0 - 6 Anni

Per valorizzare la presenza dei genitori appare sempre più promettente curare la preparazione al Battesimo e la prima fase della vita (0-6 anni). L'evangelizzazione passa, in questo periodo, attraverso il linguaggio delle relazioni familiari.
Come mostrano molte esperienze, si tratta di mettere in atto gradualmente un'attenzione pastorale per e con gli adulti, oltre che di impegnarsi nell'annuncio ai piccoli.

La pastorale battesimale e delle prime età costituisce un terreno fecondo per avviare buone pratiche di primo annuncio per e con genitori, famiglie, nonni e insegnanti delle scuole per l'infanzia.
La comunità cristiana impara in tal modo a costruire relazioni fondate sulla continuità, la gratuità, la semplicità, la stima per ciò che le famiglie realizzano nella dedizione per i loro figli.

Diocesi di Como
Progetto di iniziazione cristiana dei bambini e dei ragazzi, Cap. 7

Nella nostra comunità pastorale si cercherà di valorizzare tutte le occasioni favorevoli. Alcune iniziative già esistenti sono:

  • la domenica dopo Pasqua, la Memoria del battesimo, per le famiglie di tutti i battezzati dell’anno precedente
  • la proposta educativa delle quattro Scuole dell’infanzia parrocchiali, col supporto della F.I.S.M.
  • Iniziative varie a portata di bambino potranno essere –gradualmente- la novena di Natale, qualche festa in oratorio, qualche momento rivolto all’intera famiglia, ecc.

Avvisi

@ Diario di un laico: Il laico marginale

@ Diario di un laico: Il laico marginale

Sono invitato in un Vicariato a parlare di laici e Concilio. Sala piena, molto interesse, alcune domande. Al termine, in diversi mi chiedono l’indirizzo email. Nei giorni successivi molti mi scrivono. Raccontano con passione dei loro tanti impegni nella comunità, della fatica a conciliare i tempi ma anche della gioia di mettersi a servizio. La gran parte si sofferma sulla sensazione di sentirsi tagliati fuori dalle scelte importanti della parrocchia. Di Consigli Pastorali che si trascinano stancamente e che finiscono, quasi sempre, con l’approvare decisioni già prese dal parroco o formalmente solo sottoposte al confronto.

IL LAICO OBBEDIENTE

E’  evidente che non si può né si deve generalizzare. Potrei scrivere di vicende analoghe ma con altro segno. E’ indubbio però che molto spesso nella chiesa pare valere il principio della “piramide sospesa” (cosi la chiama un teologo),  in cui tutto (di)pende dal vertice, come se si fosse entrati nel regno del clericalismo che comporta la negazione del senso della laicità. L’aver parte della comunità ecclesiale è posto perciò sotto il sigillo dell’appartenenza e i fedeli sono considerati, in pratica, dei sudditi la cui virtù prima sta nell’obbedienza: attiva, collaborativa, consapevole ma pur sempre obbedienza. Una visione che, a dispetto delle molte parole, sviluppa un sottile e nuovo tipo di  clericalismo e permette il germoglio di laici più clericali dei preti. Nessuno dimentica che sotto l’impulso del Vaticano II, il primo concilio che dedica uno specifico documento ai cristiani laici e che, pur con alcune ambiguità, cerca di superare la tendenza volta a definire i laici innanzitutto per quello che essi non sono (il laico è un fedele che non ha ricevuto l’ordine sacro o che non vive in uno stato di vita consacrata), molte strade di valorizzazione sono state percorse. Pensiamo alla marea di catechisti, ai lettori e agli animatori liturgici, ai tanti impegnati, con grande generosità, nelle opere di carità delle nostre parrocchie.

CHIESA CLERICALE

Eppure è evidente che la Chiesa si pensi e si strutturi ancora oggi in modo clericale. Certo non si può negare né ignorare il retaggio di una lunga storia. Certo, non si può negare nemmeno che i laici cattolici facciano fatica ad essere adulti, non solo nella fede ma anche nella cultura. Sono convinto che la crisi culturale sia ancora più forte di quella della fede. Un confronto tra il livello culturale del laicato cattolico di oggi e quello di qualche decennio fa è impietoso. Certo non aiuta aver deliberatamente azzerato qualunque forma di opinione pubblica all’interno della chiesa.

Da qualche parte bisogna partire. Perché la questione del laico è al cuore delle sfide pastorali che le nostre comunità parrocchiali devono affrontare. Perché la questione del laico è la questione del cristiano, che, in forza del battesimo, appartiene al popolo di Dio e ha il compito di rendere umana la terra che abita. E dunque la formazione della sua coscienza è un impegno decisivo della comunità ecclesiale. Infine perché i numeri, in discesa verticale, dei preti nelle nazioni europee  stanno ad indicare la fine, prossima, di un modello che ha retto con sapienza dal Concilio di Trento in poi ma che è destinato a crollare. Prima di quanto si pensi.

Naturalmente subire il cambiamento per la forza dei fatti è ben altra cosa che governarlo in virtù della propria libertà spirituale; per questo oggi si può e si deve sperimentare quello che sarà inevitabile fare domani. Qualcosa si sta muovendo. Mi chiedo se non serva ancora più coraggio.

In una mail che mi è stata spedita, trovo scritto. «Guardo l’elenco degli Uffici di Curia. Gestiti da persone in gamba. Guarda caso, tutti preti.  Che ci si occupi di lavoro o di arte, di denaro o di missioni, di scuola o di famiglia.  In attesa che cresca un sentire ecclesiale,  forse il segnale, anche a questo livello, bisognerà pur darlo. O no?»

Voi che ne dite?

IL TUO PARERE

I preti decidono i laici obbediscono. È vero? Quando è vero?
Che cosa pensi della proposta di affidare a laici la direzione di alcuni uffici di curia?

Daniele Rocchetti


Da www.santalessandro.org

27/04/2019 Categoria: Torna all'elenco