Corali Parrocchiali

Per permettere una partecipazione piena, attiva e consapevole di tutta l’assemblea, nelle celebrazioni liturgiche sono fondamentali le persone che animano la musica e il canto sacro.
Nelle nostre comunità ne esistono diverse che, o singolarmente o come coro, si offrono per animare e sostenere il canto liturgico nelle sante messe e nelle altre celebrazioni.
Le corali parrocchiali nascono proprio con questo intento, e cercano di essere presenti a tutte le celebrazioni domenicali e festive. Diverso è lo scopo di altri cori che, con grande professionalità e bellezza, si dedicano principalmente ai concerti e animano diversi momenti della vita religiosa e civile.

Alcune piccole attenzioni permettono alle corali parrocchiali di coinvolgere le persone presenti alle celebrazioni:

  • La collocazione dei coristi nei pressi dell’assemblea
  • La cura da parte del Maestro di rivolgersi all’assemblea per le parti da cantare insieme (acclamazioni ritornelli, ecc.)
  • La presenza su tutti i banchi di appositi sussidi ben leggibili con i testi dei canti
  • La scelta di canti pertinenti , non troppo difficili, adatti ad un’assemblea variegata
  • Una breve prova dei canti prima dell’inizio della celebrazione
  • La saggia alternanza tra canti, brani musicali, silenzio, e tra canti per tutti e qualche brano eseguito solo dal coro (per es. nei momenti più meditativi, dopo l’omelia, dopo la Comunione, ecc.)

Se in una parrocchia esiste un gruppo liturgico parrocchiale, incaricato di coordinare le celebrazioni, un prezioso contributo sarà dato proprio dalla competenza e dal servizio offerto dagli organisti, dai cantori e dai Maestri.
Tutti possono aggiungersi alle corali, basta avere un po’ di passione per la musica e il canto. Può essere per molti un’occasione in più per sentirsi parte della comunità, svolgere un servizio, crescere nella fede e nella conoscenza della liturgia.
Per una formazione permanente degli operatori della musica e del canto liturgico, da diversi anni l’Ufficio diocesano (ora guidato dai “nostri” don Nicholas Negrini e don Simone Piani) propone a fine estate un corso residenziale.
Per saperne di più, vai su www.diocesidicomo.it alla voce: ufficio per la liturgia, oppure su: www.liturgiacomo.org . Su questo sito sono scaricabili anche spartiti e svariati testi per le celebrazioni di tutto l’anno liturgico.

Avvisi

La Parola è la mia casa: L'abito nuziale (XXVIII TO anno A)

La Parola è la mia casa: L'abito nuziale (XXVIII TO anno A)

I testi della liturgia di domenica 15 ottobre 2017 da www.chiesacattolica.it


Il commento alle letture
(da www.ilregno.it)

L'ABITO NUZIALE
di Piero Stefani


La parabola degli invitati alle nozze (cf. Mt 22,1-14) è posta da Matteo subito dopo quella dei cattivi contadini che non restituiscono al padrone i frutti della vigna (cf. Mt 21,33-46). La dinamica delle due scene è antitetica: nella prima s’impedisce di entrare, nella seconda ci si rifiuta di farlo; il senso dei due brani è però lo stesso: respingere il Regno dei cieli (ora simboleggiato dal banchetto di nozze del figlio). Lo si può attuare sia con la violenza omicida sia con l’omissione (nella seconda parabola, nonostante le opere violente in essa descritte, a essere messo in evidenza è soprattutto il rifiuto). «Non fare» non è meno grave del «compiere il male». Non molte pagine dopo, Matteo lo ribadirà con la grande scena del giudizio, in cui si è condannati non già perché si è attuato il male, ma perché ci si è astenuti dal fare il bene («avevo fame e non mi avete dato da mangiare...»; cf. Mt 25,31-46).

A differenza di Luca (14,16-24, che peraltro pone la parabola in un altro contesto), Matteo aggiunge una parte finale relativa a chi non si comporta in conformità all’invito da lui accettato. Anche qui si pone in rilievo un’omissione: non aver indossato l’abito nuziale (cf. Mt 22,12). In virtù della sua collocazione, la parte conclusiva diviene lo snodo cruciale per comprendere la parabola. L’accoglimento implica responsabilità; accettare l’invito comporta indossare l’abito di nozze. Dopo di allora il giudizio di Dio si fa più esigente. Per essere sicuri di aver parte alla salvezza non basta dire «gli altri hanno rifiutato, mentre noi siamo entrati». Una volta preso posto nella sala, occorre comportarsi come richiesto dal luogo in cui ci si trova.

Rispetto al popolo d’Israele si legge: «Soltanto voi ho conosciuto tra tutte le stirpi della terra; perciò vi farò scontare tutte le vostre colpe» (Am 3,2). Dal canto suo, rivolgendosi alla comunità di Corinto Paolo rievoca alcune infedeltà compiute dal popolo ebraico nel suo soggiorno nel deserto. Lo fa per parlare non del passato, ma del presente: «Non mettiamo alla prova il Signore, come lo misero alcuni di loro (...) Non mormorate come mormorano alcuni di loro (...) Quindi chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere» (1Cor 10,9-12). L’accento batte su chi è dentro e non già su coloro che sono restati fuori. Nella Prima lettera di Pietro si legge che il giudizio inizia a partire dalla «casa di Dio» (1Pt 4,17). Nella Seconda lettera di Pietro il linguaggio diventa ancora più aspro: se, dopo essere fuggiti alle corruzioni del mondo, si resta di nuovo invischiati e vinti da esse (si pensi, nel senso alto e grave del termine, alle mondanità che albergano nella Chiesa) la condizione diviene peggiore di quella di quando s’ignorava «la via della giustizia» (2Pt 2,20-22).

La parabola evangelica ricorre a un linguaggio d’inusitata durezza per indicare la sorte di coloro che hanno respinto l’invito (cf. Mt 22,6), tuttavia la sua conclusione è incentrata su chi è privo della veste nuziale. In parole semplici riguarda «noi» non gli «altri». Il Regno dei cieli è raffigurato con l’immagine del banchetto di nozze del figlio. Se si vive la festa con gli abiti di tutti i giorni, si nega coi fatti la novità del Regno. Ci si comporta come chi sta fuori e si continua a essere presi dalle faccende legate alla vita di tutti i giorni, curandosi del proprio campo e dei propri affari. La parabola ci riguarda.

Per la misericordia di Dio, anche chi è privo dell’abito nuziale può però sperare di non essere gettato fuori nelle tenebre dove c’è pianto e stridore di denti (cf. Mt 22,13).


Il vangelo in poche parole


«
Solo chi ha quel vestito sa che cosa sia la gioia di stare alla festa del Regno». 

don Pasquale Pezzoli


Altri commenti affidabili, semplici, profondi

p. Marko Ivan Rupnik: www.clerus.va (testo)
Piero Stefani: www.ilregno.it (testo)
Enzo Bianchi: www.monasterodibose.it (testo)
p. Ermes Ronchi: www.avvenire.it (testo)
p. Alberto Maggi: www.studibiblici.it (testo; video)
don Claudio Doglio: dondoglio.wordpress.com (video; audio)
don Claudio Doglio: www.symbolon.net (testo)
p. Gaetano Piccolo: cajetanusparvus.com (testo)
Acli.it: vivere la domenica (testo)
sr. Mariangela Tassielli: cantalavita.com (testo)
Ileana Mortari (teologa): www.chiediloallateologa.it (testo)
Wilma Chasseur (teologa ed eremita): www.incamminocongesu.org/ (testo)
don Enzo Pacini (cappellano del carcere di Prato): www.toscanaoggi.it (testo)
Paolo Curtaz: www.tiraccontolaparola.it (testo, audio, video)
don Tonino Lasconi: www.paoline.it (testo)
Evangeli.net: Commento e breve spiegazione teologica in meno di 450 parole (testo)

Per chi vuole qualcosa di più: Lectio divina e meditazioni

Carmelitani: Lectio divina quotidiana(testo)
Combonianum.org: Lectio divina (testo)
Centro apostolato biblico: www.centroapostolatobiblico.it (testo)

14/10/2017 Categoria: Torna all'elenco