci sono studi importanti sul valore simbolico degli oggetti. Ma prima ancora, in ossequio al proverbio primum vivere deinde philosophari, c’è l’esperienza di
ciascuno. Chi non possiede un oggetto che ha valore economico quasi
nullo, ma che reputa di valore inestimabile per ciò che esso evoca,
esprime, ricorda? Ecco, ciò che voglio raccontare ha inizio nell’estate 1994, a Ortisei, in Val Gardena.
È l’anno dei mondiali di calcio USA ’94, delle emozioni delle giocate
di Roberto Baggio, del bergamasco Beppe Signori, della sconfitta ai
rigori in finale con il Brasile. Ricordo quell’estate perché in montagna
con la mia famiglia c’erano anche i nonni e gli zii.
Con lo zio Giorgio, fratello gemello di mia mamma e medico come lei
(e come papà) vedevo tutte le partite e partivo la mattina, insieme con
la zia Anna (lei non è medico, è farmacista..) per le camminate in
quelle vallate splendide dell’Alto Adige. Avevo terminato la quarta
elementare.
La borraccia come premio per la promozione
Una mattina, guardando le vetrine del negozio di abbigliamento e di
attrezzature da montagna che mi piaceva, vidi quella che chiamai “la borraccia col cappottino blu”.
Una semplice borraccia in metallo, nulla di che, ma con una forma che
mi piaceva e con quel rivestimento in lana, chiuso da cerniera, che
permetteva di mantenere fresco il contenuto. La guardai per diversi
giorni e, piacendomi, chiesi di poterla avere in regalo. I miei genitori
risposero: “L’anno prossimo hai gli esami di quinta elementare,
Alberto. Se ti impegni, la compreremo”.
Anno 1995, estate, a Ortisei. Arrivato per le vacanze, dopo il primo
rito della mia personale tradizione (che tuttora mantengo quando passo
da quelle parti all’ombra del Sassolungo), che prevede una bella fetta
di “sachertorte” con panna al barettino in centro, raggiungo il negozio
dove spero di trovare ciò che aspetto da tempo.
Lo sguardo curioso di un bambino del Cre dell’oratorio
In bella mostra, in vetrina, ecco la borraccia con il cappottino blu.
Stavolta non mi sfugge: entro con mamma e papà e mi compro il regalo
per la promozione all’esame di quinta elementare. Anno 2021, gita del
CRE in montagna.
Un bambino vede la mia borraccia: “Cos’è don? È la tua borraccia?
Bella, ma quanti anni ha?”. “Ha 26 anni”, rispondo sorridendo, “ed è il
mio regalo per la promozione all’esame di quinta elementare!”. Il
bambino mi guarda stranito. Faccio mente locale e, intuendo di essere
ancora dell’antico testamento, scolasticamente parlando, spiego cosa
fosse l’esame di quinta elementare.
Tenendo la borraccia in mano, poco dopo, mi domando quanto valga per
me. Tanto, tantissimo. Perché quando guardo quella borraccia “con il
cappottino blu”, che mi accompagna dal 1995, rivedo la mia vita, gli
anni da bambino, i nonni oggi in Paradiso, il cammino di Seminario, che
quando prevedeva uscite in montagna era accompagnato dalla fedele
borraccia.. e questi anni da prete. Mi fa bene guardarla e spero tanto,
tra molti anni, se Dio lo vorrà, di rileggere con riconoscenza ciò che è
stato, togliendo dallo zaino, per dissetarmi, quella vecchia borraccia
col cappottino blu.