Iniziazione cristiana

La catechesi è il cammino di fede che ogni battezzato vive, all’interno della comunità e seguendo la sapiente “regia” dell’anno liturgico. La catechesi vive su tre pilastri:

  • l’ascolto della Parola di Dio,
  • la preghiera e la celebrazione dei sacramenti,
  • la carità/l’impegno concreto di servizio e testimonianza.

I primi destinatari della catechesi sono gli adulti, chiamati ad essere poi guide nella fede dei propri figli. Ecco perché, come ci dicono i nostri vescovi, i primi “catechisti” sono proprio i genitori.

La nostra comunità pastorale prevede durante l’anno diversi momenti formativi per i genitori, che servano prima di tutto per la crescita della fede personale, e poi anche in vista dell’educazione dei figli.

In diocesi di Como un apposito sussidio regola le diverse tappe dell’itinerario: Progetto di iniziazione cristiana dei bambini e dei ragazzi, disponibile anche sul sito della diocesi.

Attualmente gli incontri di catechesi avvengono così:

  • Biennio del Primo annuncio: incontri quindicinali nelle quattro sedi (Torre, Caspoggio, Chiesa, Lanzada) al lunedì pomeriggio
  • Discepolato (incontri settimanali al lunedì pomeriggio)

Per ora non è ancora attivo l’anno della mistagogia

Avvisi

@ Diario di un prete: L'omelia

@ Diario di un prete: L'omelia

Mi raccontava il parroco di Belsito che suo padre, dopo aver ascoltato le sue prime omelie, gli dis-se molto direttamente: «Senti. Se le tue prediche non le capisco io, puoi tralasciare di farle».

Da quel momento, il farsi capire nella predicazione da persone semplici (ma tutt’altro che stupide) come suo padre e sua madre, è sempre stata la sua prima preoccupazione, insieme, naturalmente, manco a dirlo, con quella di offrire loro dei contenuti non banali.

LA FATICACCIA DELLA PREPARAZIONE

Curava – mi dice – il contenuto delle prediche prima di tutto con quello che aveva studiato in seminario e poi con le sue letture seguenti, abbastanza costanti pur nello stress del ministero e in fine con la meditazione personale, perché la Parola convertisse prima lui e poi gli ascoltatori.

Particolarmente interessante il modo in cui, con due suoi compagni, curò fin dal seminario la semplicità del linguaggio. Preparavano per esercizio delle omelie e poi a turno ognuno leggeva il suo testo agli altri, i quali, ad ogni luogo comune, o ad ogni frase espressa troppo in teologhese, intervenivano e chiedevano: «Cioé? Che cosa vuoi dire in concreto?». L’apprendista predicatore doveva sciogliere il luogo comune in termini più vivi e doveva spiegare in parole semplici le frasi troppo teologiche. A volte non bastava un “cioè”, ma arrivavano a chiederselo anche fino a tre volte. Dopodiché nel testo finale entrava solo la fase che aveva superato il terzo “cioè”.

Personalmente poi, in confessionale, dovendo parlare in bergamasco, scoprì che, il dialetto non gli offriva parole adatte per tradurre concetti teologicamente pregnanti. Fu così che, nel preparare le omelie, dovendo utilizzare parole difficilmente comprensibili dai suoi genitori, pensava per un momento a come avrebbe potuto spiegare loro quel concetto in dialetto, poi metteva per scritto la traduzione letterale italiana della frase in dialetto. Fu un lavoro – racconta sorridendo il parroco di Belsito – che lo impegnò per diversi anni finché tutto non gli venne spontaneo.

ENORMI DIFFICOLTÀ

Il tutto però gli fece scoprire che l’omelia è il genere di predicazione più difficile ed impegnativo.

Ci si rivolge innanzi tutto a un pubblico eterogeneo al massimo: bambini, anziani; adolescenti in crisi, studenti e lavoratori; operai e impiegati; liberi professionisti, commercianti, artigiani e disoccupati, singles e mamme di famiglia, coniugi felicemente sposati, altri in crisi, separati, divorziati, santi e peccatori, e poi i sani e i malati. E ognuno avrebbe bisogno di una parola proprio per lui.

Ma poi ci sono altri problemi. L’omelia è parte integrante della liturgia della Parola. Non è una conferenza, non è una lezione, men che meno un discorso tipo comizio. Il predicatore è lì a fare da mediatore tra il cuore del Signore, che parla nelle letture proclamate in quel giorno, in quella celebrazione, e il cuore del suo popolo che ascolta in silenzio con tutti i suoi bisogni e le sue attese.

Perciò al predicatore servirebbe tempo. Invece non può tenerla tanto lunga per rispettare il ritmo della celebrazione e soprattutto perché non sembri che l’omelia è la parte principale della celebrazione stessa. La parte principale è la presenza di Gesù che si dona nella consacrazione e nella comunione. Ed è proprio per disporre i fedeli a questo incontro che egli fa l’omelia.

COME UNA MADRE CHE CONVERSA CON I FIGLI

Nei giorni scorsi ci siam trovati, il parroco di Belsito e io. Era scoraggiato. Le critiche che gli vengono da versanti opposti e per opposte ragioni lo fan sentire, a suo dire, sempre meno all’altezza del suo compito. Per me è solo vittima di opposte insoddisfazioni non componibili.

L’ho confortato con l’Evangelii Gaudium (la gioia del Vangelo) di Papa Francesco che ai nn. 135-159 tratta proprio dell’omelia. Molto di ciò che dice il Papa egli lo sta già facendo. Vi troverà poi alcune bellissime proposte, che lo invoglieranno a migliorare sempre, come quella in cui paragona l’omelia alla conversazione di una madre con i suoi figli (139-141). Con ciò il Papa non dice che nell’omelia si deve essere sdolcinati come certe mamme al caramello. La buona mamma sa ovviamente consolare, incoraggiare, coccolare, ma sa anche consigliare, correggere, indirizzare e, se occorre, anche rimproverare. Noi predicatori – dice il Papa – dobbiamo parlare con cuore materno, non scoraggiandoci se per ragioni diverse ci capita di annoiare perché chi ci ascolta è chiamato a porsi con cuore di figlio davanti alla santa Madre Chiesa, sapendo che un’omelia “sarà sempre feconda, come i noiosi consigli di una madre danno frutto col tempo nel cuore dei figli” (n. 140).

IL TUO PARERE

Racconta le prediche pizzose. Spiega anche perché sono pizzose. Racconta qualcosa delle prediche che lasciano qualcosa. E racconta anche che cosa lasciano.

don Giacomo Panfilo


Da www.santalessandro.org

02/03/2019 Categoria: Torna all'elenco