Buongiorno suor Chiara,
Nei
giorni scorsi è stato ricordato il 50° anniversario della Caritas. Al di
là delle celebrazioni e degli anniversari, mi è sembrata una buona
occasione per ricordare un volto importante della Chiesa, quello che si
mette al servizio degli ultimi e che è per le strade accanto alle
persone di cui nessuno si occupa, e che a volte passa in secondo piano
quando al bar si sente discutere dello “stipendio” dei sacerdoti (che
peraltro, per quanto ne sappiamo, non è poi così cospicuo). Che cosa ne
pensa? Grazie di cuore, un saluto e una preghiera
Luca
Senza alcun dubbio, caro Luca! La Caritas non solo ci ricorda il
volto della Chiesa che si mette a servizio degli ultimi, ma lo esprime e
lo rende visibile attraverso la scelta preferenziale per i poveri.
Questo organismo pastorale, voluto da san Paolo VI, ha il mandato di
promuovere la testimonianza della carità nello spirito del Concilio
Vaticano II perché la comunità cristiana sia soggetto di carità. Se il
servizio caritativo venisse a mancare, l’annuncio del vangelo ne sarebbe
gravemente compromesso, la fede rischierebbe di diventare un’ideologia
oppure un pio intimismo con un “dio” fatto, più o meno, a nostra
immagine e somiglianza.
La concretezza della vita, segnata anche da situazioni di disagio e
di esclusione, al contrario chiama il credente ad un impegno concreto e
solidale. Il cristiano, infatti, è colui che in nome di Cristo e spinto
dal suo amore si rimbocca le maniche, dandosi da fare anche per lenire
le sofferenze dei fratelli e aprire uno spiraglio di speranza nei cuori
feriti di molti fratelli.
La fede nel Dio di Gesù Cristo, celebrata nei riti e nelle liturgie,
si invera proprio nella quotidianità, dove i cristiani incontrano tanti
fratelli e sorelle ai margini dalla vita sociale. Per il discepolo di
Gesù non è possibile by passare il povero e l’emarginato; ciò non è
filantropia, ma oserei dire…. “cristologia”, giacché le membra dei
poveri sono le stesse membra di Cristo.
Nella Chiesa, la Caritas è chiamata e inviata proprio rendere
presente questa dimensione insostituibile della nostra fede e siamo
grati a tutti coloro che si spendono senza misura per questo, anche
rischiando la vita. Un testimone, che è un esempio per tutti noi è don
Roberto Malgesini della diocesi di Como, ucciso proprio mentre si
accingeva a servire i suoi poveri. Il suo vescovo lo ha definito così:
«Don Roberto ha svolto il suo ministero in una dimensione veramente
pastorale, si è donato a tutti perché, mi ripeteva spesso, “I poveri
sono la vera carne di Cristo”. Il suo servizio era rivolto alle singole
persone per poter far sperimentare la tenerezza di Dio che si piega e si
china sulle persone bisognose».
Don Roberto e molti altri come lui hanno saputo percorrere ciò che
papa Francesco ha indicato, alle Caritas italiane riunite per celebrare
il cinquantesimo anniversario di fondazione il 26 giugno u.s.: la via
degli ultimi, la via del Vangelo e la via della creatività. Non mi
soffermo a commentarle, lascio al lettore la possibilità di rielaborarle
personalmente; oso, tuttavia, pensare che su questi sentieri siamo
tutti chiamati a camminare, ciascuno secondo le proprie possibilità e la
propria vocazione, nella comunione ecclesiale.
La carità è creativa e ciò costituisce una grande sfida ai nostri
giorni, caratterizzati dalla cultura dello scarto. Ne siamo consapevoli:
l’urgenza ci interpella e ci invita a tenere gli occhi bene aperti
sulla realtà nella quale viviamo per cogliere, nelle sfide attuali, una
particolare chiamata del Signore a individuare sentieri percorribili che
risollevino il cuore oppresso di tanti nostri fratelli e sorelle.
Che il Signore illumini i nostri occhi e ci renda capaci di compiere
scelte concrete nella carità, così da rendere testimonianza all’Amore di
Cristo.