Ai tempi di Gesù era normale rivolgersi ai rabbini (gli esperti della Legge!) per sottoporre loro
questioni non solo religiose, ma civili; nel testo non è neppur chiaro come stavano esattamente le
cose tra i due fratelli, ma questo non interessa all’evangelista, né dunque deve interessare al lettore.
Quello
che sta a cuore a Luca è mostrare l’insegnamento che Gesù dà ai suoi
ascoltatori (e a tutti noi, ovviamente): il Maestro si rifiuta di
dirimere la questione ed esclama: “Guardatevi e tenetevi lontani da ogni cupidigia!” Cioè: il problema più importante non è la divisione dell’eredità, ma la
consapevolezza del senso e della destinazione della propria vita, in cui la cupidigia svolge un ruolo
solo negativo. Possiamo dire che proprio qui, nell’astenersi dalla cupidigia, sta uno dei due
fulcri, o elementi portanti del brano.
Che cos’è la “cupidigia”? Il dizionario la definisce “desiderio sfrenato, bramosia, avidità, con un
senso di eccesso condannabile in sé e per le conseguenze”: è il non sapersi accontentare, il volere
sempre di più, senza essere mai soddisfatti; è l’accumulare senza limiti. Perché Gesù invita ad
evitarla, a starne lontani?
Fondamentalmente perché rappresenta una colossale illusione, che inganna pesantemente l’uomo.
L’inganno consiste nel fatto che chi possiede molti beni (mobili e immobili) si crede al sicuro,
avvantaggiato, protetto da fame e indigenza, e anche dotato di una certa superiorità sugli altri, o
addirittura di un grande potere: crede di poter “acquistare” tutto quello che vuole! Pensa di poter
perfino “comprare” le persone o gli affetti: quali costosissimi regali non fa certa gente per
accaparrarsi l’affetto di un figlio?
Dicevamo:
il ricco crede……pensa…… ; ma in realtà non è affatto così. Infatti Gesù
aggiunge una chiara motivazione al suo invito: “Guardate e tenetevi lontani da ogni cupidigia, perché anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende dai suoi beni” (v.15)
e prosegue con un’eloquente esemplificazione: la vicenda di un uomo
ricco che si propone costruire magazzini più grandi per contenere un
raccolto particolarmente abbondante e pensa così di poter godere dei
suoi beni per molti anni, in tutta tranquillità. “Ma Dio gli disse: ”(v.20).
Ecco, qui troviamo il secondo fulcro del brano: stolto! - dice Dio a quell’uomo. Perché stolto?
Il termine, nell’originale greco (afron), indica un uomo non avveduto, imprudente, senza buon
senso. E perché quel ricco è stolto? Certo, non ha messo in pratica quegli insegnamenti contenuti
nei libri sapienziali delle Scritture che pure doveva ben conoscere:
“Il ricco…mentre dice:..”ora mi godrò i miei beni”, non sa quanto tempo ancora trascorrerà; lascerà tutto ad altri e morirà” (Sir.11,19)
“A uno Dio ha concesso beni, ricchezze, onori e non gli manca niente di quanto desidera; ma Dio
non gli concede di poterne godere, perché è un estraneo che ne gode.” (Qoelet 6, 2)
Inoltre
egli ha trascorso tutta la vita pensando solo a sé: il brano è
frequentemente scandito dal soggetto di prima persona “io” e dal
possessivo “miei”.
Infine non ha minimamente pensato al momento della morte, destino di ogni uomo.
La conseguenza-conclusione di tale vicenda è espressa da Gesù in termini molto netti: “Così è di chi
accumula tesori per sé, e non arricchisce davanti a Dio” (v.21).
E’ da notare che Gesù non condanna le ricchezze in quanto tali, ma l’accumularle “per sé”, il non
condividerle. L’atteggiamento opposto, e indicato da Gesù come quello positivo, è “arricchire
davanti a Dio”.
In che consiste quest’altra “ricchezza”? Ovviamente non si tratta di beni materiali,
neppure
se destinati al culto di Dio. Si tratta di beni di tutt’altro tipo, di
natura “spirituale”: la condivisione (come dice Gesù subito dopo: date
in elemosina…), la compassione, la misericordia, la solidarietà, la
attenzione e il soccorso verso il fratello, insomma gli innumerevoli volti
dell’AMORE, il dono più grande che Dio ha fatto all’uomo.
E a questo punto risulta chiara anche la frase pronunciata da Gesù in risposta a colui che gli
chiedeva di dirimere la questione dell’eredità con il fratello: “la vita dell’uomo non dipende dai
suoi beni”; vita qui è da intendersi nel senso più largo: sia quella terrena, che quella dopo la morte,
nell’aldilà.
Nel primo caso non è forse vero che chi viene a trovarsi in gravi problemi di malattia, solitudine,
dolore per la perdita una persona cara….avrà senz’altro accanto a sè ad aiutarlo e confortarlo le
persone (se non tutte, almeno qualcuna….) che egli ha amato e aiutato nel momento del bisogno?
Per quanto poi riguarda l’aldilà, noi – dice la Scrittura - “saremo giudicati sull’amore”; dunque,
quanto più avremo amato e saremo stati “prossimo” per gli altri, tanto più grande sarà la nostra
ricompensa: “fatevi borse che non invecchiano – dice Gesù nel seguito del discorso – un tesoro
inesauribile nei cieli, dove i ladri non arrivano e la tignola non consuma” (Luca 12, 33)
Possiamo allora concludere che l’investimento più avveduto, quello dell’uomo saggio (e non
stolto) è quello dell’amore!
Il vangelo in poche parole