Consiglio pastorale

Il consiglio pastorale è un organo di comunione che, come immagine della Chiesa, esprime e realizza la corresponsabilità di tutti i fedeli (presbiteri, diaconi, consacrati e laici) alla missione della Chiesa, a livello di comunità cristiana parrocchiale. È il luogo dove i fedeli, soprattutto i laici, possono esercitare il diritto/dovere loro proprio, di esprimere il proprio pensiero ai pastori e comunicarlo anche agli altri fedeli, circa il bene della comunità cristiana: in tal modo esercitano nella Chiesa la missione regale di Cristo di cui sono stati fatti partecipi con i sacramenti del Battesimo e della Confermazione (CIC can. 536 § 1). L’azione pastorale ha come soggetto proprio non il solo parroco o responsabile di comunità pastorale, né i soli ministri ordinati con la collaborazione di qualche fedele, ma l’intera comunità cristiana e questa soggettività dell’intera comunità parrocchiale non può limitarsi a essere un’affermazione astratta, ma deve tradursi in realtà concreta.

La finalità principale del consiglio pastorale sta pertanto nel ricercare, studiare e proporre conclusioni pratiche in ordine alle iniziative pastorali che riguardano le parrocchie. Il CP è il primo e principale luogo dove la comunità cristiana, per vivere e comunicare il Vangelo, attua il “discernimento comunitario”, perché la Chiesa è inserita nel tempo che scorre dalla Pentecoste alla Parusia, e, attenta ai “segni dei tempi”, deve annunciare e offrire il Vangelo della salvezza agli uomini del proprio tempo.

In particolare è chiamato a:

  • analizzare approfonditamente la situazione pastorale della parrocchia o comunità pastorale;
  • elaborare il progetto pastorale, in sintonia con il cammino della Diocesi;
  • offrire il proprio contributo in ordine alle attività del consiglio pastorale vicariale;
  • avere attenzione a tutte le questioni pastorali, non esclusi i problemi pubblici e sociali della comunità, la cui trattazione e soluzione appaiono necessarie per la vita della parrocchia;
  • le questioni economiche della parrocchia di per sé sono di competenza del consiglio per gli affari economici (can. 537), tuttavia il consiglio pastorale sarà interessato a occuparsi anche degli aspetti economici, soprattutto dal punto di vista pastorale. In caso di decisioni relative a strutture della parrocchia, il consiglio pastorale è l’organismo che deve indicare soprattutto le linee orientatrici da adottare, lasciando al consiglio per gli affari economici l’impegno di occuparsi degli aspetti ‘tecnici’.

Avvisi

"Capisci ciò che leggi?" - Lettura continua del Vangelo di Marco: Mc 4,35-41

Mc 4,35In quel medesimo giorno, venuta la sera, disse loro: "Passiamo all'altra riva". 36E, congedata la folla, lo presero con sé, così com'era, nella barca. C'erano anche altre barche con lui. 37Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. 38Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: "Maestro, non t'importa che siamo perduti?". 39Si destò, minacciò il vento e disse al mare: "Taci, calmati!". Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. 40Poi disse loro: "Perché avete paura? Non avete ancora fede?". 41E furono presi da grande timore e si dicevano l'un l'altro: "Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?".



Il linguaggio vivo di questo racconto è come la sequenza di un film che coinvolge il lettore nell’evento. Pare incredibile che un passeggero se ne stia dormendo tranquillo durante una simile burrasca.

Il racconto richiama il Libro di Giona: «Il Signore scatenò sul mare un forte vento e ne venne in mare una tempesta tale che la nave stava per sfasciarsi. I marinai impauriti invocavano ciascuno il proprio dio e gettavano in mare quanto avevano sulla nave per alleggerirla. Intanto Giona, sceso nel luogo più riposto della nave, si era coricato e dormiva profondamente. Gli si avvicinò il capo dell’equipaggio e gli disse: «Che cos’hai così addormentato? Alzati, invoca il tuo Dio! Forse Dio si darà pensiero di noi e non periremo» (Gn 1,4–6).

Giona si dichiarò peccatore e si fece gettare in mare, e il mare placò la sua furia. Gesù è il Santo di Dio che domina il mare con la propria potenza divina.

Per comprendere la potenza dimostrata da Gesù in questa occasione, bisogna intenderla come un esorcismo della burrasca, e le parole con cui egli comanda al mare come una espulsione di demoni. Il potere di Gesù sul vento e sul mare dimostra che egli domina le potenze demoniache.

Gesù sgrida il vento come faceva con gli spiriti immondi (cf. Mc 1,25; 3,12). Con la stessa ingiunzione fa tacere il mare che contiene una moltitudine di demoni che ostacolano con tutte le loro energie l’andata di Gesù verso i territori pagani dove essi hanno il loro quartier generale.

L’uomo biblico considera il mare come il luogo dove si raccolgono le forze del male che solo Dio può dominare. I salmi, in particolare, contengono allusioni alla lotta vittoriosa di Dio contro il mostro marino del caos primitivo (cf. Sal 89,10–11; 93,3–4; 104,25–26), contro le acque del mare dei Giunchi o del fiume Giordano (cf. Sal 74,14–15; 77,17–21; 78,13) o, più semplicemente, contro i flutti che si accaniscono contro i naviganti (cf. Sal 107,23–30). L’azione di Gesù, come quella di Dio, è istantanea ed efficace.

I discepoli hanno paura di andare a fondo con Cristo, non hanno fede in lui. Il battesimo è andare a fondo con Cristo: essere associati a lui nella sua morte e risurrezione. Questo racconto è un’esercitazione battesimale per vedere se la Parola ha prodotto il suo frutto, cioè la fiducia di abbandonare la nostra vita nelle mani di Gesù che è morto e risorto.

Lo stesso giorno delle parabole, i discepoli falliscono l’esame. Ma l’esperimento non è inutile: li sveglia e suscita in loro la domanda: «Chi è dunque costui, al quale anche il vento e il mare obbediscono?». E questa è la domanda fondamentale del vangelo.

Il discepolo è colui che, dopo aver ascoltato la Parola, si affida a Gesù che dorme, e sulla parola del Signore, accetta di andare a fondo (morire con Cristo) nella speranza–certezza di emergere con lui a vita nuova (risorgere con Cristo). «Certa è questa parola: se moriamo con lui, vivremo anche con lui» (2Tim 2,11). L’alternativa a questa proposta di Cristo non è stare a galla, ma andare a fondo senza di lui.

La fede consiste nel non temere di andare a fondo con Gesù e accettare di dormire con lui che dorme per stare con noi. E’ affidare la nostra vita, la nostra morte e le nostre paure al Signore della vita, che si prende cura di noi proprio con il suo sonno (la sua morte che opera la salvezza).

Anche il particolare che descrive Gesù che dorme sulla poppa della barca non è secondario. La poppa è la parte della barca che va a fondo per prima. Gesù ci precede nel naufragio della morte e nel risveglio della risurrezione, per esorcizzare le nostre paure e suscitare in noi una fede fiduciosa e fattiva.

14/07/2018 Categoria: Torna all'elenco