di
Enzo Bianchi

La festa per eccellenza di Cristo Re dell’universo è l’ascensione, la
glorificazione di Gesù da parte del Padre che lo intronizza accanto a
sé quale Kýrios, Signore vivente per sempre. Nel 1925 si è
aggiunta la festa odierna per ricordare tale regalità ai re di questo
mondo. La riforma liturgica del concilio Vaticano II, in verità, l’ha
mutata in profondità: Gesù Cristo è Re perché regna sulla croce; è un Re
al contrario dei re di questo mondo, crocifisso tra malfattori; è un Re
condannato dai poteri religioso e politico; è un Re che salva gli altri
e non se stesso. Insomma, è un Re paradossale!
Il brano evangelico di Luca previsto per questa festa nell’annata
liturgica C è il racconto della crocifissione di Gesù. Dopo la condanna
chiesta dai sacerdoti e inflitta da Pilato (cf. Lc 23,13-26),
il corteo che scorta Gesù e i due delinquenti condannati insieme a lui
giunge a una piccola collina fuori della città di Gerusalemme, al di là
della porta di Efraim, altura che i giudei chiamavano Golgota, o Cranio,
o monte Calvo, dove secondo una leggenda era stato sepolto Adamo.
Proprio qui i tre vengono crocifissi, con il terribile supplizio
riservato agli scarti della società, ai peggiori delinquenti. Tra due
criminali, “annoverato tra quelli che hanno commesso il male” (Is 53,12; Lc 22,37), viene crocifisso il nuovo Adamo (cf. Lc 23,32-33), o meglio il vero Adamo, l’uomo totalmente a immagine e somiglianza di Dio (cf. Col 1,15).
È una scena crudele, carica di violenza e di orrore, eppure il popolo (laós), quel popolo che aveva seguito Gesù, che l’aveva acclamato (cf. Lc 19,38), che pochi giorni prima pendeva dalle sue labbra mentre insegnava nel tempio (cf. Lc 19,38),
ebbene quel popolo “sta a vedere”. Non sta più dalla parte di Gesù, non
lo segue più, non lo difende: appare deluso dall’esito della sua
vicenda, incapace di comprendere ciò che si sta consumando. Luca ricorda
che, dopo la morte di Gesù, “tutta la folla che era venuta a vedere
questo spettacolo (theoría), ripensando a quanto era accaduto, se ne tornava battendosi il petto” (Lc 23,48),
iniziando cioè un cammino di conversione, ma per ora no: Gesù muore
abbandonato veramente da tutti, solo, perché i discepoli sono fuggiti e
l’uditorio che prima lo applaudiva è muto e non sta più dalla sua parte.
Avevano atteso un Messia vittorioso, potente, un vero Re, più forte dei
re di questo mondo, e invece hanno visto uno che non è neppure capace
di salvarsi…
Guardando il popolo e gli aguzzini dall’alto della croce, Gesù può
solo affermare: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno” (Lc 23,34),
ma neanche questa parola lo rende comprensibile al popolo. E proprio in
quella solitudine, in quell’abbandono, ecco riapparire la tentazione,
come all’inizio della sua missione, quando aveva sostato nel deserto
(cf. Lc 4,1-12).
Luca allora aveva avvertito i lettori del vangelo: “Dopo aver esaurito
ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al tempo opportuno”
(Lc 4,13).
Ed eccolo, puntuale, riapparire nell’ora estrema. Come allora la
tentazione verteva per Gesù sulla sua capacità di provare di essere
Figlio di Dio mediante segni eclatanti, non nella possibilità di un
umano ma nella potenza divina, lo stesso avviene ora.
Il primo strumento demoniaco sono i capi religiosi, quei sacerdoti
presenti alla croce perché avevano chiesto ai romani la condanna a morte
di Gesù. Da veri esperti delle Scritture, essi proclamano con
precisione teologica: “Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il
Messia di Dio, l’Eletto!”. Se Gesù è l’Unto del Signore, il Figlio di
David, il Re di Gerusalemme, l’Eletto inviato da Dio (cf. Is 42,1),
salvi innanzitutto se stesso, mostri la sua potenza liberandosi dal
supplizio che lo porta alla morte! Ma Gesù resta sulla croce: ascolta e
tace, si lascia accusare di impotenza, non si difende, non cede a
comportamenti frutto dell’inimicizia. Fino alla fine vive nella logica
di amore di Dio, un Dio che ha un amore misericordioso anche verso i
suoi nemici; anzi, simultaneamente all’odio che riceve da loro, continua
ad amarli (cf. Rm 5,6-10).
La seconda tentazione viene espressa dal potere politico e militare
dei soldati pagani che lo uccidono. Lo deridono dando da bere dell’aceto
a lui che ha la gola riarsa, bruciante, e nella loro ottica politica lo
scherniscono così: “Se tu sei il Re dei giudei, salva te stesso!”. Un
re che non è in grado di salvare se stesso, come potrà salvare gli
altri? E allora che re è mai? Come può un re tanto impotente opporsi a
Cesare e insidiare il suo potere? No, egli merita solo disprezzo! Eppure
Gesù è Re, come proclama l’iscrizione posta sulla croce, più in alto
del suo capo; iscrizione che nell’intenzione dei suoi autori vorrebbe
essere dileggiante, causa di commiserazione, e invece dice una verità
ben diversa, per chi sa vederla… Gesù è veramente l’Unto del Signore, il
Messia promesso da Dio a Israele, ma questa regalità è sorprendente,
perché non è modellata su quella dei re di questo mondo, dove i
governanti opprimono, comandano e si fanno applaudire come autori del
bene comune (cf. Lc 22,25). La regalità di Gesù, invece, è altra e sta nello spazio dell’amore: chi ama regna, chi ama fino alla fine (cf. Gv 13,1)
è vero re! Gesù accoglie in silenzio anche questa seconda tentazione,
come se continuasse a ripetere: “Padre, perdona loro perché non sanno
quello che fanno”…
La terza tentazione gli viene da chi è solidale con lui nel
supplizio, nella tortura e nella morte, uno dei “compagni” di Gesù, uno
dei due banditi condannati insieme a lui. Gesù aveva iniziato il suo
mistero mettendosi in una fila di peccatori per andare da Giovanni il
Battista a chiedere il battesimo (cf. Lc 3,21), per tutta la vita è stato tra i peccatori (cf. Lc 15,1-2; 19,7) e ora muore tra peccatori. Anche qui Gesù resta quello che è sempre stato: “un amico dei peccatori” (Lc 7,34).
Uno dei due crocifissi con lui, dunque, gli dice: “Non sei tu il
Messia? Salva te stesso e noi!”. È un grido di disperazione: “Salva
anche noi perché, se sei il Messia inviato da Dio, puoi farlo!”. Ma Gesù
tace, comprendendolo nella sua protesta e nella sua sfida. È l’altro
condannato che interviene osservando: “Non hai alcun timore di Dio, tu
che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo
quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha
fatto nulla di male”.
Diciamo la verità: abbiamo fatto del primo “il cattivo ladrone” e del
secondo “il buon ladrone”, ma in realtà erano entrambi malfattori,
omicidi secondo gli altri vangeli. Dunque sono tutti e due cattivi, e se
c’è una differenza va cercata solo nel fatto che il secondo arriva a
fare questa invocazione confidente: “Gesù, ricordati di me quando verrai
nel tuo Regno”, ovvero chiede a Gesù di essere salvato non qui, perché
questo a Gesù non è possibile, ma quando verrà nel suo Regno; anzi,
neanche di essere salvato, ma di essere ricordato, che sarebbe già
molto… Gesù può forse rifiutarsi di salvare il primo ladrone che gli
chiede: “Salva anche noi”? Egli in verità può mostrare il suo potere
solo salvando, ma non facendoli scendere dalla croce, bensì non
abbandonandoli nell’ora della venuta del suo Regno.
Salvare un altro non è preservarlo dalla morte ma rendere la sua
morte un passaggio, un esodo per la vita eterna, per il Regno! Gesù non
ci salva ora come vorremmo noi, ma ci salva se noi, che non siamo mai né
giusti né buoni, sappiamo accogliere il perdono che Dio ci offre, che
Gesù ci offre. Entrambi i malfattori hanno capito che essere buoni e
giusti è secondo la volontà di Dio ma che, se questo non è avvenuto
nella propria vita, ciò che conta alla fine è accogliere il suo perdono,
dicendo semplicemente: “Gesù, ricordati di me quando verrai nel tuo
Regno”.
Il vangelo in poche parole

Gesù non si serve della sua potenza divina per salvare se stesso, per
sottrarsi al completo dono di sé, per costringere coloro che lo
rifiutano ad ammettere il loro torto. Gesù si abbandona totalmente
all'apparente debolezza della non violenza e dell'amore. Dunque la
regalità di Gesù è legata alla Croce. don Bruno Maggioni
Altri commenti affidabili, semplici, profondip. Ermes Ronchi:
La storia del re che morì amando, all'inverosimile (testo)
p. Alberto Maggi:
www.studibiblici.it/videoomelie.html (testo; video)
don Claudio Doglio:
Ascoltarti è una festa! XXXIV domenica TO C 2016 (video; audio)
don Claudio Doglio:
Commento alle letture XXXIV domenica TO C 2016 (Testo)
Marco Bonarini:
Gesù, un re che serve e che salva (testo)
sr. Mariangela Tassielli:
Un re debole (testo)
don Tonino Lasconi:
Ossa e carne del re crocifisso (testo)
Evangeli.net:
Commento e breve spiegazione teologica in meno di 450 parole (testo)
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Gesù il re dei Giudei: Re differente dai re della terra (testo)