Gruppi volontari

In tutti i nostri paesi esistono diversi gruppi, costituiti formalmente oppure spontanei, che in diverse occasioni dell’anno promuovono, organizzano e animano incontri, feste, tornei, gite, corsi di formazione, spettacoli, teatri, serate a tema, sagre, eventi sportivi, culturali, artistici, musicali, ecc.

Molte persone offrono il loro impegno a pi gruppi e donano buona parte del loro tempo libero al servizio degli altri senza nessun fine di lucro, solo perché credono al valore di ciò che fanno. I nostri paesi devono moltissimo a questa numerosa schiera di volontari che, chi più in vista, chi più nel nascondimento, impiegano tempo, forze, risorse ed energie per creare occasioni di aggregazione sana, vivace, bella e arricchente, preziose sia per i residenti che per i turisti.

Alcune di queste attività hanno anche un risvolto sociale, perché ci si mette al servizio degli altri in un’ottica educativa o di aiuto e sostegno alle persone: si pensi ad alcune proposte rivolte ai bambini, ai ragazzi, ai giovani, alle famiglie; a chi ha bisogno di ascolto, accoglienza, attenzione, integrazione; alle persone sole, anziane o fragili.

Alcuni di questi volontari operano direttamente all’interno delle proposte parrocchiali e il loro servizio è accennato nelle varie sezioni di questo sito. A tutti va il nostro apprezzamento e la nostra gratitudine.

Avvisi

@ Diario di un prete: Fanatismo e talebani

@ Diario di un prete: Fanatismo e talebani

Il mio nonno paterno buonanima faceva il sagrista. L’ha fatto per ben sessantacinque anni. Pensate! Era talmente integrato con la sua chiesa da far pensare ai passeri e alle rondini, del salmo 84, che fanno il nido con tutta la naturalezza nel tempio stesso di Dio.

IL NONNO ADAGINO

Si chiamava Luigi, ma lo chiamavano tutti nonno Adagino, perché prendeva le cose sempre senza stroppiarsi per la fretta. Per ornare la sua chiesa, per esempio, anziché i due o tre giorni che sarebbero stati più che sufficienti, impiegava anche quindici giorni.

Era un piacere aiutarlo e io ero uno dei suoi nipoti più assidui. Spessissimo interrompeva il lavoro e con l’aiutante di turno si sedeva su un banco o perfino su un cornicione e sciorinava una litania inesauribile e assai gustosa di aneddoti. Ne aveva su tutto: sui parroci che aveva servito e anche sui predecessori di cui aveva solo sentito parlare, sulle vicende anche segrete e non sempre edificanti del paese, sulle figure più caratteristiche della sua storia, sulle sue vicissitudini personali.

Pur facendo le cose benissimo, non era però un perfezionista. Lungi da lui. Diceva anzi mille volte: «Non preoccuparti. Tanto, il Preciso è morto e il Pressapoco è malato grave». Così si lavorava senza ombra di ansia.

Un giorno mi raccontò un aneddoto piccolo piccolo, quasi un’inezia, ma che lo faceva ridere ancora anche dopo moltissimi anni e che per me fu illuminante per sempre, tant’è che me lo ricordo ancora. Stavamo togliendo le ragnatele dagli stucchi e dagli angoli della chiesa. Era un’operazione che si faceva almeno una volta all’anno, come la confessione di precetto. Ci servivamo di una pertica alla cui sommità era fissato uno scopino di piume, morbido per non fare danni.

LE RAGNATELE CHE NON SI VEDONO

Lavoravamo in silenzio da un bel po’ quando sbottò a dire: «Un giorno il tuo papà mi aiutava a togliere le ragnatele come stiamo facendo oggi e ad un certo punto mi chiese: “Babbo, devo togliere anche le ragnatele che non vedo?”».

Il nonno rise sonoramente mentre raccontava e poi continuò: «Sai che cosa gli ho risposto? Prova, se sei capace, a togliere le ragnatele che non si vedono». E rivolgendosi a me, concluse: «Era sciocco, non ti pare? Come si fa a togliere le ragnatele che non si vedono? Togli solo quelle che vedi, gli dissi. Si fa solo quello che si può, e poi si deve stare in pace».

Eravamo si potrebbe dire appollaiati sul cornicione alto della chiesa, quando nonno Adagino mi raccontò questa storia. Da lassù guardavo gli stucchi e mi pareva di vedere la scena.

Quante volte mi è tornato alla mente in seguito quella risata del nonno:«Togliere le ragnatele che non si vedono. Ti pare possibile? Roba da matti!».

Ci ho pensato ogni volta, e sono tante, che ho incontrato qualcuno che prendeva l’ulcera se non riusciva a fare l’impossibile. E ogni volta, come già quella prima volta, mi chiedevo perché mai delle persone intelligenti, tra le quali mi pareva giusto annoverare anche mio padre, potessero uscire in domande così evidentemente sciocche. Per farsi ben volere dal nonno di turno? Per sbattergli sotto il naso il proprio zelo forse un po’ sottovalutato? Per ansia perfezionistica pura e semplice? Chissà!

ECCO COME NASCONO I TALEBANI

Ne parlai un giorno con l’amico parroco di Belsito e anch’egli ridacchiò come il nonno.

«Tuo padre è stato fortunato – mi disse – per aver avuto avuto la correzione sferzante di tuo nonno. Poteva finir male, sai, quella storia delle ragnatele, perché è così che nascono i fanatici, gli intolleranti e i normalizzatori irriducibili, quelli che nel campo nostro sono più papalini del Papa».

«Öh, dai! – obbiettai io – Non ti pare di esagerare? ».

«Nemmeno per sogno. Prova soltanto a giocare con la domanda di tuo padre e alle ragnatele sostituisci, che so, qualcuno che, nella società o nella Chiesa…, nella tua parrocchia, nel tuo gruppo, sia decorativo come una ragnatela nera e polverosa. Quella frase innocente che cosa diventa? Babbo, o vescovo, o papa, o presidente, o ispettore, devo togliere di mezzo anche i cattivoni che non si vedono? Anche i dissenzienti, i deviati che non si notano? La caccia alle streghe, mio caro, nasce così. Non dimenticarlo mai».

don Giacomo Panfilo


Da www.santalessandro.org

06/04/2019 Categoria: Torna all'elenco