Come Gesù, anche noi abbiamo "compaesani" che vorrebbero fermarci e gettarci giù...
«Ma egli [Gesù], passando in mezzo a loro, si mise in cammino».
Gesù solo contro tutti. I nazareni, delusi dal compaesano che si è
rifiutato di compiere una dimostrazione delle gesta clamorose delle
quali avevano sentito parlare, l'hanno spinto «sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù», decisi a chiudere la sua avventura. Invece, "passando in mezzo a loro" – immaginiamoli sopresi, sbalorditi, immobili - si mise in cammino
per continuare la sua vita e per svolgere la sua missione tra coloro
che, come la vedova di Sarèpta di Sidòne e Naamàn, il Siro, sarebbero
stati inaspettatamente disponibili ad accoglierla.
Gesù solo contro tutti. È bellissima questa scena, e
può essere il simbolo della nostra situazione di oggi, sia come
credenti singoli, che come Chiesa.
Il nostro Nazaret
è questa nostra società che sembrava impregnata di valori cristiani, e
invece si è rivelata soltanto "verniciata", perché di fronte alla
giustizia, al dialogo, all'accoglienza della vita, alla solidarietà
verso i diversi e i più deboli, al rispetto del bene comune, non compie
scelte consequenziali e comportamenti aderenti.
Il nostro Nazaret
sono anche gli stessi praticanti, che sono d'accordo con il papa e con
il vangelo quando il papa e il vangelo sono d'accordo con loro.
Il nostro Nazaret
sono i figli e i nipoti che si allontanano dalle nostre scelte; i
nostri amici e i nostri colleghi che ci compatiscono perché non
rinunciamo alla Messa a favore del footing o della partita.
Il nostro Nazaret sono quelli che ci considerano arretrati perché non seguiamo le mode del
New Age, e ci teniamo stretto il nome di Gesù e il crocifisso, incuranti della sensibilità delle altre religioni.
Verrebbe voglia di sfilarci, come Geremia: «Ahimè, Signore Dio! Ecco, io non so parlare, perché sono giovane»: perché siamo pochi e fuori moda.
Se lo facessimo, il Signore ci risponderebbe: «Non dire: Sono giovane;
non dire: "Siamo pochi e fuorimoda". Non abbiate paura di fronte a loro,
perché io sono con voi per proteggervi. Vi faranno guerra, ma non vi
vinceranno, perché io sono con voi per salvarvi».
"Vi faranno guerra". Sì, è una guerra. Prima di tutto con noi stessi, per vincere, come Geremia, le nostre paure, poi con i nostri "Nazaret".
Dove trovare la forza per combattere?
Nella certezza che il
Signore ha conosciuto anche ciascuno di noi prima che uscissimo alla
luce, e anche noi ha consacrato e stabilito profeti delle nazioni.
Nella sicurezza che egli è nostra roccia, nostra rupe e nostra fortezza.
Nella potenza dell'arma consegnataci da Gesù: la carità.
Che non è buonismo episodico e inconcludente; né gesti isolati di bontà
quando va di farli, o quando nascondono riscontri vantaggiosi, ma –
come descrive san Paolo – impegno a essere persone magnanime, benevole, non invidiose, non vanagloriose, non orgogliose, rispettose, non in cerca del proprio interesse, non irose, non vendicative, amanti della giustizia e della verità.
In una società sempre più astiosa, rancorosa, violenta, opportunista,
questa è la guerra da combattere, perché non conosce sconfitti, ma
soltanto vincitori.