È una Creazione al contrario quella che Luca descrive all’inizio di
questo nuovo anno liturgico, in questa prima domenica di avvento.
La Genesi, in un linguaggio poetico e parabolico, aveva raccontato il
passaggio dal caos all’armonia, qui, Luca, in un linguaggio denso di
immagini e di visioni, chiamato apocalittico, descrive il passaggio dall’armonia al caos.
Quello che sta vivendo la sua comunità, fragile vaso di coccio in
mezzo a vasi di ferro, apparentemente travolta dai grandi eventi
dell’Impero, dalle guerre, le lotte di potere, le migrazioni, le
carestie.
Quello che stiamo vivendo noi, in una infinita litania di lamentele,
di degrado, di violenza e incomprensione crescente, di problemi mondiali
irrisolti, dal clima al lavoro, in un tempo in cui le guerre sono
riapparse e mietono vittime in vari angoli della terra.
Dalla Creazione al caos.
Questo sta accadendo, certo.
O questo è ciò che pensiamo.
E che l’uomo pensa da sempre. In ogni epoca. In ogni istante. In ogni vita.
Non è una novità, lamentarsi.
Aspettarsi il peggio.
Non sta in questo la novità del Vangelo. Non ci uniamo, anche noi
cristiani, all’infinita schiera dei lamentosi di professione. Anzi.
Alzate il capo
Luca, simpatico, entra in scena all’inizio di questo avvento
sparigliando le carte, ribaltando al tavolo, prendendoci amabilmente per
il naso, irridendo il nostro atteggiamento tutto compito, serioso,
preoccupato, che tanto amiamo indossare.
Niente scene di panico, niente sparuti gruppi di fedeli chiuse nelle sacrestie in attesa della fine del mondo, macché. Niente siti apocalittici di devoti ultimi difensori della fede, di criticoni ammantati di invii divini.
È normale che il mondo sia sempre in bilico.
Che lo siamo anche noi. In bilico su un abisso, in bilico sul caos.
In fondo non era esattamente quello che Dio ha voluto creando
l’Universo? Dare un ordina al caos, senza distruggerlo? Orientarlo? E
non era il compito che ha affidato a quell’umano fatto a sua immagine?
Continuare a creare?
Quindi, poche storie, quando si costruisce una casa è normale che
manchino le finiture, che ci siano tanti mattoni in giro, che certe cose
ancora non si vedano pulite e linde.
I lavori sono in corso, altro che storie.
E davanti a tutti questi eventi, dice Gesù, non lasciamoci prendere dal panico.
Alziamo il capo. Perché il tempo gioca a nostro favore.
La storia è quella che è. Un insieme di eventi foschi e di meraviglie.
L’uomo è quello che è, un miscuglio di fango e Spirito divino.
Di cosa ci stupiamo? Andiamo oltre l’apparenza. Dio viene.
Lavori in corso
Dobbiamo agire, però. Mica sta con le mani in mano.
Lavorare e sodo.
Gesù ci dice anche cosa fare: tenere i cuori leggeri, non lasciare
che si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e preoccupazioni.
Evitiamo di caricare la vita, voliamo alto, teniamo il pensiero e l’anima al di sopra del caos.
Non sprechiamo il tempo, le emozioni, i pensieri. Quel poco che
abbiamo, che portiamo nel cuore, non dissipiamolo. Custodiamo i nostri
pensieri, teniamo in mano saldamente il volante della nostra vita
sapendo dove orientare la nostra auto interiore.
Non stordiamoci con ubriachezze, con illusioni, con eccessivi rumori,
con illusioni. Non cediamo alle tante sirene che in ogni modo tentano
di venderci la felicità. Restiamo lucidi.
La vita porta con sé affanni, preoccupazioni, cose da fare, problemi
da risolvere, ovvio. Ma non possono occupare tutto il nostro spazio
interiore, non posso avvelenare tutto quello che siamo.
E questo lo possiamo fare solo alzando lo sguardo.
Un mese
Per prepararci al Natale, per fare spazio a Dio, senza giocare con le
emozioni sdolcinate ma consapevoli che Cristo continuamente chiede di
entrare nella nostra vita, di nascere nelle nostre scelte quotidiane.
Ci sta, bene, e oggi partiamo col turbo.
Non nascondiamoci dietro la preoccupazione di un mondo che si
sfascia. Non accampiamo scuse alla nostra evidente brontolaggine, non
poniamo condizioni alla felicità.
Consapevolezza, questo ci vuole.
Gerusalemme sarà ribattezzata Signore nostra giustizia, cioè il Signore è riuscito a infondere in noi la giustizia. Così
Geremia incoraggia quanti sono tornati dall’esilio e hanno trovato solo
macerie e si scoraggiano, sapendo che non riusciranno a vedere la
ricostruzione della città e del tempio.
Ci vorrà del tempo, e tanto, per vedere ricostruita Gerusalemme.
Ci vorranno secoli e la venuta del Messia.
Ma Geremia ci indica una chiave di lettura, un orizzonte, un altrove.
No, il mondo non sta precipitando nel caos, come dicevano domenica
scorsa, ma fra le braccia di Dio. Lo credo, lo vivo con fatica, combatto
per costruire spazi di Regno nel caos, occasioni di luce nelle tenebre,
ordine in me e dove vivo.
Il vangelo in poche parole