Sono invitato in un Vicariato a
parlare di laici e Concilio. Sala piena, molto interesse, alcune
domande. Al termine, in diversi mi chiedono l’indirizzo email. Nei
giorni successivi molti mi scrivono. Raccontano con passione dei loro
tanti impegni nella comunità, della fatica a conciliare i tempi ma anche
della gioia di mettersi a servizio. La gran parte si sofferma sulla sensazione di sentirsi tagliati fuori dalle scelte importanti della parrocchia.
Di Consigli Pastorali che si trascinano stancamente e che finiscono,
quasi sempre, con l’approvare decisioni già prese dal parroco o
formalmente solo sottoposte al confronto.
IL LAICO OBBEDIENTE
E’ evidente che non si può né si deve
generalizzare. Potrei scrivere di vicende analoghe ma con altro segno.
E’ indubbio però che molto spesso nella chiesa pare valere il principio
della “piramide sospesa” (cosi la chiama un teologo), in cui tutto
(di)pende dal vertice, come se si fosse entrati nel regno del
clericalismo che comporta la negazione del senso della laicità. L’aver
parte della comunità ecclesiale è posto perciò sotto il sigillo
dell’appartenenza e i fedeli sono considerati, in pratica, dei sudditi
la cui virtù prima sta nell’obbedienza: attiva, collaborativa,
consapevole ma pur sempre obbedienza. Una visione che, a dispetto delle
molte parole, sviluppa un sottile e nuovo tipo di clericalismo e
permette il germoglio di laici più clericali dei preti. Nessuno
dimentica che sotto l’impulso del Vaticano II, il primo concilio che
dedica uno specifico documento ai cristiani laici e che, pur con alcune
ambiguità, cerca di superare la tendenza volta a definire i laici
innanzitutto per quello che essi non sono (il laico è un fedele che non ha ricevuto l’ordine sacro o che non vive in uno stato di vita consacrata), molte strade di valorizzazione sono state percorse. Pensiamo alla marea di catechisti, ai lettori e agli animatori liturgici, ai tanti impegnati, con grande generosità, nelle opere di carità delle nostre parrocchie.
CHIESA CLERICALE
Eppure è evidente che la Chiesa si pensi e si strutturi ancora oggi in modo clericale.
Certo non si può negare né ignorare il retaggio di una lunga storia.
Certo, non si può negare nemmeno che i laici cattolici facciano fatica
ad essere adulti, non solo nella fede ma anche nella cultura. Sono
convinto che la crisi culturale sia ancora più forte di quella della
fede. Un confronto tra il livello culturale del laicato cattolico di
oggi e quello di qualche decennio fa è impietoso. Certo non aiuta aver
deliberatamente azzerato qualunque forma di opinione pubblica
all’interno della chiesa.
Da qualche parte bisogna partire. Perché la questione del laico è al cuore delle sfide pastorali che le nostre comunità parrocchiali devono affrontare. Perché la questione del laico è la questione del cristiano, che, in forza del battesimo, appartiene al popolo di Dio e ha il compito di rendere umana la terra che abita. E dunque la formazione della sua coscienza
è un impegno decisivo della comunità ecclesiale. Infine perché i
numeri, in discesa verticale, dei preti nelle nazioni europee stanno ad
indicare la fine, prossima, di un modello che ha retto con sapienza dal
Concilio di Trento in poi ma che è destinato a crollare. Prima di
quanto si pensi.
Naturalmente subire il cambiamento per la forza dei fatti è ben altra
cosa che governarlo in virtù della propria libertà spirituale; per
questo oggi si può e si deve sperimentare quello che sarà inevitabile fare domani. Qualcosa si sta muovendo. Mi chiedo se non serva ancora più coraggio.
In una mail che mi è stata spedita, trovo scritto. «Guardo l’elenco
degli Uffici di Curia. Gestiti da persone in gamba. Guarda caso, tutti
preti. Che ci si occupi di lavoro o di arte, di denaro o di missioni,
di scuola o di famiglia. In attesa che cresca un sentire ecclesiale,
forse il segnale, anche a questo livello, bisognerà pur darlo. O no?»
Voi che ne dite?
IL TUO PARERE
I preti decidono i laici obbediscono. È vero? Quando è vero?
Che cosa pensi della proposta di affidare a laici la direzione di alcuni uffici di curia?