Sara

L'immagine di suor Ann Rose in ginocchio di fronte alla polizia per
supplicare la fine della violenza in Myanmar ha fatto il giro del mondo e
ha suscitato commozione in moltissime persone.
In un’intervista rilasciata dalla stessa durante un incontro di
preghiera per la pace in quel paese, la religiosa ha condiviso il suo
stato d’animo in quel difficile momento quando, di fronte alla violenza
della polizia nei confronti di moltissimi civili che in modo pacifico
manifestavano il proprio dissenso al regime militare, ha trovato la
forza di porsi tra le forze governative e la popolazione, implorando, a
mani giunte, la fine di questa inaudita violenza: “Uccidete me, non
loro!” gridava continuamente la religiosa ai militari. E, in quel
frangente, l’esercito si è arreso! “Quel giorno – ha dichiarato la
religiosa – non ci fu nessuna vittima in quella città!”. Siamo
consapevoli che suor Ann Rose non ha risolto il problema della pace in
Myanmar: purtroppo le violenze sono riprese e il numero delle vittime è
in continuo aumento; l’audacia evangelica e la disponibilità a donare la
propria vita in cambio della salvezza del suo popolo, tuttavia, non è
stata vana: essa infatti ha avuto il potere di scuotere l’intero popolo
di Dio aiutandolo a prendere consapevolezza della propria vocazione a
costruire la pace anche a costo della vita.
Il gesto, compiuto nel nome del Signore da questa donna consacrata,
ha rivelato l’amore della religiosa per il suo popolo e per tanti
innocenti che anelano alla giustizia e alla democrazia, ma nel contempo è
stato profondamente profetico. Gettandosi “nella mischia”, con l’unico
desiderio di salvare la vita di tanti suoi fratelli, infatti, la suora
ha reso visibile la radicalità della propria vocazione cristiana e
religiosa, disponibile a pagare di persona perché la pace possa essere
finalmente realtà per tutti. Forte nella sua debolezza, suor Ann Rose è
stata un eloquente segno della vocazione della Chiesa intera, chiamata,
come il suo Maestro, a “porsi frammezzo”, a intercedere perché la pace e
la giustizia cessino di rimanere semplicemente ideali e divengano
concretezza quotidiana. Questa piccola donna, armata solo di tanta fede e
del rosario, ha testimoniato che la potenza di Dio agisce proprio nella
debolezza della propria carne e della propria persona. Al suo
coraggioso gesto, si è unito papa Francesco che, a conclusione
dell’udienza generale di mercoledì 17 marzo, ha esplicitamente
affermato: «Anche io mi inginocchio sulle strade del Myanmar e dico:
cessi la violenza, anche io stendo le mie braccia e dico: prevalga il
dialogo. Il sangue non risolve niente. Prevalga il dialogo!”».
Sono molte le donne che, in ogni parte del mondo, rispondono ogni
giorno alla medesima chiamata, impegnandosi a costruire ponti di dialogo
e intessere relazioni pacifiche per il superamento di ingiustizie e
oppressioni: alcune di esse perdono la propria vita! Menzioniamo tra le
tante, le Suore delle Poverelle dichiarate, nei giorni scorsi,
venerabili per aver condiviso sino alla fine la tragica epidemia di
Ebola; ricordiamo anche Annalena Tonelli, oppure sorella Maria Assunta
Porcu, Piccola Apostola di Gesù e molte altre.
Non lasciamo cadere nell’oblio esempi tanto luminosi, ma eleviamo la
nostra gratitudine al Signore per doni così grandi, chiedendo a Lui la
grazia di compiere, a nostra volta, gesti coraggiosi di pace e di
dialogo nello scorrere del nostro semplice quotidiano, perché si possa
creare una nuova cultura della fratellanza universale.