Oratorio

Un pilastro portante di ogni comunità cristiana è l’oratorio. Seguendo gli esempi di san Filippo Neri e di san Giovanni Bosco, gli oratori sono nati come occasioni educative per i ragazzi e i giovani, ad opera di adulti motivati e preparati, che vogliano bene ai ragazzi e collaborino con gli altri adulti (i genitori in primis) per la loro crescita umana e cristiana. Le attività oratoriane possono svolgersi in qualsiasi spazio o ambiente. L’”oratorio” infatti, prima ancora che un insieme di spazi e strutture, è innanzitutto uno stile, una cura, un’attenzione della Comunità tutta verso i più giovani.

Nella nostra Valle le diverse iniziative si svolgono a rotazione nei diversi spazi disponibili. L’attività più conosciuta, oltre alla catechesi e alle feste ad essa collegate, è l’avventura estiva del GREST, che coinvolge attivamente famiglie, educatori e diversi animatori.

Ma anche durante l’anno diverse sono le occasioni per “educare divertendo” e “divertire educando”: in alcuni paesi un gruppo di volontari adulti garantisce l’apertura settimanale dell’oratorio, proponendo attività ludiche e ricreative molto varie; in altri ci sono proposte di animazione liturgica e di canto adatte alla fascia dei ragazzi; ci sono poi proposte occasionali legate a tornei, teatri, compleanni, feste del paese, ecc.

Suggerimenti e materiali per l’animazione cristiana degli oratori sono a disposizione anche sul sito diocesano di pastorale giovanile: www.pgcomo.org.

Avvisi

"Capisci ciò che leggi?" - Lettura continua del Vangelo di Marco: Mc 8,22-26

Mc8,22Giunsero a Betsàida, e gli condussero un cieco, pregandolo di toccarlo. 23Allora prese il cieco per mano, lo condusse fuori dal villaggio e, dopo avergli messo della saliva sugli occhi, gli impose le mani e gli chiese: "Vedi qualcosa?". 24Quello, alzando gli occhi, diceva: "Vedo la gente, perché vedo come degli alberi che camminano". 25Allora gli impose di nuovo le mani sugli occhi ed egli ci vide chiaramente, fu guarito e da lontano vedeva distintamente ogni cosa. 26E lo rimandò a casa sua dicendo: "Non entrare nemmeno nel villaggio".


Gesù vuole aiutare i suoi discepoli ad aprirsi all’ascolto della verità, a vederci chiaro nella propria vita, a rendersi abili, a parlare correttamente della propria fede. Finché non si vede distintamente, come il cieco guarito, finché non si vede Gesù nella vera luce della sua identità non si è ancora adatti per l’annuncio del vangelo.

Non credere significa diventare come i pagani, che somigliano ai loro idoli i quali «hanno bocca e non parlano, hanno occhi e non vedono, hanno orecchi e non odono…» (Sal 105,4–6).

In tutta questa sezione del vangelo Gesù rimprovera più volte i suoi discepoli perché non capiscono o non vogliono vedere chiaramente la realtà.. Ma, mentre egli fa questi rimproveri, guarisce un sordo e un cieco, e la cosa diventa un segno della guarigione spirituale dei discepoli. Così essi diventeranno capaci di dire (finalmente!): «Tu sei il Cristo!» (Mc 8,29). Ma la loro guarigione non è completa. Infatti, si riveleranno altrettanto chiusi al nuovo insegnamento di Gesù sul cammino del Cristo verso la croce. Gesù avrà di nuovo a che fare con le loro orecchie tappate e i loro occhi ciechi, e la sua difficoltà a guarire fisicamente un sordomuto e un cieco manifesta appunto la difficoltà a guarire il cuore dei discepoli. Marco descrive questi due miracoli come segni di una guarigione interiore: guarigione della sordità e della cecità spirituale.

La guarigione del cieco di Betsaida avviene in due tempi, ed è un fatto unico in tutto il Vangelo: si presta a simboleggiare il viaggio della fede, che avviene progressivamente e non senza esitazioni.

Questa guarigione è un gesto profetico di Gesù e simboleggia lo schiudersi degli occhi dei suoi discepoli alla sua messianicità.

Gesù è l’unica luce che dà la vista, che illumina ogni uomo (Gv 1,9). Il discepolo è un cieco che sa di esserlo, riconosce l’impossibilità di guarire da solo e lascia che il Signore agisca secondo la sua misericordia.

25/11/2018 Categoria: Torna all'elenco