Quando
pensi di avere tutte le risposte, la vita ti cambia tutte le domande.
Charlie
Brown
“Ci
sono domande?”. E talvolta segue un silenzio imbarazzante.
Quando faccio lezione avverto quel silenzio come una pugnalata, un
problema, un’emergenza. Il mio corpo si predispone al peggio: non
sarò stato chiaro? Sono stato noioso, veloce, complicato? Attimi di
panico…
Nel mondo antico, Socrate risolveva il problema
alla radice: le domande le faceva lui. E si vantava di aver
condotto passo dopo passo il povero servo o il discepolo malcapitato
a riscoprire la verità che inconsapevolmente già si portava dentro.
Ecco perché, nonostante i possibili accostamenti che sono stati
proposti tra Socrate e Gesù, qui c’è invece una grande
differenza: Gesù si lascia interrogare… fino a quando sono i
discepoli stessi, quelli che dovrebbero imparare da lui, a non avere
più il coraggio di fare domande.
Questo discepolo che smette
di fare domande mi ricorda molto l’uomo di oggi, l’uomo
qualunque che pensa di avere già tutte le risposte, l’uomo che non
cerca più, per pigrizia, per indolenza, per paura di trovare
risposte scomode. Non facciamo più domande. Abbiamo paura di essere
messi in discussione. Preferiamo le risposte preconfezionate. Non ci
poniamo più il problema di capire. Compriamo soluzioni già pronte,
solo da scaldare.
Fare domande implica la capacità di
ascoltare. Occorre fare silenzio. Prendere consapevolezza di
essere davanti a un altro, dal quale aspettiamo una risposta. La
domanda può nascere solo dentro una relazione. Quando le relazioni
si spezzano, anche le domande si spengono. Forse non a caso, Gesù
riparte proprio da questo atteggiamento fondamentale: Ascolta,
Israele! Se ti disponi ad ascoltare, vuol dire che riconosci di
essere in una relazione, vuol dire che ti sei accorto di non essere
il solo, c’è un altro davanti a te.
Forse non ascoltiamo e
non facciamo più domande proprio perché siamo rapiti dal nostro io,
non vediamo altro che le nostre ragioni, le nostre esigenze, le
nostre preoccupazioni. Viaggiamo raggomitolati nella coperta del
nostro io.
Il grande comandamento che Gesù ci mette davanti
è infatti il superamento della chiusura nel nostro io.
In fondo è questa la sintesi dei comandamenti che Gesù propone.
Per
comprendere la risposta di Gesù possiamo partire dalla dimensione
che sperimentiamo in modo più immediato: il prossimo
ovvero il vicino. Quando traduciamo questa parola, ci
rendiamo conto di quanto sia drammatica: il problema inizia quando
l’altro è vicino. Lo straniero è un problema quando diventa
vicino. La fatica quotidiana è quella che viviamo con chi occupa il
mio spazio, il mio posto auto, il mio ufficio, il mio letto, il mio
bagno…L’altro diventa un’impresa ardua da affrontare, quando mi
mette in questione, quando fa vacillare le mie sicurezze, quando
calpesta i miei diritti…
La proposta di Gesù è un gioco
di ruolo: prova a metterti dalla parte dell’altro. Se
tu fossi l’altro, come vorresti essere trattato? Forse è qui
che comincia il nostro silenzio. Davanti a questa domande emergono le
nostre insicurezze. Forse mi rendo conto che non mi amo abbastanza,
forse mi accorgo che il primo a trattarmi male sono io. Ama chi
ti è vicino come se fossi tu! Ma io, come mi tratto, come mi
vedo, che relazione ho con me stesso? Mi ascolto?
Ma Gesù
invita ad andare ancora più in profondità per cercare il criterio
dell’amore fuori di noi. Gesù ci invita a uscire dal
nostro io per orientarci verso la fonte della nostra vita. Amare Dio
vuol dire uscire dai miei deliri di onnipotenza. Vuol dire
riconoscere che io non sono il primo, non sono l’origine di me
stesso, non possiedo la mia vita. Amare Dio vuol dire riconoscere di
essere davanti a Colui che desidera stare con me per sempre. Sono
davanti a Colui che continuamente è disposto a perdonarmi. Ecco, è
qui il criterio dell’amore. La vita diventa restituzione, risposta,
responsabilità.
L’amore per Dio e per il prossimo sono la
nostra ancora di salvezza perché ci svincolano dal nostro io.
Senza questo amore non possiamo che impazzire nei nostri deliri,
diventando schiavi delle nostre ragioni.
Il vangelo in poche parole