Dopo più di 40 giorni di ospedale, nella mattinata del 5 maggio,
monsignor Derio è finalmente tornato a casa. Ancora debole, ma guarito
dal Covid19. Lo abbiamo accolto con un piccola delegazione e uno
striscione di “bentornato”. «Mi sento accolto in famiglia. Davvero ho
pensato di non farcela. Grazie a tutti voi che mi avete sempre
accompagnato». Sono state queste le prime parole del Vescovo,
visibilmente commosso e felice di poter tornare nel vescovado che aveva
lasciato il 19 marzo.
Con lui ho potuto fare una lunga chiacchierata durante la quale ha
voluto condividere la sua intensa esperienza e approfondire alcuni
spunti accennati durante gli ultimi giorni del suo ricovero.

Derio, che cosa ti rimane di questo lungo percorso di malattia e di guarigione?
Mi resta, innanzi tutto, un grande senso di riconoscenza per il
personale dell’ospedale. In questi 40 giorni, in tutti i reparti in cui
sono stato (rianimazione e sala operatoria, adibita a centro Covid) ho
potuto constatare l’eccellenza della nostra sanità pubblica.
Mi è rimasto un enorme senso di gratitudine per tutti quelli che
hanno pregato per me. Ho letto un’infinità di messaggi che esprimevano
vicinanza e preghiera da parte di tantissimi pinerolesi e poi da
Fossano, Cuneo e da tante altre parti. E non solo cattolici, ma anche
valdesi, ortodossi e musulmani. Questo mi ha colmato di forza e di
gioia.
Da questa esperienza mi porto a casa la serietà di questo virus.
Molti guariscono e sono contento. Ma Covid significa anche tanti
intubati e tracheostomizzati, e gente che è morta. Per questo ripeto:
cerchiamo di usare molta prudenza.
E poi ricordo l’incontro con la morte. Prima di essere intubato il
dottore mi ha detto chiaramente che ero grave e mi ha dato un’ora per
mandare qualche messaggio. Dovevano essere 10 giorni, invece sono stati
17 giorni.
Ci sono stati momenti in cui mi sentivo morire e mi è rimasto questo
«stare a passeggio con la morte» per alcuni giorni. Di fronte alla morte
si fa un’esperienza di verità e libertà. Normalmente nella vita
cerchiamo di non guardare in faccia i nostri sbagli e peccati. Ma
davanti alla morte non c’è niente da tenere nascosto. Sei quello che
sei. In quei momenti mi sembrava di evaporare. Tutto perdeva
consistenza. Anche il mio corpo. Ma restavano solo due cose: la fede in
Dio e le relazioni solide, quelle che contano. Mi passavano davanti
tanti volti di persone. Io ero “quella roba lì”. Questo me lo porto a
casa come cosa importate.
Quindi è stata anche un’esperienza spirituale?
C’è stato un momento in quella settimana santa in cui ho avuto
complicazioni. C’è stato un momento – non so dire se due ore o mezza
giornata – in cui ho senti to una presenza che mi abbracciava. La potevo
quasi toccare. Da credente oso dire che era la presenza di Dio che mi
ha avvolto e la presenza di chi ha pregato per me. Questa presenza ha
fatto sì che non cadessi nella disperazione. Non ho mai perso la
serenità. È stata una forte esperienza di fede.
In alcune interviste che hai rilasciato dall’ospedale hai
parlato di un modo nuovo di essere chiesa. Per una piccola diocesi come
Pinerolo questo che cosa potrebbe significare? Solo un cambio di
atteggiamento o anche un cambio strutturale?
Premetto che io alla messa ci tengo tantissimo, è “culmen et fons”. È
dal 19 marzo non celebro e mi manca. La messa per me è gioia e
rigenerazione. Detto questo osservo che per molti il sogno è tornare
alla chiesa di prima. È un atteggiamento che rispetto, ma questa
epidemia è talmente enorme che non può essere considerata come una
parentesi. Non si può tornare come prima.
Io credo ai segni dei tempi. Ovviamente questa malattia non è stata
mandata da Dio, ma anche in questa pandemia Dio parla e dobbiamo capire
che cosa ci dice.
Ho visto, ad esempio, preti che mandano pensieri di riflessione ai
fedeli, molti hanno trasmesso la messa in streaming, seguita in famiglia
anche da gente che in chiesa non ci andava più. La gente ha ripreso a
pregare in famiglia. L’avevo già visto all’inizio della quaresima con
l’appuntamento in streaming “Prepariamo cena con il vescovo” seguito da
moltissime persone. L’anno prossimo, anche se non ci saranno
restrizioni, lo rifarò: che bello che la gente faccia un momento di
preghiera prima di cena.
E poi in tanti, ogni giorno, seguono la messa del papa. Sono piccoli
segni, dobbiamo lavorarci su, accentuando la dimensione famigliare e
domestica.
La messa della domenica da sola rischia di diventare una parentesi
nella settimana. Una comunità che prima della pandemia aveva solo la
messa è finita. Nelle comunità deve crescere la dimensione famigliare,
ritornare a fare Lectio divina e meditare sulla Parola di Dio.
Basta formalismi! Ci ricordiamo che ci lamentavamo che la gente non
veniva più a messa? Quella è la chiesa vecchia. Io combatterò quella
chiesa lì che non è la chiesa dell’Evangelii gaudium. Voglio dare una
contributo perché la chiesa diventi quella sognata da Papa Francesco.
In che modo i nuovi mezzi di comunicazione potranno diventare funzionali ad una pastorale post-pandemia?
Sono importati e lo abbiamo sperimentato. Certo non sostituiranno mai
il rapporto interpersonale. Anche la chiesa è fatta di uomini reali e
di corpi. Nulla sostituisce la realtà, ma i mezzi virtuali ci daranno
una grossa mano nella linea che ho già detto. Sono stati una fortuna,
quindi continuiamo ad utilizzarli.
La pandemia ha anche messo a dura prova il sistema economico
del nostro paese e del nostro territorio. Basti pensare al turismo. In
che modo la chiesa può essere di aiuto in una ripresa che non sia puro
assistenzialismo?
La Caritas ha fatto tantissimo e voglio dire grazie al diacono Rocco
Nastasi, ai volontari e a tutti quelli che si sono attivati. Hanno fatto
cose meravigliose.
Sul fronte della ripresa la Chiesa italiana si è impegnata a stornare
dall’ottoxmille delle diocesi una cifra considerevole per aiutare i
territori a ripartire economicamente. In questo senso la diocesi di
Pinerolo collaborerà con le amministrazioni, i sindacati e tutti coloro
che sono coinvolti, e si farà partner per sostenere i progetti migliori.
È un progetto importate della CEI al quale aderiamo con convinzione.
P.R.
da www.diocesipinerolo.it
In un video messaggio il vescovo Derio riflette sul Covid19 e sul “dopo pandemia”.