Gruppo missionario

La missionarietà è una delle caratteristiche fondanti della Chiesa. Non c’è Chiesa se non c’è la voglia di testimoniare il vangelo e di annunciarlo con le opere, le parole, la vita, l’esempio. La vita di ogni comunità cristiana poggia infatti sui tre pilastri dell’annuncio della Parola di Dio (catechesi), della liturgia (celebrazione) e della testimonianza della carità (servizio).

Oltre alle diverse iniziative singole a sostegno di missionari o altre proposte occasionali (vedi adozioni a distanza, negozi equosolidali, stampa missionaria, ecc.), anche nella nostra Valle si è costituito un gruppo di persone che ha come scopo di tenere viva nelle parrocchie l’attenzione verso la missionarietà e l'apertura della comunità cristiana e, in qualche circostanza, organizzare anche qualche raccolta di soldi o di altri beni a sostegno delle opere missionarie.

Per saperne di più, puoi consultare il sito www.centromissionariocomo.it oppure, per uno sguardo nazionale, vai su: www.chiesacattolica.it, alla voce “missio” .

Avvisi

"Capisci ciò che leggi?" - Lettura continua del Vangelo di Marco: Mc 8,27-33

Mc 8,27Poi Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: "La gente, chi dice che io sia?". 28Ed essi gli risposero: "Giovanni il Battista; altri dicono Elia e altri uno dei profeti". 29Ed egli domandava loro: "Ma voi, chi dite che io sia?". Pietro gli rispose: "Tu sei il Cristo". 30E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno.
31E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell'uomo doveva soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere. 32Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. 33Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: "Va' dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini".


L’episodio comincia con una domanda:» Chi dice la gente che io sia?». Le risposte che danno i discepoli corrispondono a quello che pensa e dice la gente. Sono risposte positive, che esprimono rispetto e stima per Gesù, ma rimangono incomplete perché cercano di spiegare il mistero di Gesù accostandolo ad altri personaggi pur grandi della storia della salvezza. Tutte queste risposte non riescono ad esprimere la novità e l’unicità della persona del Cristo.

Gesù pone ai discepoli una seconda domanda, diretta, personale:» E voi, chi dite che io sia?». Risponde Pietro: «Tu sei il Cristo». La risposta corrisponde a verità, ma va chiarita nel suo contenuto. E’ per questo che Gesù proibisce ai discepoli di parlare di lui alla gente e inizia a svelare loro la sua vera messianicità: quella del Cristo che deve soffrire e morire. Egli non è il liberatore nel senso voluto dai giudei, ma il Salvatore nel senso voluto da Dio. Il Cristo «deve» percorrere il cammino che lo porterà alla croce (v. 31) per fare il sacrificio della propria vita per la salvezza di tutti. Gesù è il Figlio dell’uomo incamminato verso la croce. Da questo punto in avanti, il tema della croce e della risurrezione è, in un certo modo, l’unico tema trattato, perché tutto gira attorno ad esso. Gesù è il Messia sofferente, il Servo di Dio disprezzato, abbandonato dagli uomini e destinato ad una morte infame (cf. Is 53).

Siccome l’idea che i discepoli hanno sul Messia è insufficiente, Gesù incomincia un nuovo insegnamento, una nuova rivelazione (vv. 31–32). E proprio Pietro, che aveva proclamato con sicurezza: «Tu sei il Cristo», si oppone violentemente alla nuova rivelazione di Gesù. Il Messia che lui e i suoi compagni attendono è uno che all’occorrenza uccide gli altri, non uno che mette nel suo programma la propria sconfitta e la propria morte. Ma Gesù è il

Cristo come lo vuole Dio, non come lo vorrebbero gli uomini. Egli è venuto per cambiare il mondo, e questo richiede, come prima cosa, il capovolgimento del modo di pensare degli uomini e il cambio di direzione per ritornare a Dio (cf. Mc 1,15).

E qui viene spontanea una considerazione. Opponendosi alla passione e morte di Gesù, Pietro crede di fare il vero bene di Gesù e di tutti, di dimostrargli un amore grande e di dargli un consiglio eccezionale. Di fatto, però, svolge il ruolo di satana che tenta di distogliere Gesù dall’obbedienza al Padre. Il diavolo tentatore prova nuovamente il colpo che non gli era riuscito nel deserto (cf. Mc 1,12–13): Gesù, che non aveva ceduto alla tentazione del nemico, forse cederà alle insistenze del miglior amico. Ma Gesù resiste a viso aperto. Quante azioni sataniche si compiono «a fin di bene, per amore,...», ma in direzione opposta a quella insegnata e percorsa da Gesù!

La teoria del vangelo è molto chiara. Dio è amore che dona la vita e giunge alla risurrezione attraverso la povertà, l’umiltà e l’umiliazione della morte in croce. L’uomo è egoismo che cerca di salvarsi e produce morte attraverso la ricerca dell’avere, del potere e dell’apparire. Questi due modi di essere e di comportarsi sono inconciliabili tra loro. Quando il cristiano, «a fin di bene», vuole costruire il regno di Dio con il materiale scartato dal Cristo (avere, potere, apparire), in realtà costruisce il regno di satana. Indossa la divisa di Cristo, ma gioca nella squadra avversaria e, in questo modo, gli è più facile far vincere il suo vero padrone, il diavolo. Anche su questo Gesù ci ha preavvisati:» Guardatevi dai falsi profeti, che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci» (Mt 7,15). I falsi profeti sono i cristiani che dicono e fanno diversamente da quello che insegna il vangelo. Il vero cristiano è colui che segue Gesù crocifisso, rinnega se stesso, prende la sua croce e lo segue, povero, umile e umiliato, verso il Calvario per morire e risuscitare con lui.

02/12/2018 Categoria: Torna all'elenco