Gli appelli per un urgente ritorno alle origini arrivano alla Chiesa
con insistenza martellante sia dal suo interno, sia dall’esterno.
Dall’interno sono innanzi tutto gli stessi buoni cristiani (preti, religiosi e laici) a spingere a un ritorno alle origini, e questi nei loro appelli usano il noi (noi, tutti, che siamo nella Chiesa dobbiamo convertirci e tornare alle origini); poi ci sono i cosiddetti cristiani di base,
che puntano il dito ed, essendo essi di base, lo puntano solitamente
contro l’altra Chiesa, la “Chiesa alta” (quelli lassù devono
convertirsi).
Poi dall’esterno ci sono gli avversari della Chiesa,
quelli che “Cristo sì, la Chiesa no”, con tutto ciò che ne deriva, da
un’asciutta presa di distanza, al disprezzo schifato fino all’aperta
persecuzione.
È chiaro che, per essere cristiani non solo a parole, non possiamo
disattendere gli appelli dei santi. Ma non dobbiamo trascurare nemmeno
le voci di chi critica la Chiesa, con rigorosità (anche se spesso solo
farisaica), e perfino gli strilli di chi la combatte con intento
demolitore. Secondo il Concilio (Gaudium et Spes 44) “la Chiesa confessa
che molto giovamento le è venuto e le può venire perfino
dall’opposizione di quanti la avversano o la perseguitano”.
EQUIVOCI IN MATERIA DI RITORNO ALLE ORIGINI
Ma quando si parla della necessità per la Chiesa di ritorno alle
origini, a me viene l’impulso di dissipare… alcuni equivoci, che
riguardano il tema del denaro, dell’arrivismo e delle divisioni.
1) SUL DENARO
Se, quanto al denaro, il ritorno alle origini è inteso
come l’abolizione di qualsiasi rapporto della Chiesa con i soldi, per me
siamo fuori strada. Gesù, come dice Papa Francesco, non aveva un conto
in banca. È vero, ma il denaro contava anche per lui, tant’è che il gruppo dei Dodici aveva una cassa,
e c’erano soldi veri: per il sostentamento del gruppo e per le sue
iniziative di carità verso i poveri (Gv 12, 6 e 13, 29). Si ricordi
anche che il Signore loda l’offerta della vedova che si toglie il pane
di bocca per mettere il suo spicciolo nella cassa del tempio (Mc 12, 42)
e incoraggia usare il denaro dell’iniquità per farsi degli amici che
possano accompagnarci verso Dio (Lc 16, 9). E non rifiuta, anzi loda lo
spreco di profumo fatto da una donna per lui, pur sapendo che il denaro
del prezzo avrebbe potuto essere destinato ai poveri (Gv 12, 7).
Sempre in tema di denaro, già alle origini si conosce il fenomeno delle collette
(che al giorno d’oggi tanti contestano aspramente). Si veda nella
seconda Lettera ai Corinti l’impegno notevole e anche l’abilità di S.
Paolo stesso nella colletta internazionale a favore della Chiesa di
Gerusalemme caduta per imprevidenza in una grossa crisi economica.
Quando nella Chiesa di oggi, a tutti i livelli, si vedono brutti fenomeni di affarismo e di disonestà,
è giusta l’esigenza di tornare alle origini, ma non si deve dimenticare
che già il gruppo dei Dodici aveva un amministratore ladro, che per
denaro sarebbe arrivato fino a vendere il Maestro.
2) SULL’ARRIVISMO E IL CARRIERISMO
Lo stesso ragionamento va fatto per quanto riguarda l’arrivismo e il carrierismo nella Chiesa.
Giacomo e Giovanni, che chiamavano in disparte Gesù per chiedergli i
posti d’onore nel suo regno e gli altri dieci che si erano ingelositi
per questo, non sono dei veri e propri arrivisti e carrieristi? Niente
di nuovo sotto il sole quindi. Il ritorno alle origini in questo campo
non può essere certo con l’idea che allora nella comunità cristiana non
ci fossero queste brutte macchie, ma dovrà essere riferito alle parole
del Signore ai due figli di Zebedeo e ai loro dieci compagni gelosi (Mc
10, 42-45), e alle parole e all’esempio di Gesù quando ha lavato i piedi
a tutti nell’ultima cena (Gv 13, 12-15).
3) SULLE DIVISIONI NELLA CHIESA
Altro motivo caldo in tema di ritorno alle origini è quello delle
divisioni nella Chiesa, che innegabilmente sono un vero scandalo. Per
condannare e superare le divisioni di oggi, ci si rifà al famoso passo
Atti 2,42 [“(I primi cristiani) erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere“]. Ma non si può ignorare che anche la Chiesa primitiva conosceva divisioni non da poco.
S.Paolo (cfr. 1 Corinti 1,10ss) denuncia le fazioni che dilaniano
quella comunità, e lo stesso Paolo si separa da Barnaba per divergenze
nella strategia e nella tattica pastorale (Atti 15,39).
RITORNO ALLE ORIGINI = RITORNO AL SIGNORE
Contro l’idolatria della ricchezza, la smania dell’arrivismo e la
cancrena delle divisioni, che, come s’è visto, sono le tentazioni che
insidiano la Chiesa da sempre, non serve rifarsi a un modello cosiddetto
originario della stessa, né questo supposto modello può essere usato
pretestuosamente per attaccare la Chiesa di oggi. Per un vero ritorno alle origini la Chiesa di oggi e di sempre deve riferirsi soltanto a Gesù
che, da ricco che era, s’è fatto povero perché noi diventassimo ricchi
per mezzo della sua povertà (2Cor 8, 9), pur essendo il Signore, si
inginocchiò a lavare i piedi ai suoi apostoli, dicendo: “Fate così anche
voi” (Gv 13, 13s) e, infine, contro ogni divisione, prima di morire
pregò il Padre perché quelli che avrebbero creduto in lui fossero
“perfetti nell’unità” (Gv 17,20s) e non esitò a dare la vita sulla croce
“per riunire attorno a sé i figli di Dio dispersi” (Gv 11, 52).