LA PAROLA È LA MIA CASA - Il mistero di presenza-assenza di Gesù dopo l’ascensione: l’amore di Dio per la libertà dell’uomo
Aprendo il collegamento è possibile scaricare il testo distribuito nelle chiese insieme agli avvisi parrocchiali.
Il racconto dell’ascensione al cielo di Gesù risorto ci viene
proposta nelle due versioni scritte dall’evangelista Luca,
che le pone alla conclusione del primo volume della sua
opera, il vangelo, e all’inizio del secondo volume, gli atti
degli apostoli. Come ci suggerisce Luca, questo evento,
insieme alla risurrezione e alla pentecoste, segna una
nuova era, il cosiddetto tempo della Chiesa. Questo tempo
è quello che stiamo ancora vivendo come cristiani del
2022: un tempo in cui sperimentiamo
contemporaneamente la presenza di Gesù secondo alcune
modalità (la Parola, i Sacramenti, la comunità e i poveri) e
la sua assenza. Non è disponibile per noi l’esperienza,
vissuta dai discepoli prima dell’ascensione, di una sua
presenza fisica tangibile ed evidente a tutti. Ciò ci fa
riflettere … innanzitutto sulla difficoltà del credere: molti
grandi santi, quasi tutti in realtà, hanno avuto crisi di fede.
La presenza di Dio non è evidente come il sole a
mezzogiorno in un cielo senza nuvole. Come, per esempio,
nella teologia dell’Islam. Ma, ci suggerisce il mistero
dell’ascensione al cielo di Gesù, la relazione con Lui vivo
è insieme presenza e assenza, una relazione con il credente
estremamente complessa e mediata dalla comunità, dal
testo sacro, dalla liturgia della Chiesa, da rapporti e da
strutture umane. Ed è anche desiderio, attesa e
inquietudine: la presenza di Gesù c’è già, ma non ancora in
maniera compiuta. Molte volte desidereremmo più
evidenza che non lascia spazio ai dubbi, più certezze
granitiche, più sicurezze che non possano metterci in
discussione. Invece viviamo spesso la fatica e
l’inquietudine di questo Dio “nascosto”, di questa presenza
più intuita che solidamente provata, che lascia spazio al
dubbio e alla libertà, che lascia il diritto di esistere anche
al non credente. Sia quello che incontriamo fuori di noi,
che quello che esiste dentro di noi. Diceva il card. Carlo
Maria Martini, “Io ritengo che ciascuno di noi abbia in sé
un non credente e un credente, che si parlano dentro, si
interrogano a vicenda, si rimandano continuamente
interrogazioni pungenti e inquietanti l’uno all’altro. Il non
credente che è in me inquieta il credente che è in me e
viceversa”.