0 - 6 Anni
Per valorizzare la presenza dei genitori appare sempre più promettente curare la preparazione al Battesimo e la prima fase della vita (0-6 anni). L'evangelizzazione passa, in questo periodo, attraverso il linguaggio delle relazioni familiari.
Come mostrano molte esperienze, si tratta di mettere in atto gradualmente un'attenzione pastorale per e con gli adulti, oltre che di impegnarsi nell'annuncio ai piccoli.
La pastorale battesimale e delle prime età costituisce un terreno fecondo per avviare buone pratiche di primo annuncio per e con genitori, famiglie, nonni e insegnanti delle scuole per l'infanzia.
La comunità cristiana impara in tal modo a costruire relazioni fondate sulla continuità, la gratuità, la semplicità, la stima per ciò che le famiglie realizzano nella dedizione per i loro figli.
Nella nostra comunità pastorale si cercherà di valorizzare tutte le occasioni favorevoli. Alcune iniziative già esistenti sono:
- la domenica dopo Pasqua, la Memoria del battesimo, per le famiglie di tutti i battezzati dell’anno precedente
- la proposta educativa delle quattro Scuole dell’infanzia parrocchiali, col supporto della F.I.S.M.
- Iniziative varie a portata di bambino potranno essere –gradualmente- la novena di Natale, qualche festa in oratorio, qualche momento rivolto all’intera famiglia, ecc.
Avvisi
LA PAROLA È LA MIA CASA - Una Chiesa inadeguata, chiusa e in difficoltà nel trasmettere la fede. Eppure luogo dei segni della misericordia
Aprendo il collegamento è possibile scaricare il testo distribuito nelle chiese insieme agli avvisi parrocchiali.
Di questo brano dei racconti della resurrezione nel vangelo secondo Giovanni, tra tutti i ricchi e importanti elementi, è utile sottolinearne alcuni che possono aiutarci a riflettere sul nostro essere comunità che vive la presenza del risorto nel tempo della Chiesa.
Innanzitutto notiamo che quella descritta nel testo è una comunità fortemente inadeguata: una comunità chiusa, timorosa nei confronti del mondo, con le porte chiuse anche dopo la visita di Gesù; una comunità che, dopo aver vissuto l’esperienza dell’incontro con il Risorto e aver avuto l’occasione di raccontarla a Tommaso, fallisce e il tentativo di trasmissione della fede non smuoverà il discepolo assente, anzi provocherà una reazione di forte opposizione. Ricorda molto da vicino le nostre comunità e le nostre famiglie sempre più in difficoltà nel trasmettere l’esperienza di fede alle giovani generazioni.
Il secondo elemento è la coincidenza tra la richiesta di Tommaso e ciò che offre Gesù, il cui contenuto può essere considerato da due punti di vista: da una parte Tommaso chiede polemicamente una fede che si possa toccare, dall’altra ciò di cui si vuol fare esperienza concreta sono i segni della misericordia, dell’amore di chi è disposto a dare la propria vita perché l’altro sia salvo. Oggi non bastano più le belle parole, le verità solo sulla carta, i catechismi con le rispostine giuste ad ogni domandina. Che cosa allora è possibile e utile vivere, vedere e toccare oggi? Non è più il tempo di Tommaso che ha creduto perché ha visto Gesù. Quest’ultimo dichiara beato chi ha creduto pur senza averlo visto materialmente. Notiamo: non chi non ha visto nulla, ma chi non ha visto lui. Quasi a dire che ciò che è da vedere e di cui fare esperienza sono i segni della misericordia rintracciabili sul corpo di Cristo che è la Chiesa, dentro la vita e le persone della comunità cristiana.