L’apostolo Tommaso è
universalmente noto come emblema dell’incredulità, tanto che proprio a
questa sua caratteristica pittori e scultori di ogni tempo hanno
dedicato bellissime opere d’arte! E diffusissima poi è la nota
espressione proverbiale “voler vedere e toccare come Tommaso”.
Ora, è certamente vero
che – come dice S.Gregorio Magno – “a noi giovò di più l’incredulità di
Tommaso che la fede degli apostoli”; ma su di essa si è forse insistito
un po’ troppo, tanto da far passare in secondo piano altri aspetti
dell’episodio che meglio ci aiutano a rispondere all’interrogativo di
fondo sottostante a questa pagina: come, in ogni tempo, è possibile
arrivare a credere in Gesù Cristo, morto e risorto, Messia e Figlio di
Dio?
Tommaso, solo
menzionato come uno dei Dodici dagli autori del Nuovo Testamento,
compare invece più volte come personaggio di un certo rilievo nel quarto
vangelo: prima della resurrezione di Lazzaro (Giov.11,14-16), durante i
discorsi dell’Ultima Cena (Giov.14,1-7) e nell’episodio del cap.20.
Dal temperamento
schietto e spontaneo, egli esprime apertamente interrogativi e
inquietudini che serpeggiano anche negli altri discepoli e soprattutto
nel cap.20 è scelto da Giovanni per esemplificare quella situazione di
dubbio e incertezza che, come sappiamo da altri passi, ha colto tutti
gli apostoli dopo la Resurrezione, tanto che Gesù stesso li rimprovera e
li convince con prove sensibili che Egli non è un fantasma! (così in
Luca 24,38-43).
Essendo stato assente
alla prima apparizione di Gesù avvenuta nel giorno stesso di Pasqua,
Tommaso dichiara che non bastano l’esperienza e le assicurazioni dei
compagni per fargli accettare una cosa assolutamente impossibile: che un
uomo, crocefisso, possa ritornare vivo!
Per questo pone le condizioni: “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi………..non crederò”
(v.25). Fin qui la sua posizione è quanto mai ragionevole e
consequenziale; in fin dei conti egli, apostolo, rivendicava anche per
sé quel “privilegio” di cui i suoi compagni avevano goduto.
Così la
seconda apparizione di Gesù, sempre nel giorno della domenica (della
settimana successiva) e con le stesse modalità, pare proprio venire
incontro alla richiesta di Tommaso; è Gesù stesso che riecheggia le
parole e le condizioni poste, per credere, dal discepolo scettico. In
questo ritroviamo un tratto tipico del Nazareno: saper entrare in
dialogo profondo con ogni persona, saperla capire e accogliere per
quella che è, andandole incontro fin là dove è possibile il dialogo
vero.
Ora, è proprio questo
che ha fatto scattare la molla nel discepolo “incredulo”: di fronte alla
sconfinata condiscendenza e comprensione di Gesù, egli capisce che non
aveva senso pretendere di porre delle condizioni e addirittura stabilire
le modalità del riconoscimento; probabilmente avrà anche provato
vergogna per la sua meschinità di fronte alla incredibile magnanimità di
Gesù!
E così, di colpo, senza
più aver bisogno di “constatare” personalmente e sensibilmente
alcunchè, arriva a pronunciare la più alta, profonda e solenne
professione di fede del vangelo, connotata oltretutto da una sfumatura
di intimità personale: “Mio Signore e mio Dio!” (v.28).
Ancora una volta, come
sempre negli episodi di apparizione, è solo ed esclusivamente
l’iniziativa di Gesù che rende possibile, al di là di tutti i nostri
calcoli e tentativi, l’incontro con Lui; non solo per i suoi
contemporanei, ma in ogni tempo, come ci assicura Egli stesso: “Beati quelli che, pur non avendo visto, crederanno!” (v.29)
Ma allora Tommaso non può più essere considerato l’emblema dell’incredulità; semmai è il rappresentante di tutti coloro che, mossi
da ostinata ricerca della Verità, pur conoscendo le inquietudini
dell’esitazione e del dubbio, giungono a quella straordinaria esperienza
che è l’incontro con il Vivente.
Per questo il quarto
evangelista ha strettamente collegato l’episodio delle due apparizioni
ai discepoli con la considerazione dei vv.30-31, che si riferisce a
tutti quei “segni” compiuti da Gesù utili a credere che Egli è il
Cristo.
L’esperienza storica,
straordinaria ma non più ripetibile, di chi ha visto Gesù risorto, è
consegnata alla Scrittura e questa ci è stata tramandata perché crediamo
e, credendo, abbiamo la vita!
Il vangelo in poche parole