Continuando la narrazione della giornata di Cafarnao, Marco ci fa passare dalla sinagoga alla casa, dal contesto religioso a quello quotidiano.
Nel tragitto Pietro gli racconta della suocera e della febbre che la costringe a letto. Il secondo episodio della giornata vedrà al di sotto del piano della cronaca di una guarigione, la storia di ogni discepolo: Gesù che si accosta in un momento di sofferenza e fragilità che impedisce il cammino e blocca la vita; la sua mano che ci prende e ci rialza (il verbo è quello usato per il risorgere da morte), ci rimette in grado di seguirlo e di servire il regno di Dio.
Alla sera, finito quel sabato in cui era proibito il lavoro del trasporto degli infermi, Gesù annuncia con la concretezza dei gesti che la guarigione e la liberazione dal male è per “tutta la città”, nessuno escluso. Le guarigioni e gli esorcismi sono segni del regno di Dio vicino, del tempo messianico che si sta compiendo. Ma occorre che questi segni siano dei punti di domanda lasciati aperti, senza una risposta definitiva, che il segreto messianico sia mantenuto. Permettere che i demoni dicano chiaramente che Gesù è il Messia significa chiudere le menti sull’aspettativa della marcia trionfale di un liberatore politico o di un distributore di facili miracoli.
“Al mattino presto” del giorno dopo il sabato, Gesù si ritira in preghiera in un luogo deserto. Si svolge a questo punto una strana caccia all’uomo con Pietro e gli altri che cercano di riportare Gesù sul luogo del recente successo. Gesù sfugge allo schema e alle aspettative in cui vogliono imprigionarlo preannunciando un oltre geografico, un’uscita verso altri luoghi e altre persone. Anche oggi Gesù non si lascia circoscrivere nei nostri ambienti e ci spinge ad uscire con Lui, ad andare oltre.
Il vangelo in poche parole