Oratorio

Un pilastro portante di ogni comunità cristiana è l’oratorio. Seguendo gli esempi di san Filippo Neri e di san Giovanni Bosco, gli oratori sono nati come occasioni educative per i ragazzi e i giovani, ad opera di adulti motivati e preparati, che vogliano bene ai ragazzi e collaborino con gli altri adulti (i genitori in primis) per la loro crescita umana e cristiana. Le attività oratoriane possono svolgersi in qualsiasi spazio o ambiente. L’”oratorio” infatti, prima ancora che un insieme di spazi e strutture, è innanzitutto uno stile, una cura, un’attenzione della Comunità tutta verso i più giovani.

Nella nostra Valle le diverse iniziative si svolgono a rotazione nei diversi spazi disponibili. L’attività più conosciuta, oltre alla catechesi e alle feste ad essa collegate, è l’avventura estiva del GREST, che coinvolge attivamente famiglie, educatori e diversi animatori.

Ma anche durante l’anno diverse sono le occasioni per “educare divertendo” e “divertire educando”: in alcuni paesi un gruppo di volontari adulti garantisce l’apertura settimanale dell’oratorio, proponendo attività ludiche e ricreative molto varie; in altri ci sono proposte di animazione liturgica e di canto adatte alla fascia dei ragazzi; ci sono poi proposte occasionali legate a tornei, teatri, compleanni, feste del paese, ecc.

Suggerimenti e materiali per l’animazione cristiana degli oratori sono a disposizione anche sul sito diocesano di pastorale giovanile: www.pgcomo.org.

Avvisi

"Capisci ciò che leggi?" - Lettura continua del Vangelo di Marco: Mc 14,22-26

Mc 14,22 E, mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: "Prendete, questo è il mio corpo". 23 Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. 24 E disse loro: "Questo è il mio sangue dell'alleanza, che è versato per molti. 25 In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio".
Dopo aver cantato l'inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.

Gesù pronuncia le parole che trasformano la Pasqua ebraica in celebrazione cristiana su una comunità di peccatori e di traditori. Ad essi dà da mangiare il suo corpo e da bere il suo sangue che sono l’oggetto del loro tradimento: all’eccesso di ingratitudine degli uomini, risponde con l’eccesso del suo amore. Notiamo il duplice sottofondo anticotestamentario: il richiamo all’alleanza del Sinai (Es 24,8) e al Servo di Dio che dona la propria vita per tutti (Is 53). Inoltre vi è un chiaro riferimento alla croce: in questa direzione ci conduce il simbolo del corpo donato e del sangue sparso.

Gesù sta svelando l’intenzione fondamentale che ha guidato la sua vita, ci sta manifestando la sua verità ultima: egli ha vissuto una vita in dono per tutti. E’ questo «per» che indica il significato ultimo di Gesù: un’esistenza donata. E’ un donarsi per tutti, non solo per alcuni, è un donarsi consapevole del rifiuto: rifiutato da tutti, muore per tutti. E’ un donarsi universale e ostinato, una solidarietà che non si lascia vincere dall’incomprensione e dal rifiuto. Anche il tradimento mette in luce l’amore ostinato di Gesù.

Ricordando il tradimento, la comunità è invitata a non scandalizzarsi quando scoprirà nel proprio seno il tradimento e il peccato: è un’esperienza che Gesù stesso ha vissuto e che ha previsto per la sua Chiesa. La comunità cristiana è invitata a non cullarsi in una falsa sicurezza e presunzione di sé, come ha fatto Pietro: il peccato è sempre possibile ed è vano fidarsi delle proprie forze. Ma il vangelo ci insegna che l’incomprensione e il tradimento del discepolo sono superati e vinti dall’amore del Maestro.

Ogni religione prevede il sacrificio dell’uomo a Dio. Il cristianesimo invece si fonda sul sacrificio di Dio all’uomo. L’Eucaristia «culmine e fonte di tutta la vita cristiana» (LG 11) è veramente tutto e ci dà tutto: è tutta la creazione che si fa corpo e sangue di Cristo; è l’umanità intera assunta nella sua carne; è Dio che si dona all’uomo. Nell’Eucaristia l’amore di Dio raggiunge il suo fine: unirsi a noi e farsi nostra vita.

L’Eucaristia divinizza realmente l’uomo, ma senza alcuna confusione. Distinto da Dio, l’uomo è realmente unito a lui in un unico amore e in un’unica vita. Questa unione viene chiamata alleanza. Il sangue della nuova alleanza è quello uscito dalla persona di Gesù. Questo sangue, come quello che Mosè asperse sull’altare e sul popolo (Es 24,6.8), unisce l’uomo a Dio, rendendoli consanguinei. Questa alleanza è eterna perché non possiamo più infrangerla. Qualunque cosa facciamo, anche se lo mettiamo in croce, Dio rimane sempre fedele al suo amore per noi «perché non può rinnegare se stesso» (2Tim 2,13). Paolo apostolo ha scritto: «A stento si trova chi sia disposto a morire per una persona dabbene. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi» (Rm 5,7–8).

Ora, «se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Chi accuserà gli eletti di Dio, se Dio giustifica?» (Rm 8,31.33). Per questo san Paolo dice di essere convinto che «né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore che Dio ha per noi in Cristo Gesù nostro Signore» (Rm 8,31ss).

Il vino è bevanda della terra promessa. Gesù sarà pellegrino nel mondo, digiuno e abbeverato di morte, fino al giorno in cui l’ultimo fratello non si sarà arreso alla conoscenza dell’amore del Padre. Quando la sua casa sarà piena di tutti i suoi figli, sarà il regno di Dio in pienezza. Fino ad allora Gesù continuerà a bere il calice di morte per dare a tutti noi il calice di vita. Quanti ne bevono sono spinti a loro volta dal suo stesso amore di Figlio versi i fratelli che ancora non conoscono il Padre (2Cor 4,12).

Alla fine della cena pasquale tutti cantano l’inno. E’ il grande Hallel (Sal 136). E’ un salmo che, passando in rassegna i doni della creazione e della storia, ripete ad ogni riga il ritornello «perché eterna è la sua misericordia». Queste parole dicono il perché profondo di tutta la creazione e di tutta la storia.

Dopo l’Eucaristia anche noi comprendiamo che la sua misericordia eterna è il perché ultimo di tutto quanto c’è e accade: è il trionfo del suo amore su tutto il male del mondo. A noi, che abbiamo compiuto il massimo male uccidendo suo Figlio, il Padre concede il massimo bene, donandoci la vita del Figlio. La sua misericordia è eterna e onnipotente, capace di capovolgere in bene ogni male e di salvare tutto e tutti.

22/06/2019 Categoria: Torna all'elenco