Lo scorso agosto c'è stata una campagna per chiedere a vescovi e ad altre personalità di
sottoscrivere la lettera di Pax Christi International e Pax Christi
Italia per premere sul Governo italiano affinchè firmasse il trattato
sul bando totale delle armi nucleari approvato dall’ONU nel 2017. La
proposta non era poi così strana. Pochi lo sanno ma la Santa Sede è
stato il primo Stato al mondo a ratificare e papa Francesco è
stato fondamentale in questo percorso. Ha sostenuto i negoziati e la
campagna internazionale. E proprio nel 2017, dopo che il Trattato era
stato approvato dalle Nazioni Unite, incontrando i responsabili della
Campagna – che nel frattempo aveva ricevuto il premio Nobel per la pace –
aveva ribadito con forza
l’immoralità non solo dell’utilizzo delle armi nucleari, ma anche della loro presenza, della loro esistenza e del mero possesso.
“La pace – ha detto Francesco durante la storica visita a Hiroshima nel
novembre del 2019 – non può essere raggiunta attraverso la minaccia
dell’annientamento totale.”
Ora dal 22 gennaio scorso il Trattato ONU che proibisce le atomiche è entrato in vigore. Sottoscritto
da 86 Paesi e ratificato da 51, il Trattato sostiene, nero su bianco,
l’illiceità non solo dell’utilizzo ma anche della detenzione, lo
sviluppo, i test, il trasporto e, soprattutto, vieta l’immagazzinamento
di armi nucleari. Proprio come aveva sostenuto papa Francesco. Certo tra
i molti sottoscrittori non ci sono gli Stati Uniti e Russia che,
secondo le ultime del Sipri (Istituto internazionale di ricerche sulla
pace di Stoccolma), possiedono più del 90% delle 13.865 armi nucleari
sparse per la terra; seguono Cina, Regno Unito, Francia, Israele, Iran,
Pakistan, India e Corea del Nord. Tra i sottoscrittori non c’è neanche
l’Italia, benché un recente sondaggio abbia evidenziato che l’87 per cento dei nostri cittadini sostenga la proibizione. Val
la pena ricordare che in moltissimi casi la potenza degli ordigni
nucleari attualmente a disposizione è di gran lunga superiore alle bombe
atomiche sganciata su Hiroshima e Nagasaki nell’agosto del 1945.
Eppure è una svolta. Come ha scritto Lucia Capuzzi su Avvenire (uno
dei pochi quotidiani che ha dato risalto alla notizia del Trattato),
anche i Paesi che non hanno firmato “non saranno impermeabili ai suoi
effetti, come la storia del disarmo dimostra. Pur senza aderire al
divieto, ad esempio, gli Stati Uniti hanno interrotto la fabbricazione
di munizioni a grappolo mentre 34 Paesi hanno congelato i movimenti di
mine-antipersona. I trattati di proibizione, inoltre, stringono i
rubinetti del credito: gli istituti finanziari spesso scelgono di non
investire in “armi controverse”. Abp, uno dei cinque maggiori fondi
pensione, ha già chiuso ai produttori nucleari.”
In una bellissima lettera sottoscritta il giorno del Trattato da
leader della Chiesa cattolica di tutto il mondo (tra questi anche il
Patriarca di Gerusalemme, mons.Pizzaballa) si “invitano i colleghi
leader della chiesa a discutere e deliberare sul ruolo significativo che
la chiesa può svolgere nel costruire il sostegno per questa nuova norma
internazionale contro le armi nucleari. È particolarmente importante
per le conferenze episcopali nazionali e regionali, nonché per le
istituzioni e le fondazioni cattoliche, verificare se i fondi relativi alla chiesa vengono investiti in società e banche coinvolte nella produzione di armi nucleari. In
tal caso, intraprendere azioni correttive ponendo fine ai rapporti di
finanziamento esistenti e cercare modi per il disinvestimento.”
Chissà se resteranno solo parole al vento.