La lettera delle dimissioni del cardinal Reinhard Marx – pubblicata
con il consenso di papa Francesco – è deflagrata in modo potente
nell’agone pubblico, andando ben oltre il mero recinto ecclesiale. Il
valore dell’arcivescovo, nominato – non va dimenticato – a capo della
diocesi di Monaco-Frisinga e cardinale da papa Benedetto XVI, la crisi
profonda di una chiesa cattolica – quella tedesca – che perde ogni anno
più di duecentomila fedeli, il processo sinodale in atto, vivace e
dialettico, hanno contribuito a dare grande risalto alla decisione,
imprevista e coraggiosa. Coraggioso sarebbe anche prendere sul serio le
ragioni, rese pubbliche, che hanno portato a questa scelta. Che certo
hanno a che fare con il disinteresse di tanti vescovi e preti nei
confronti delle vittime di abusi ma ancor più con la fatica della Chiesa
– non solo in terra tedesca – ad essere segno e strumento di Vangelo.
Secondo
Massimo Faggioli, un acuto osservatore di vicende ecclesiali, quando il
cardinale Marx nella sua lettera parla di “punto morto”, si riferisce,
applicandola all’oggi, ad una citazione dal gesuita Alfred Delp (morto
nel 1945 per mano dei nazisti): “Nonostante tutta la nostra correttezza e ortodossia, siamo a un punto morto. L’idea
cristiana non è una delle idee guida e formative di questo secolo”. Con
lucidità il cardinal Marx scrive: “Avverto con dolore quanto sia
scemata la stima nei confronti dei vescovi nella percezione
ecclesiastica e secolare, anzi, probabilmente essa ha raggiunto il suo
punto più basso.”
Eppure dalle nostre parti c’è ancora chi
continua a credere che la crisi – che come cristiani stiamo
attraversando – sia passeggera. Che ritornerà il tempo, è questione di
poco, in cui tutto sarà come prima: le chiese di nuovo piene, i giovani
ancora con noi, il credito pubblico ampio e diffuso. Bisogna aver
pazienza e, soprattutto, tornare a proclamare con chiarezze e forza la
verità e i valori ad essa connessi, in particolare quelli relativi al
dogma e alla morale, sottaciuti alquanto da una certa predicazione e
catechesi “troppo conciliare”. Una cecità che sta impedendo nei fatti
una conversione e un rinnovamento. Con lucidità, il presidente della
Conferenza Episcopale Tedesca, Georg Bätzing, ha detto: “È
chiaro che tutti quelli che pensano che la Chiesa possa uscire da questa
enorme crisi con alcuni aggiustamenti cosmetici, di natura esterna,
giuridica, amministrativa, si sbagliano. Si è percepito nella Chiesa un tale fallimento sistemico che ci possono essere solo risposte sistemiche, e queste risposte devono essere fondamentali.
È questo messaggio che oggi il card. Marx manda molto chiaramente e che
ci rafforza nel portare avanti il Cammino sinodale.” E quando gli hanno
chiesto quali sono i temi di questo cammino non ha esitato a
riconoscerli: “Discutiamo sulla questione del potere e della violenza,
una nuova relazione della Chiesa col potere, la separazione dei poteri.
Ci sono molte possibilità. Il potere episcopale, per
esempio, ha qualcosa di monarchico, dei tempi passati. Ora c’è bisogno
di controllo a ogni livello dell’esercizio del potere nella Chiesa
cattolica. Certo, il potere ci deve essere, altrimenti non si hanno
possibilità creative, ma questo potere deve essere controllato. Poi c’è
il tema del clericalismo, anche qui occorre approfondire il potere presbiterale, contenerlo, considerare con attenzione le cose, è una questione molto importante. E poi la questione delle donne nella Chiesa:
dobbiamo progredire nella parità di diritti per le donne a tutti i
livelli della vita della Chiesa, e questo non finisce alla frontiera del
ministero sacramentale. Lo credo e lo spero”.
Che il punto morto – riconosciuto e guardato nella verità di ciò che è veramente – possa diventare per la chiesa tutta un punto di svolta.
Questo è quanto si augura il cardinal Marx. In un’intervista rilasciata
dopo la pubblicazione della lettera ha risposto: “Non sono stanco di
essere vescovo, non sono demoralizzato. Il mio vuol essere un gesto che
incoraggia, un segnale per dire non dobbiamo continuare a girare intorno a noi stessi, ma dobbiamo concentrarci sul Vangelo.
Siamo a un punto morto, ma questo può diventare un punto di svolta:
potrà aprirsi una nuova epoca per il cristianesimo se si imparerà dalla
crisi, ma servono rinnovamento e riforme. Si tratta per ciascuno di
assumersi le proprie responsabilità per gli abusi perpetrati dai
rappresentanti della Chiesa tedesca. In passato la trascuratezza e il
disinteresse per le vittime sono state la nostra più grande colpa. Voglio dimostrare che non è l’incarico cardinalizio ad essere in primo piano, ma la missione del Vangelo. Anche questo fa parte della cura pastorale”.
Parole da custodire per ciascuno. Perché prima di ogni ruolo, di ogni incarico, viene il Vangelo. Solo per raccontare la sua umanità e la sua bellezza valgono i ruoli e gli incarichi.
Sarebbe il caso di ricordarcelo più spesso.