Adulti nella fede

Dal “Decreto sull’Apostolato dei Laici” -  “Apostolicam Actuositatem”

 29. […] La formazione all'apostolato suppone che i laici siano integralmente formati dal punto di vista umano, secondo la personalità e le condizioni di vita di ciascuno. Il laico, infatti, oltre a conoscere bene il mondo contemporaneo, deve essere un membro ben inserito nel suo gruppo sociale e nella sua cultura.
In primo luogo il laico impari ad adempiere la missione di Cristo e della Chiesa vivendo anzitutto nella fede il divino mistero della creazione e della redenzione, mosso dallo Spirito Santo che vivifica il popolo di Dio e che spinge tutti gli uomini ad amare Dio Padre e in lui il mondo e gli uomini. Questa formazione deve essere considerata come fondamento e condizione di qualsiasi fruttuoso apostolato.
Oltre la formazione spirituale, è richiesta una solida preparazione dottrinale e cioè teologica, etica, filosofica, secondo la diversità dell'età, della condizione e delle attitudini. Né si trascuri l'importanza della cultura generale unitamente alla formazione pratica e tecnica. Per coltivare buone relazioni umane ne bisogna favorire i genuini valori umani, anzitutto l'arte del convivere e del cooperare fraternamente di instaurare il dialogo.  […]
31. Le varie forme di apostolato richiedono pure una formazione particolare adeguata.
a. Quanto all'apostolato per l'evangelizzazione e la santificazione degli uomini, i laici debbono essere particolarmente formati a stabilire il dialogo con gli altri, credenti o non credenti, per annunziare a tutti il messaggio di Cristo. E poiché nel tempo nostro il materialismo di vario tipo sta diffondendosi largamente dovunque, anche in mezzo ai cattolici, i laici non soltanto imparino con maggior diligenza la dottrina cattolica, specialmente in quei punti nei quali la dottrina stessa viene messa in questione, ma contro ogni forma di materialismo offrano anche la testimonianza di una vita evangelica.
b. Quanto alla trasformazione cristiana dell'ordine temporale, i laici siano istruiti sul vero significato e valore dei beni temporali in se stessi e rispetto a tutte le finalità della persona umana; si esercitino nel retto uso delle cose e dell'organizzazione delle istituzioni, avendo sempre di mira il bene comune secondo i principi della dottrina morale e sociale della Chiesa. Assimilino soprattutto i principi della dottrina sociale e le sue applicazioni, affinché si rendano capaci sia di collaborare, per quanto loro spetta, al progresso della dottrina stessa, sia di applicarla correttamente ai singoli casi.

Avvisi

LA PAROLA È LA MIA CASA - Una missione universale, gioiosa, portatrice di speranza e di pace e fatta con sobrietà, mitezza, libertà

LA PAROLA È LA MIA CASA - Una missione universale, gioiosa, portatrice di speranza e di pace e fatta con sobrietà, mitezza, libertà

Aprendo il collegamento è possibile scaricare il testo distribuito nelle chiese insieme agli avvisi parrocchiali.

Vangelo XIV dom TO C - Del Giorgio don Andrea.pdf

 

Nel vangelo di settimana scorsa Gesù ci indicava una priorità chiara per questo tempo: «Tu va’ e annuncia il regno di Dio». È la priorità dei discepoli da sempre e ancora di più oggi, rivolta a tutti i battezzati senza eccezioni, nel tempo dell’applicazione del Concilio Vaticano II; priorità ripetuta e rafforzata dal magistero di papa Francesco, in particolare dall’Evangelii gaudium. In questo brano che racconta l’invio di 72 discepoli nei villaggi samaritani attorno ci vengono date alcune indicazioni circa l’atteggiamento che deve caratterizzare l’annuncio missionario e il rapporto della Chiesa con il mondo in cui è inserita. Nel testo di  Luca occorre tener conto che questo è il secondo invio in missione dopo quello dei 12 in Galilea e che probabilmente esiste un legame tra lo stile missionario indicato ai 72 e l’atteggiamento violento e  intollerante accennato da Giacomo e Giovanni nei confronti del villaggio samaritano che li aveva respinti.  La prima indicazione riguarda il numero degli inviati: 72 (o 70 a seconda delle traduzioni) è il numero dei popoli non ebrei riportati nel tradizionale brano di Gen 10. Significa sia che i destinatari sono tutti, nessuno escluso, secondo quello spirito di universalità che è ineliminabile dal cristianesimo e da custodire contro altri criteri umani che rischiano di creare divisioni in base all’appartenenza nazionale o alle ricchezze possedute. Ma significa anche che tutti i battezzati, nessuno escluso, sono coinvolti in questa missione. La seconda indicazione raccomanda un atteggiamento “in uscita” verso le città, le piazze, le strade, le case. Un atteggiamento costruttivo, che faccia vedere una differenza dentro delle relazioni sociali sempre più caratterizzate da un atteggiamento aggressivo e predatorio: non lupi in mezzo a lupi, ma agnelli in mezzo a  lupi. Anche l’equipaggiamento e le modalità della permanenza devono rispecchiare, secondo Gesù, una presenza non prepotente, povera, quasi nemmeno autosufficiente: non padroni a casa nostra, ma ospiti grati  per l’ospitalità concessa. Infine un atteggiamento trasparente e mite sia nell’accoglienza che nel rifiuto: la  priorità è l’annuncio del regno di Dio vicino, di una presenza che si rivela prossima e la libertà quasi ostentata nei confronti degli altri aspetti, tanto che nei confronti di chi rifiuta si lascia perdere non solo qualunque forma di vendetta (anzi il prezioso annuncio rimane disponibile anche per costoro) ma non si trattiene presso di sé nemmeno la polvere della strada.

02/07/2022 Categoria: Torna all'elenco