"Molto rumore per nulla”: così recita il titolo di una commedia
teatrale, opera del grande William Shakespeare. Mi sembra decisamente
appropriato, questo titolo, per proporre qualche riflessione sulla
questione, molto discussa in questi giorni, a riguardo della Messa nella
notte di Natale, anche se, in questo caso, non si tratta di una
“tragicommedia” come quella del noto commediografo inglese, bensì di una
vicenda che, dal mio punto di vista, risulta decisamente triste e
inopportuna.
“Messa nella notte”, non “di mezzanotte”
La “vexata quaestio” è data dalla lunga fila di persone, di varia
estrazione sociale e culturale, che vanno lamentandosi per
l’impossibilità, che pare ormai definitiva, di celebrare la cosiddetta
“Messa di mezzanotte”, tra il 24 e il 25 dicembre, per via delle
normative atte a contenere il contagio della pandemia. Ora, dove sta il
problema? Dal punto di vista liturgico, il problema, semplicemente, non
esiste. Basta leggere la dicitura riportata sul Messale Romano per
verificare che si parla di “Messa nella notte”: ora, Messa nella notte
non significa che essa debba essere celebrata in piena notte! Le tenebre
che costituiscono il tempo notturno, adeguatamente separato dal momento
del “Vespro”, che si può tranquillamente celebrare nel pomeriggio e
dopo il quale è possibile la celebrazione della “Messa vespertina nella
vigilia”, può tranquillamente essere considerato anche nella tarda
serata.
Peraltro, come diversi illustri liturgisti hanno ricordato, da molti
anni anche i pontefici celebrano la Messa nella notte di Natale alle ore
21:30 o 22 (e, questo, ad esempio, avveniva anche con papa Benedetto:
lo dico per rassicurare anche chi ancora non accetta papa Francesco,
come ho letto in diversi commenti aberranti alla foto che ritrae insieme
Benedetto XVI e Francesco, in occasione della visita di quest’ultimo al
predecessore insieme ai neo-cardinali).
Non è l’orario di una messa che ne segna l’autenticità
Per quel poco che posso capire, a me sembra che la questione non
risieda nell’ora della celebrazione, ma nella celebrazione stessa,
unitamente alla vita di chi celebra (preti e comunità insieme): sarà
Natale non se la Messa nella notte sarà a mezzanotte (tradizione pur
significativa.. ben venga se potremo celebrarla nel Natale 2021, ma non è
un problema fondamentale), ma se il mistero dell’Incarnazione che in
essa viene celebrato, nel quale, misericordiosamente, la Divina Dolcezza
viene presso gli uomini nella carne di un bambino che chiede
accoglienza, ci troverà pronti a rispondere, esistenzialmente, a questo
desiderio di Dio di essere per l’uomo e con l’uomo. Questo, con tutto
ciò che esso comporta per la vita: se affermo di accogliere Dio e, nel
contempo, respingo i fratelli, divento una contraddizione vivente,
incompatibile con la fede nel Dio di Gesù Cristo.
Quello che più mi dispiace è l’impressione che, alla fine, si voglia
semplicemente strumentalizzare il Natale, per finalità che con la fede
non hanno nulla da spartire. Mi piacerebbe molto, così, a titolo anche
solo statistico, verificare quanti di quelli che si mostrano
scandalizzati “perché fanno nascere Gesù due ore prima” o “perché il
governo non permette ai cristiani di celebrare il Natale”, partecipano
regolarmente alla Messa e, soprattutto, quando hanno partecipato alla
Messa di Natale l’ultima volta. Sono certo che si scoprirebbero cose
decisamente interessanti. Peraltro, mi sorge spontanea la domanda: se
per finalità alternative alla celebrazione della fede, siano essere
politiche o di altro genere, si è pronti a fare dell’Eucarestia,
sacramento di comunione, motivo di divisione, siamo sicuri che
desideriamo celebrare il Natale del Signore, che viene per essere il
Salvatore di ogni uomo? E, ancor più radicalmente, siamo sicuri di
essere cristiani?