“Il mio nome è Shahbaz Bhatti.” Così inizia il testamento scritto dal ministro pachistano delle minoranze religiose, ucciso il 2 marzo di sei anni fa da terroristi islamici perché “cristiano, infedele e bestemmiatore”.
Uno straordinario testamento
Il documento è uno dei testi più belli che mi è capitato di leggere sul valore e il senso dell’esperienza cristiana.
Sono nato in una famiglia cattolica. Mio padre,
insegnante in pensione, e mia madre, casalinga, mi hanno educato secondo
i valori cristiani e gli insegnamenti della Bibbia, che hanno
influenzato la mia infanzia. (…) Non voglio popolarità, non voglio
posizioni di potere. Voglio solo un posto ai piedi di Gesù. Voglio che
la mia vita, il mio carattere, le mie azioni parlino per me e dicano che
sto seguendo Gesù Cristo. Tale desiderio è così forte in me che mi
considererei privilegiato qualora — in questo mio battagliero sforzo di
aiutare i bisognosi, i poveri, i cristiani perseguitati del Pakistan —
Gesù volesse accettare il sacrificio della mia vita. Voglio vivere per
Cristo e per Lui voglio morire. Non provo alcuna paura in questo paese.
Molte volte gli estremisti hanno desiderato uccidermi, imprigionarmi; mi
hanno minacciato, perseguitato e hanno terrorizzato la mia famiglia. Io
dico che, finché avrò vita, fino al mio ultimo respiro, continuerò a servire Gesù e questa povera, sofferente umanità, i cristiani, i bisognosi, i poveri. Credo
che i cristiani del mondo che hanno teso la mano ai musulmani colpiti
dalla tragedia del terremoto del 2005 abbiano costruito dei ponti di
solidarietà, d’amore, di comprensione, di cooperazione e di tolleranza
tra le due religioni. Se tali sforzi continueranno sono convinto che
riusciremo a vincere i cuori e le menti degli estremisti. Ciò produrrà
un cambiamento in positivo: le genti non si odieranno, non uccideranno
nel nome della religione, ma si ameranno le une le altre, porteranno
armonia, coltiveranno la pace e la comprensione in questa regione.
(…) I passi che più amo della Bibbia recitano: “Ho avuto fame e mi
avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero
forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi
avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi”. Così, quando vedo
gente povera e bisognosa, penso che sotto le loro sembianze sia Gesù a
venirmi incontro. Per cui cerco sempre d’essere d’aiuto, insieme ai miei
colleghi, di portare assistenza ai bisognosi, agli affamati, agli
assetati. Credo che i bisognosi, i poveri, gli orfani qualunque sia la
loro religione vadano considerati innanzitutto come esseri umani. Penso
che quelle persone siano parte del mio corpo in Cristo, che siano la
parte perseguitata e bisognosa del corpo di Cristo. Se noi portiamo a
termine questa missione, allora ci saremo guadagnati un posto ai piedi
di Gesù ed io potrò guardarLo senza provare vergogna”.
Per capire
Nelle scorse settimane Paul, fratello di Shahbaz, ha pubblicato un testo – Shahbaz, la voce della giustizia –
edito dalla San Paolo. Un testo utile per capire il percorso interiore
di un uomo capace di mostrare che di fronte alla prova più della vita
valgono le ragioni per le quali si vive (e per le quali si è disposti a
morire).
Un testimone della radicalità evangelica in una parte del mondo
lontana dai riflettori dei media (e dunque spesso anche dalla nostra
coscienza di credenti), un martire che non ha scelto la morte ma un modo
di vivere, quello di Gesù di Nazareth.
Come scrive nella sua introduzione Monica Maggioni, presidente della Rai:
È nei campi assolati di Khushpur che si costruisce il
senso di questa storia epica. Nella dinamica tra un fratello grande
chiamato a proteggere e guidare, e un fratello piccolo, Shahbaz, che ha
un dono, uno sguardo, una diversità, alla quale nessuno è immune. Un
carisma “dono di Dio”. Da questo villaggio povero e agricolo del
Pakistan, a maggioranza cristiana, creato da un missionario nel 1901,
Shahbaz giunge al suo incarico politico e poi al suo destino immenso e
tragico che affronta con serenità e determinazione.
Paul Bhatti ha lavorato come chirurgo in diversi Paesi del mondo.
Dopo l’assassinio del fratello è stato eletto presidente del Pakistan
Minorities Alliance e Ministro per l’Armonia Nazionale sotto il Governo
di Asif Ali Zardari. Egli confessa che “a volte non comprendevo e non
condividevo il comportamento di mio fratello” e faceva fatica a “capirne
i gesti di attenzione ai deboli e agli emarginati.”
Per capire il Pakistan e le minoranze cristiane perseguitate
Il libro, arricchito anche da una prefazione del Segretario di Stato
Parolin, è anche l’occasione per comprendere la vicenda di un Paese – il
Pakistan – di quasi duecento milioni di abitanti dove il 95 per cento
sono mussulmani, il 3 per cento indù o buddisti, il 2 per cento
cristiani. Un Paese chiave negli assetti geopolitici dell’area, spesso
al centro del terrorismo talebano.
Un Paese dove l’Islam è la religione di Stato (art.2 della
Costituzione) e il Corano e la Sunna “la legge suprema e la fonte guida
nella promulgazione delle leggi”. Dove spesso i non mussulmani subiscono
pesanti discriminazioni religiosi, sociali, economiche ed educative.
Esemplare, a questo proposito, è la vicenda di Asia Bibi, la giovane donna cattolica condannata a morte con l’accusa di aver offeso il profeta Maometto.
Ricordare Shahbaz Bhatti – un cristiano che si è speso per intero per
tutela dei poveri, degli emarginati e dei perseguitati di ogni culto – è
ricordare anche la fede coraggiosa e silenzio di decine di migliaia di
cristiani pachistani che cercano di custodire la fede nonostante le
molte prove che ogni giorno devono affrontare.