"Capisci ciò che leggi?" - Lettura continua del Vangelo di Marco: Mc 2,23-28
Mc 2,23Avvenne che di sabato Gesù passava fra campi di grano e i suoi discepoli, mentre camminavano, si misero a cogliere le spighe.
24I farisei gli dicevano: "Guarda! Perché fanno in giorno di sabato quello che non è lecito?".
25Ed
egli rispose loro: "Non avete mai letto quello che fece Davide quando si
trovò nel bisogno e lui e i suoi compagni ebbero fame?
26Sotto
il sommo sacerdote Abiatàr, entrò nella casa di Dio e mangiò i pani
dell'offerta, che non è lecito mangiare se non ai sacerdoti, e ne diede
anche ai suoi compagni!".
27E diceva loro: "Il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato!
28Perciò il Figlio dell'uomo è signore anche del sabato".
Leggiamo
nel Libro del Deuteronomio 5,12–15: «Osserva il giorno di sabato
per santificarlo, come il Signore tuo Dio ti ha comandato. Sei giorni
faticherai e farai ogni lavoro, ma il settimo giorno è il sabato per
il Signore Dio tuo: non fare lavoro alcuno né tu, né tuo figlio, né
tua figlia, né il tuo schiavo, né la tua schiava, né il tuo bue,
né il tuo asino, né alcuna delle tue bestie, né il forestiero che
sta entro le tue porte, perché il tuo schiavo e la tua schiava
riposino con te. Ricordati che sei stato schiavo nel paese d’Egitto
e che il Signore tuo Dio ti ha fatto uscire di là con mano potente e
braccio teso; perciò il Signore tuo Dio ti ordina di osservare il
giorno di sabato».
Il
sabato è il giorno del riposo settimanale, consacrato a Dio che ha
riposato nel settimo giorno della creazione (cf. Gen 2,2–3; Es
20,11).
A
questo motivo religioso si unisce una preoccupazione umanitaria: è
necessario che i non–liberi, gli schiavi, sentano almeno ogni sette
giorni la gioia della libertà. Inoltre, gli israeliti devono
ricordare che essi sono liberi perché Dio li ha liberati dalla
schiavitù. Il sabato è quindi una festa–ricordo, un memoriale di
ciò che Dio ha fatto per loro e di come Dio vuole l’uomo: lo vuole
libero.
«I
discepoli cominciarono a strappare le spighe». La legge permetteva
esplicitamente questo gesto: «Se passi tra la messe del tuo
prossimo, potrai coglierne spighe con la mano, ma non mettere la
falce nella messe del tuo prossimo» (Dt 23,26), però non faceva
allusione al sabato. La Mishnah (la legge orale, per distinguerla da
quella scritta, cioè la Bibbia) che codificò le leggi sabbatiche
sviluppate dalla tradizione ebraica, elenca trentanove attività
proibite, fra le quali figurano le varie attività agricole, compresa
la spigolatura. Era anche precisato che non si poteva strappare le
spighe, ma solo sgranarle con le dita.
Qual
è l’interpretazione della legge che meglio rivela le intenzioni di
Dio, il volto di Dio? Dio sta dalla parte di Gesù. E Gesù
stabilisce un principio: «Il sabato è stato fatto per l’uomo e
non l’uomo per il sabato!».
Nell’ambiente
in cui viveva Gesù, la legge valeva assai più dell’uomo. Gesù
non ha abolito la legge, ma ha contestato le false interpretazioni di
essa e ha indicato il principio che dà valore ad ogni legge: la
legge è per l’uomo.
Non
l’avesse mai fatto! E’ noto, infatti, che il potere costituito
fa, quasi sempre, della legge la sua forza. Guai a chi la tocca! Chi
tocca muore! E Gesù è morto anche perché, secondo loro, violava la
legge del sabato.
«Il
sabato è fatto per l’uomo» significa anzitutto che ogni legge,
anche la più sacra, è a vantaggio dell’uomo. Nella creazione
tutto fu fatto per l’uomo, compreso il sabato che è figura del
Signore stesso della vita. L’uomo è per Dio perché Dio per primo
è per l’uomo.
La
libertà di coscienza di Gesù, che è vera adesione alla volontà di
Dio, esprime un annuncio di salvezza altrettanto beatificante quanto
quello contenuto nelle parole «il Figlio dell’uomo ha il potere di
perdonare i peccati sulla terra» (Mc 2,10). Infatti il perdono dei
peccati e la liberazione dalla grettezza umana esprimono ugualmente
bene la stessa potenza di salvezza.
I
comandamenti di Dio sono stati dati per amore dell’uomo, per il suo
vero bene. Unicamente la coscienza di una responsabilità nei
riguardi di questo Dio, a cui dovremo rendere conto di ogni nostra
azione e di ogni nostra parola (cfr 2Cor 5,10), ci dà anche il
diritto a una coraggiosa libertà come quella di Gesù.