Nel Vangelo di Marco, il racconto del Battesimo di Gesù presenta notevoli differenze rispetto agli altri sinottici.
In Matteo e Luca, innanzitutto, il
Battesimo è preceduto di racconti della nascita di Gesù, che presentano
in sintesi la figura di questo personaggio che sta per entrare in scena.
In Marco questo non avviene, e Gesù entra in scena direttamente qui, con il Battesimo.
Entra in scena, e nessuno sembra
accorgersi della sua presenza: è talmente uno come tutti gli altri, uno
di quei “tutti” (Mc 1,5) che accorrono dal Battista per ricevere il
battesimo, che nessuno lo nota.
Neppure Giovanni, che pure lo sta attendendo e sta parlando di Lui.
Manca quindi quel dialogo che i
sinottici sottolineano, quello in cui il Battista dice le sue
perplessità nell’accogliere Gesù nel suo rito battesimale.
Come negli altri sinottici, al
Battesimo corrisponde un’epifania, una manifestazione solenne di Dio: il
Padre vede il Figlio immerso completamente nell’esperienza umana, e
dice tutta la sua compiacenza. Ma anche qui, a differenza dei sinottici,
l’unico ad accorgersi di questo evento è Gesù stesso: Lui solo vede i
cieli aperti e sente la voce del Padre (Mc 1,10).
Ma c’è un’altra differenza.
Mentre in Matteo e in Luca i cieli si
aprono, in Marco c’è uno squarcio. E squarcio dice tutta la forza di uno
strappo, di un’apertura che non si può più ricomporre. Questa
espressione (skizo) ritorna in Marco una sola seconda volta, in un
passaggio importante: alla morte di Gesù, il velo del tempio si
“squarcia” (Mc 15,38) in due, da cima a fondo.
Cosa può voler dire questo
collegamento? Il velo, nel tempio delimitava l’accesso all’area sacra,
nella quale nessuno poteva entrare, era il Luogo della presenza di Dio.
Il cielo, il velo, sono insomma entrambi confini che delimitano la terra
e il cielo, Dio e l’uomo, il sacro e il profano: li delimitano, e in
qualche modo li separano.
È questa barriera che qui viene
squarciata, ed è questa la buona notizia (Mc 1,1) che Gesù è venuto a
portare: da oggi, con questo gesto umile, in cui Dio sceglie di
condividere la fragilità del nostro essere persone segnate dal peccato,
accade uno squarcio, un parto. Finisce un mondo e inizia la gestazione
di un altro, inizia qualcosa di nuovo, di cui non sappiamo ancora nulla,
se non che unirà il cielo e la terra, Dio e l’uomo.
Uno squarcio che troverà il suo
compimento sulla croce, quando Dio prenderà su di sé la nostra
maledizione, e in cambio ci darà la sua vita: lì ogni barriera andrà
definitivamente in frantumi, cielo e terra saranno veramente una cosa
sola.
È questo squarcio, dunque, il primo elemento che collega il Battesimo con la croce; ma non è l’unico.
“Battesimo” è il solo nome che Gesù dà
alla passione, e ne parla rispondendo ai figli di Zebedeo (Mc 10,38-39),
che gli chiedono di partecipare alla sua gloria: questo battesimo, che
per ora solo Gesù sta per attraversare, è il passaggio che attende
tutti. Per chi vuole entrare nella vita nuova, nella gloria, questa è la
porta.
Inoltre, sia nel Battesimo che sulla
croce c’è la presenza dello Spirito: qui, nel Battesimo, scende su Gesù
sotto forma di colomba (Mc 1,10); sulla croce sarà Gesù stesso a donarlo
a tutti, “spirando” (Mc 10, 37.38).
Lo Spirito è proprio la vita nuova che
nasce dallo squarcio, che attraverso lo squarcio può di nuovo circolare
ed unire: un’unica vita, la vita di Dio, circola ora tra Dio e l’uomo,
come tra la vite e i suoi tralci (cfr. Gv 15).
Infine, un ultimo elemento. Dopo lo
squarcio c’è una solenne proclamazione di Gesù come “Figlio di Dio”: qui
è il Padre a farlo, sulla croce sarà un centurione, un pagano (Mc
15,39); come se Dio fosse riconoscibile proprio da qui, da questa sua
capacità di squarciare i cieli e i veli, di dare lo Spirito. E sia il
cielo che la terra lo riconoscono da questo segno, come se sia il cielo
che la terra non tendano ad altro che a questa unità profonda. Il Padre
lo riconosce come Figlio, e così anche il centurione, il pagano, il
lontano. Uno che squarcia il cielo non può essere se non il Figlio di
Dio.
Tutto questo, abbiamo detto, solo Gesù lo coglie.
Per tutti gli altri, forse, questa
epifania, così all’inizio, è troppo forte, troppo luminosa, come lo era
la manifestazione di Dio sul Sinai; e ci vuole tutto il tempo e tutto il
cammino del Vangelo per poter entrare in questa nuova creazione dove
cielo e terra sono di nuovo vicini, comunicanti.
Il Battesimo di Gesù è l’annuncio di
un’unità rinnovata tra cielo e terra, tra Dio e l’uomo, tra Creatore e
creatura. E tale unità è attuata da Dio stesso, fatto bambino,
manifestato ai pastori e al mondo intero e oggi consegnato e avviato
alla sua missione redentrice, che dal Giordano lo porterà a Gerusalemme,
dove l’amore di Dio si manifesterà senza veli.
Il vangelo in poche parole