In questo decimo capitolo del vangelo di
Marco, si trova una specie di trio molto interessante: un uomo e una
donna, gli adulti e i bambini e poi il ricco e i poveri. Cristo rovescia
tutte le situazioni. Non accetta il dominio dell’uomo sulla donna, né
del grande sul bambino, né del ricco sul povero. Cristo vuole dire una
cosa diversa da quanto si pensa normalmente, ma i suoi interlocutori non
vanno da Lui per ascoltarlo, quanto piuttosto per metterlo alla prova.
Quindi ciò che dirà, a loro, non servirà perché essi non hanno
l’atteggiamento giusto: non vogliono ascoltare e non vogliono dialogare,
quindi non potranno imparare. Se non c’è incontro, se non c’è una
relazione vera non può avvenire una conoscenza.
Il loro interesse è, invece, quello di
tessere una trappola. Essi desiderano che Gesù spieghi qualcosa riguardo
al testo di Deuteronomio 24, in cui viene detto che il marito può
ripudiare la moglie se commette qualcosa di vergognoso (il riferimento è
alla nudità). Il testo veterotestamentario, però, genera un’incertezza
poiché è passibile di diverse interpretazioni, e su questo alcuni
farisei lo provocano. Quel “qualcosa di vergognoso” può essere inteso
persino come una qualsiasi sciocchezza ed è perciò chiaro che Cristo
prenderà posizione a favore della donna, arrivando a dire quanto non sta
nel testo di Mosè, ossia che anche la donna può ripudiare l’uomo (Mc
10,11-12). Perciò, se così fosse, è meglio non sposarsi, diranno infatti
i discepoli in un altro passo (Mt 19,10).
Ma Gesù, conoscendo chi ha davanti,
prende le distanze e, a sua volta, chiede: “Cosa vi prescrive Mosè?” (Mc
10,3). È da notare che Gesù dice: “a voi”, “cosa prescrive a voi”. Egli
non si pone sotto la legge e denuncia che quella legge è per la durezza
del loro cuore (cf Mc 10,5). Qui c’è la grande novità del discorso di
Cristo: è inutile discutere di una questione che rimane priva di senso,
visto che il problema sta da un’altra parte. Il punto è la durezza del
cuore. La durezza dell’uomo era tale che era in grado di cacciare via la
donna e lasciarla senza alcuna protezione. Per questa ragione Mosè
impone di scrivere almeno un foglio di ripudio.
Dietro al significato immediato di
questa durezza del cuore maschile ce n’è un altro più profondo, quello
già annunciato dai profeti: ci vuole proprio un uomo nuovo, un cuore
nuovo, perché il peccato ha così danneggiato l’immagine dell’uomo che
egli non è più capace di amore e si ferma solo sulla convenienza legale,
su come aggiustare le cose sempre e solo a proprio vantaggio. I farisei
si rifanno alla legge, ma Cristo rimanda subito alla visione di Dio e
alla creazione: quando il Creatore li fece maschio e femmina perché
diventassero una sola carne. All’uomo ha affidato il compito di dare i
nomi alle creature, ovvero gli ha riconosciuto l’intelligenza per
cogliere l’essenza, l’essenziale delle cose. Ma questa conoscenza
evidentemente rimane sterile se non sfocia in una relazione, in una
amicizia. È una conoscenza che non serve all’uomo. Il peccato in qualche
modo ha portato l’uomo a questo livello: di avere conoscenza ma non
avere amore. Perciò conveniva “che Dio – per il quale e dal quale
esistono tutte le cose, rendesse perfetto per mezzo delle sofferenze il
capo che guida alla salvezza” (Eb 2,10), come ci ricorda la seconda
lettura. È Cristo che ha abbattuto il muro di separazione che era
frammezzo, cioè l’inimicizia, annullando per mezzo della sua carne la
legge fatta di separazioni e decreti (cf Ef 2,14-15).
Il peccato separa conoscenza e amore e
lascia l’uomo isolato. Questo modo di esistere da individualista non è
secondo Dio, perciò Dio crea per l’uomo un aiuto che gli corrisponda.
Pavel Evdokimov nel suo testo “La donna e la salvezza del mondo”
sottolinea proprio che non è per un generico aiuto all’uomo che viene
creata la donna, ma per un aiuto ontologico, un aiuto che gli
corrisponda, un aiuto cioè che lo faccia uscire dall’isolamento e crei
una relazione. Lì si realizza il compimento della creazione, cambia il
modo di esistere dell’umanità perché il modo di esistenza secondo Dio
include l’altro, il trópos di Dio include l’altra persona. Allora Adamo comincerà ad esistere al modo di Dio, avrà un alter,
avrà una relazione fondante. Diventerà una persona, direbbe Zizioulas. E
include l’altro che è di lui ma è diverso. Solo il diverso può creare
una relazione, perciò uomo e donna li creò (cf Gn 1,27; 5,2). Il nome
che Adamo dà all’osso delle sue ossa, alla carne della sua carne è
donna, ovvero donatrice della vita. Perché adesso ci sarà la vita, prima
non c’era.
L’esistenza di Dio fa leva proprio sulla
diversità. Dio esiste perché non è solo Padre ma è anche Figlio e
Spirito Santo, questa è l’esistenza di Dio. Mentre noi, quando siamo
avvelenati dal peccato, percepiamo la diversità come minaccia e
cerchiamo di azzerarla, di annullarla per creare l’unità ed essere
rassicurati. Contro questo Dio reagisce. Questo è un pensiero
imperialista: “tutta la terra ha una sola lingua e le stesse parole” (cf
Gn 11,1.3). Così si diventa mattoni e non pietre. I mattoni vengono
costruiti con uno stampo, sono tutti uguali, mentre le pietre, seppur
tagliate, non saranno mai uguali l’una all’altra.
Possiamo anche oggi vedere qualcosa di
simile quanto si desidera azzerare la diversità. Infatti, culturalmente
sembra dare fastidio già la diversità fondante, quella che fonda
l’esistenza dell’uomo e della donna. Ma l’amore costituisce la
diversità. Il lavoro del male è veramente molto profondo e molto
raffinato nel voler azzerare la diversità.
Perciò è ancora più preziosa la fine di
questo brano di vangelo, quando appaiono i bambini. Li vogliono
allontanare perché ritengono che le parole di Gesù non siano cose per
loro ma Gesù dice apertamente che a chi è come loro appartiene il regno
di Dio e chi non accoglie il regno come un bambino non entrerà in esso
(cf Mc 10,14-15).
La capacità che ha un bambino di affidarsi è la misura dell’accoglienza che supera ogni regola.
Il vangelo in poche parole