MESSAGGIO DEL SANTO PADRE
FRANCESCO
PER LA CELEBRAZIONE DELLA
LI GIORNATA MONDIALE DELLA PACE
1° GENNAIO 2018
Migranti e rifugiati: uomini e donne in cerca di pace
1. Augurio di pace
Pace a tutte le persone e a tutte le nazioni della terra! La pace, che gli angeli annunciano ai pastori nella notte di Natale,[1]
è un’aspirazione profonda di tutte le persone e di tutti i popoli,
soprattutto di quanti più duramente ne patiscono la mancanza. Tra
questi, che porto nei miei pensieri e nella mia preghiera, voglio ancora
una volta ricordare gli oltre 250 milioni di migranti nel mondo, dei
quali 22 milioni e mezzo sono rifugiati. Questi ultimi, come affermò il
mio amato predecessore Benedetto XVI, «sono uomini e donne, bambini, giovani e anziani che cercano un luogo dove vivere in pace».[2]
Per trovarlo, molti di loro sono disposti a rischiare la vita in un
viaggio che in gran parte dei casi è lungo e pericoloso, a subire
fatiche e sofferenze, ad affrontare reticolati e muri innalzati per
tenerli lontani dalla meta.
Con spirito di misericordia, abbracciamo tutti coloro che fuggono
dalla guerra e dalla fame o che sono costretti a lasciare le loro terre
a causa di discriminazioni, persecuzioni, povertà e degrado ambientale.
Siamo consapevoli che aprire i nostri cuori alla sofferenza altrui
non basta. Ci sarà molto da fare prima che i nostri fratelli e le nostre
sorelle possano tornare a vivere in pace in una casa sicura. Accogliere
l’altro richiede un impegno concreto, una catena di aiuti e di
benevolenza, un’attenzione vigilante e comprensiva, la gestione
responsabile di nuove situazioni complesse che, a volte, si aggiungono
ad altri e numerosi problemi già esistenti, nonché delle risorse che
sono sempre limitate. Praticando la virtù della prudenza, i governanti
sapranno accogliere, promuovere, proteggere e integrare, stabilendo
misure pratiche, «nei limiti consentiti dal bene comune rettamente
inteso, [per] permettere quell’inserimento».[3] Essi hanno una precisa responsabilità verso le proprie comunità,
delle quali devono assicurare i giusti diritti e lo sviluppo armonico,
per non essere come il costruttore stolto che fece male i calcoli e non
riuscì a completare la torre che aveva cominciato a edificare.[4]
2. Perché così tanti rifugiati e migranti?
In vista del Grande Giubileo per i 2000 anni dall’annuncio di pace degli angeli a Betlemme, San Giovanni Paolo II
annoverò il crescente numero di profughi tra le conseguenze di «una
interminabile e orrenda sequela di guerre, di conflitti, di genocidi, di
“pulizie etniche”»,[5]
che avevano segnato il XX secolo. Quello nuovo non ha finora registrato
una vera svolta: i conflitti armati e le altre forme di violenza
organizzata continuano a provocare spostamenti di popolazione
all’interno dei confini nazionali e oltre.
Ma le persone migrano anche per altre ragioni, prima fra tutte il
«desiderio di una vita migliore, unito molte volte alla ricerca di
lasciarsi alle spalle la “disperazione” di un futuro impossibile da
costruire».[6]
Si parte per ricongiungersi alla propria famiglia, per trovare
opportunità di lavoro o di istruzione: chi non può godere di questi
diritti, non vive in pace. Inoltre, come ho sottolineato nell’Enciclica Laudato si’, «è tragico l’aumento dei migranti che fuggono la miseria aggravata dal degrado ambientale».[7]
La maggioranza migra seguendo un percorso regolare, mentre alcuni
prendono altre strade, soprattutto a causa della disperazione, quando la
patria non offre loro sicurezza né opportunità, e ogni via legale pare
impraticabile, bloccata o troppo lenta.
In molti Paesi di destinazione si è largamente diffusa una retorica
che enfatizza i rischi per la sicurezza nazionale o l’onere
dell’accoglienza dei nuovi arrivati, disprezzando così la dignità umana
che si deve riconoscere a tutti, in quanto figli e figlie di Dio. Quanti
fomentano la paura nei confronti dei migranti, magari a fini politici,
anziché costruire la pace, seminano violenza, discriminazione razziale e
xenofobia, che sono fonte di grande preoccupazione per tutti coloro che
hanno a cuore la tutela di ogni essere umano.[8]
Tutti gli elementi di cui dispone la comunità internazionale indicano
che le migrazioni globali continueranno a segnare il nostro futuro.
Alcuni le considerano una minaccia. Io, invece, vi invito a guardarle
con uno sguardo carico di fiducia, come opportunità per costruire un
futuro di pace.
3. Con sguardo contemplativo
La sapienza della fede nutre questo sguardo, capace di accorgersi che
tutti facciamo «parte di una sola famiglia, migranti e popolazioni
locali che li accolgono, e tutti hanno lo stesso diritto ad usufruire
dei beni della terra, la cui destinazione è universale, come insegna la
dottrina sociale della Chiesa. Qui trovano fondamento la solidarietà e
la condivisione».[9]
Queste parole ci ripropongono l’immagine della nuova Gerusalemme. Il
libro del profeta Isaia (cap. 60) e poi quello dell’Apocalisse (cap. 21)
la descrivono come una città con le porte sempre aperte, per lasciare
entrare genti di ogni nazione, che la ammirano e la colmano di
ricchezze. La pace è il sovrano che la guida e la giustizia il principio
che governa la convivenza al suo interno.
Abbiamo bisogno di rivolgere anche sulla città in cui viviamo questo
sguardo contemplativo, «ossia uno sguardo di fede che scopra quel Dio
che abita nelle sue case, nelle sue strade, nelle sue piazze [...]
promuovendo la solidarietà, la fraternità, il desiderio di bene, di
verità, di giustizia»,[10] in altre parole realizzando la promessa della pace.
Osservando i migranti e i rifugiati, questo sguardo saprà scoprire
che essi non arrivano a mani vuote: portano un carico di coraggio, capacità,
energie e aspirazioni, oltre ai tesori delle loro culture native, e in
questo modo arricchiscono la vita delle nazioni che li accolgono. Saprà
scorgere anche la creatività, la tenacia e lo spirito di sacrificio di
innumerevoli persone, famiglie e comunità che in tutte le parti del
mondo aprono la porta e il cuore a migranti e rifugiati, anche dove le
risorse non sono abbondanti.
Questo sguardo contemplativo, infine, saprà guidare il discernimento
dei responsabili della cosa pubblica, così da spingere le politiche di
accoglienza fino al massimo dei «limiti consentiti dal bene comune
rettamente inteso»,[11] considerando cioè le esigenze di tutti i membri dell’unica famiglia umana e il bene di ciascuno di essi.
Chi è animato da questo sguardo sarà in grado di riconoscere i
germogli di pace che già stanno spuntando e si prenderà cura della loro
crescita. Trasformerà così in cantieri di pace le nostre città, spesso
divise e polarizzate da conflitti che riguardano proprio la presenza di
migranti e rifugiati.
4. Quattro pietre miliari per l’azione
Offrire a richiedenti asilo, rifugiati, migranti e vittime di tratta
una possibilità di trovare quella pace che stanno cercando, richiede una
strategia che combini quattro azioni: accogliere, proteggere,
promuovere e integrare.[12]
“Accogliere” richiama l’esigenza di ampliare le possibilità di
ingresso legale, di non respingere profughi e migranti verso luoghi dove
li aspettano persecuzioni e violenze, e di bilanciare la preoccupazione
per la sicurezza nazionale con la tutela dei diritti umani
fondamentali. La Scrittura ci ricorda: «Non dimenticate l’ospitalità;
alcuni, praticandola, hanno accolto degli angeli senza saperlo».[13]
“Proteggere” ricorda il dovere di riconoscere e tutelare
l’inviolabile dignità di coloro che fuggono da un pericolo reale in
cerca di asilo e sicurezza, di impedire il loro sfruttamento. Penso in
particolare alle donne e ai bambini che si trovano in situazioni in cui
sono più esposti ai rischi e agli abusi che arrivano fino a renderli
schiavi. Dio non discrimina: «Il Signore protegge lo straniero, egli
sostiene l’orfano e la vedova».[14]
“Promuovere” rimanda al sostegno allo sviluppo umano integrale di
migranti e rifugiati. Tra i molti strumenti che possono aiutare in
questo compito, desidero sottolineare l’importanza di assicurare ai
bambini e ai giovani l’accesso a tutti i livelli di istruzione: in
questo modo essi non solo potranno coltivare e mettere a frutto le
proprie capacità, ma saranno anche maggiormente in grado di andare
incontro agli altri, coltivando uno spirito di dialogo anziché di
chiusura o di scontro. La Bibbia insegna che Dio «ama lo straniero e gli
dà pane e vestito»; perciò esorta: «Amate dunque lo straniero, poiché
anche voi foste stranieri nel paese d’Egitto».[15]
“Integrare”, infine, significa permettere a rifugiati e migranti di
partecipare pienamente alla vita della società che li accoglie, in una
dinamica di arricchimento reciproco e di feconda collaborazione nella
promozione dello sviluppo umano integrale delle comunità locali. Come
scrive San Paolo: «Così dunque voi non siete più stranieri né ospiti, ma
siete concittadini dei santi e familiari di Dio».[16]
5. Una proposta per due Patti internazionali
Auspico di cuore che sia questo spirito ad animare il processo che
lungo il 2018 condurrà alla definizione e all’approvazione da parte
delle Nazioni Unite di due patti globali, uno per migrazioni sicure,
ordinate e regolari, l’altro riguardo ai rifugiati. In quanto accordi
condivisi a livello globale, questi patti rappresenteranno un quadro di
riferimento per proposte politiche e misure pratiche. Per questo è
importante che siano ispirati da compassione, lungimiranza e coraggio,
in modo da cogliere ogni occasione per far avanzare la costruzione della
pace: solo così il necessario realismo della politica internazionale
non diventerà una resa al cinismo e alla globalizzazione
dell’indifferenza.
Il dialogo e il coordinamento, in effetti, costituiscono una
necessità e un dovere proprio della comunità internazionale. Al di fuori
dei confini nazionali, è possibile anche che Paesi meno ricchi possano
accogliere un numero maggiore di rifugiati, o accoglierli meglio, se la
cooperazione internazionale assicura loro la disponibilità dei fondi
necessari.
La Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale ha suggerito 20 punti di azione[17]
quali piste concrete per l’attuazione di questi quattro verbi nelle
politiche pubbliche, oltre che nell’atteggiamento e nell’azione delle
comunità cristiane. Questi ed altri contributi intendono esprimere
l’interesse della Chiesa cattolica al processo che porterà all’adozione
dei suddetti patti globali delle Nazioni Unite. Tale interesse conferma
una più generale sollecitudine pastorale nata con la Chiesa e continuata
in molteplici sue opere fino ai nostri giorni.
6. Per la nostra casa comune
Ci ispirano le parole di San Giovanni Paolo II:
«Se il “sogno” di un mondo in pace è condiviso da tanti, se si
valorizza l’apporto dei migranti e dei rifugiati, l’umanità può divenire
sempre più famiglia di tutti e la nostra terra una reale “casa
comune”».[18]
Molti nella storia hanno creduto in questo “sogno” e quanto hanno
compiuto testimonia che non si tratta di una utopia irrealizzabile.
Tra costoro va annoverata Santa Francesca Saverio Cabrini, di cui
ricorre nel 2017 il centenario della nascita al cielo. Oggi, 13
novembre, molte comunità ecclesiali celebrano la sua memoria. Questa
piccola grande donna, che consacrò la propria vita al servizio dei
migranti, diventandone poi la celeste patrona, ci ha insegnato come
possiamo accogliere, proteggere, promuovere e integrare questi nostri
fratelli e sorelle. Per la sua intercessione il Signore conceda a noi
tutti di sperimentare che «un frutto di giustizia viene seminato nella
pace per coloro che fanno opera di pace».[19]
Dal Vaticano, 13 novembre 2017
Memoria di Santa Francesca Saverio Cabrini, Patrona dei migranti
Francesco
[1] Luca 2,14.
[2] Angelus, 15 gennaio 2012.
[3] Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris, 57.
[4] Cfr Luca 14, 28-30.
[5] Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2000, 3.
[6] Benedetto XVI, Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2013.
[7] N. 25.
[8] Cfr Discorso
ai Direttori nazionali della pastorale per i migranti partecipanti
all’Incontro promosso dal Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa
(CCEE), 22.09.2017.
[9] Benedetto XVI, Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2011.
[10] Esort. ap. Evangelii gaudium, 71.
[11] Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris, 57.
[12] Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2018, 15 agosto 2017.
[13] Ebrei 13,2.
[14] Salmo 146,9.
[15] Deuteronomio 10,18-19.
[16] Efesini 2,19.
[17] “20 Punti di Azione Pastorale” e “20 Punti di Azione per i Patti Globali” (2017); vedi anche Documento ONU A/72/528.
[18] Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2004, 6.
[19] Giacomo 3,18.