Cosa dice a te,
monaca e donna, un Dio così intenerito da lasciarsi prendere in braccio,
accarezzare, nutrire… come un bambino qualsiasi? Lucia
Cara Lucia l’Incarnazione di Gesù rimane la via scelta da Dio per
dirci il valore che abbiamo ai suoi occhi e rivelarci così la nostra
grandezza. Dal presepio alla croce, l’Altissimo sposa la nostra fragile
umanità e la raggiunge così nella sua profondità.
“Il Signore del cielo avvolto in moveri pannicelli”
Il nuovo giorno si leva in un presepio con un Dio che si fa bambino
per poterci incontrare, per rimanere con noi, per amarci e imparare a
lasciarci amare da Lui. Il “Re degli angeli, il Signore del cielo e
della terra è avvolto in poveri pannicelli”, ci dice santa Chiara,
invitandoci a contemplare questo prodigio della misericordia di Dio per
la nostra salvezza.
Guardiamo questo Bambino per lasciarci riempire di stupore e
meraviglia perché Colui che è santo ha voluto scendere per rimanere con
noi, percorrendo tutto il cammino di ogni uomo, dalla nascita sino al
suo compimento, con la morte.
Nella sua umiltà Dio si fa Bambino, accetta di nascere nella
debolezza, come un qualsiasi neonato e nelle condizioni di bisogno, come
i poveri. “Chi, dico, avrebbe potuto pensare che colui che porta il
mondo sarebbe portato dalle braccia di una donna? Colui che è il pane
degli angeli sarebbe stato nutrito? Che la potenza dei cieli sarebbe
divenuta debole?”
Guardiamo l’umiltà di Dio che si fa piccolo e non disdegna nulla di
ciò che è umano, perché ci ha fatti lui, si è unito a noi, fatto come
noi, affinché lo possiamo accogliere e incontrare. Quando vediamo un Dio
che si fa piccolezza e vulnerabilità, non possiamo fare a meno che
aprirgli il nostro cuore, abbracciarlo e tenerlo stretto e chiedergli di
cambiare il nostro cuore riempiendolo della sua tenerezza, di
riscaldarlo con la sua tenerezza.
Lo scandalo della tenerezza
Un bambino tutti lo possono accogliere e tenere nelle braccia, buoni e
cattivi, malati e sani; a tutti lui si vuole donare. La semplicità del
bambino ci dice la nostra chiamata alla semplicità e all’essenzialità, a
dare valore a ciò che conta, a non disperderci in illusioni e in
esteriorità. Ci stupiamo di questa sua modalità di entrare nel mondo.
Forse ci saremmo aspettati un Dio potente che si impone con la sua forza
e il suo splendore, che si afferma con la sua verità dividendo il mondo
in buoni e cattivi. Il nostro Dio entra “svuotandosi” facendosi
bambino, prendendo l’ultimo posto, mettendosi nelle braccia di tutti. Il
cristianesimo continua ad essere questo scandalo, lo “scandalo della
tenerezza” di Dio fatto infante!
Lo “scandalo” di Dio che si nasconde nelle sembianze dei piccoli e
dei poveri di ieri e di oggi. Forse non riusciamo a credere a un Dio
così, un Dio che è un uomo debole e così piccolo come un neonato, un Dio
che ha preso un volto, il volto di Gesù, il corpo di Gesù, nascendo da
una giovane donna, vergine, in un paese sconosciuto, capovolgendo le
attese del mondo religioso di quel tempo.
Una nascita come tante e tra tante, ma è la nascita di un uomo che
solo Dio ci poteva dare, un uomo che era la forma stessa di Dio, un uomo
che era la Parola di Dio fatta carne. Da quel momento Dio non solo è
presente in mezzo a noi, ma è uno di noi, umanità della nostra umanità,
fratello di ogni umano che è nel mondo.
L’umanità è in Dio e Dio è nell’umanità
Ecco il grande mistero che celebriamo a Natale: l’Altissimo si è
fatto bassissimo, l’Eterno si è fatto mortale, l’Onnipotente si è fatto
debole, il Santo si è fatto solidale con i peccatori, l’Invisibile si è
fatto visibile. In breve, Dio, cioè il non uomo, si è fatto umanità in
Gesù, il figlio di Maria. Con il Natale l’umanità è in Dio e Dio è
nell’umanità, e non è più possibile dire e pensare Dio senza dire e
pensare l’uomo. Proprio quel bambino dalla nascita fino alla
morte racconterà Dio con la sua vita, le sue parole, il suo
comportamento, con gli sguardi e le carezze, con le mani che abbracciano
e curano, con il suo corpo offerto, dato, consegnato in mano ai
violenti e ai malfattori:
“Comincia così il tuo cammino tra noi,
la tua ostinata decisione di essere Dio, non di sembrarlo.
Costruirai la tua vita di ogni giorno
raccogliendo con cura meticolosa, con tenero amore,
tutto quello che noi scartiamo:
gli stracci della nostra povertà,
le piaghe del nostro dolore, i pesi che non sappiamo portare;
le infamie che non vogliamo riconoscere.
Grazie, Signore, di questa ostinazione,
per questo tuo sparire, questo ritirarti
che chiude un libero spazio per la mia libera decisione di amarti.
Dio che ti nascondi,
Dio che non sembri Dio, io ti amo.
Non so come dirtelo
…ho paura di dirtelo.
In questa possibilità di amarti,
che la tua povertà mi schiude
divento veramente uomo.
Amo gli stracci, le piaghe, i pesi di ogni fratello.
Piango le infamie di tutto il mondo.
Scopro di essere uomo, non di sembrarlo.
Il tuo Natale è il mio Natale
don Luigi Serenthà