Omelia del vescovo Oscar a Prabello – domenica 28 luglio 2019
Il link al servizio di TeleSondrioNews dedicato all'evento: https://www.youtube.com/watch?v=d33GtU-tXbI e il file audio su facebook con l'introduzione alla Messa e l'omelia: https://www.facebook.com/BottegadiNazareth/videos/pcb.2850759311661717/638459986666290/?type=3&theater&ifg=1
L'omelia del Vescovo Oscar Cantoni a Prabello
Ho un po’ di cose da raccontarvi, a commento della Parola di Dio che
abbiamo ascoltato, ma anche rispondendo alla situazione che stiamo
vivendo oggi.
Innanzitutto vi dico che ringrazio il Signore che
mi ha permesso di essere qui oggi insieme a voi, attraverso l’invito che
mi è stato rivolto già da qualche mese dai vostri sacerdoti.
Ed è
un momento bello, perché un pastore deve sempre stare in mezzo alle
pecore. E venendo qui ho incontrato tante persone: non per categorie, ma
tutto il popolo santo di Dio, dalla nonna di più 90 anni, ai bambini,
ai giovani e agli adulti, tutti insieme. Mi fa sempre molta amarezza
quando vado in certe chiese dove i giovani sono spariti e io mi domando:
Che sarà? Come può fare la Chiesa senza i giovani?
E allora il
primo invito e il primo augurio è quello di mantenersi compatti dentro
la storia di un popolo, il popolo di Dio, riunito dentro le varie
comunità che costituiscono questo vicariato.
In modo speciale un
grazie per questi ragazzi e ragazze che guidano il nostro canto, ma
anche per l’ardore di tutti voi, che non avete paura delle gocce d’acqua
che stanno arrivando. E questo è bello: sentirci popolo di Dio riunito
insieme.
Secondo pensiero. Siamo in una splendida natura. Mi
hanno detto: Ma sei già venuto qua? No, è la prima volta. Mi si è aperto
un orizzonte! Sono stato varie volte in Valmalenco, ma fin qui non ero
mai arrivato. E venendo, mentre salivo, mi si apriva appunto un
orizzonte ampio, e mi dicevo: Chi non ha fette di salame sugli occhi e
vede la creazione, deve poter riconoscere dalla creazione il Creatore.
Una
persona prima mi ha detto: Apra gli occhi! Non bastano gli occhi
fisici, ci vogliono gli occhi del cuore -importante! - perché parlino
tutte le creature che ci circondano. E attraverso la creazione, di cui
l’uomo è il centro, è la gloria, possiamo rendere gloria a Dio. Anzi,
il creato rende gloria a Dio attraverso il Gloria delle persone,
ciascuno di noi. Che bello allora che abbiamo cantato il Gloria,
interpretando anche il cosmo, che rende gloria a Dio, per le bellezze
che ha messo insieme. Qualcuno prima mi ha detto: Se così è bello,
chissà come sarà bello il paradiso! Vedete che anche i vescovi imparano
e ascoltano quello che ricevono dal popolo di Dio, soprattutto dai
saggi…
Ho avuto già anche alcune frecciate, che mi sono
arrivate, dove mi hanno detto: Impara! Il vescovo deve anche imparare,
dopo fa quel che può. Però certi suggerimenti che vengono dal popolo di
Dio sono da tenere presenti. Grazie per questa vostra franchezza, ed è
bello che allora noi impariamo a dire Gloria a partire non da quello che
sappiamo solamente, ma fin da quello che vediamo, quello che
respiriamo, quello che contempliamo.
E tutto riesce a essere un
motivo per dare gloria a Dio. Imparate a dire grazie! Si impara a dire
grazie in famiglia, imparare a dire grazie ai propri genitori, ai
fratelli e alle sorelle, come anche: permesso, e: scusa! Anche scusa è
importante, vero? A volte l’orgoglio ci impedisce di dire: grazie, e di
dire: scusa. E invece è ciò che rende umana la nostra vita familiare. E
chi impara in famiglia questa relazione bella, impara anche a dire
grazie a Dio, che è l’Architetto mirabile della creazione.
Terzo
passaggio. Qui c’è una chiesa che compie cento anni, e non è cosa da
poco! Auguri, chiesa, auguri tutte le mattonelle! Dobbiamo dire grazie a
tutti coloro che l’hanno pensata, l’hanno voluta, perché è stata
pensata per il genio di un prete, questo don Gatti, di cui ho saputo
qualcosa, ma anche per la collaborazione di tante persone. Perché la
chiesa non viene su per l’intuizione di qualcuno, ma è frutto di un
popolo: se c’è un popolo, allora c’è la chiesa! A me fa tanta tenerezza
le persone che adesso a frotte vengono nel Duomo di Como e credono di
andare in un museo. Cominciano a fotografare, pirlano attorno, e
capiscono poco, poco. Ma la chiesa c’è perché c’è un popolo. Allora, la
chiesa dà voce e volto a un popolo di Dio che si è infervorato per la
gloria di Dio e ha trasformato – come ha detto prima il vostro prete,
Andrea - trasformato tutto in un’occasione di pace, quando il mondo era
in frantumi, finita la guerra ’15-’18. Dal mondo in frantumi, il
Signore costruisce e ricapitola tutto attorno a sé attraverso le persone
che credono in Lui e che costruiscono le cattedrali.
È una
piccola cattedrale questa, un piccolo gioiello alpino. Allora dobbiamo
fare in modo che la fede del popolo di Dio si mantenga. Alle volte io mi
domando amaramente come mai oggi non nascono più le cattedrali. Una
volta non c’erano mezzi, non c’erano gli strumenti che oggi abbiamo a
disposizione, e sono nate delle cattedrali, davanti alle quali ciascuno
di noi sta lì e dice: Ooh, che bello! Adesso non nascono più. Sapete
perché? Forse perché non ci sono mezzi? Ne abbiamo tanti di mezzi
adesso… ma perché non c’è più un popolo, non c’è più le fede del popolo.
Perché le cattedrali nascono per la fede del popolo, non per i mezzi. I
mezzi si trovano, anche i più poveri. Le grandi cose le hanno fatte i
poveri, sapete? E allora questi poveri hanno saputo costruire le
cattedrali. Noi oggi non abbiamo più bisogno di cattedrali, grazie a
Dio, ma abbiamo bisogno di costruirci come Chiesa, come popolo di Dio in
cammino, che si aiuta, che diventa un segno - in mezzo alle genti- di
pace, di solidarietà, di perdono, di accoglienza, di capacità di
fraternizzare e di fare la pace.
E allora che questi cento anni
siano una memoria che voi tenete nel cuore, perché continui questa bella
tradizione vivente del popolo di Dio. Non perdete la fede che vi è
stata data e che vi è stata consegnata dai vostri avi!
Perché il
dono più grande che il Signore può farci, sapete qual è? È la fede. La
fede è il dono più grande che il Signore ci consegna attraverso i nostri
nonni, attraverso i nostri avi, attraverso tutte quelle persone che,
avendo creduto, hanno costruito le cattedrali. E adesso noi ci
vergogniamo perché non sappiamo più costruire un bel niente…
Di
solito, io faccio sempre tre punti, ma bisogna fare un altro punto; me
lo permettete? Bene, perché di solito bisogna essere sbrigativi, perché
la gente si stufa.
Un solo pensiero, che riassume però tutto quello che abbiamo ascoltato nelle letture.
Perché
Abramo ha avuto il coraggio di “giocare con Dio” e fare in modo che si
abbassassero le persone… dice: c’è poca gente... fino a dieci. Perché ha
avuto questo ardire? Ha avuto questa confidenza con Dio… e allora ha
saputo sfidare le occasioni difficili e ha saputo fare una domanda al
Signore. Sembrava proprio impossibile, sembrava che il Signore volesse
fare un grande castigo per tutti, e invece lui è riuscito ad abbassare,
abbassare, abbassare il numero, finché il perdono è stato concesso.
E
perché noi possiamo dire: “Padre”, “Padre nostro”? Perché possiamo
dire: “Padre”, e non semplicemente: “Dio, Signore del cielo e della
terra”? Padre, perché dobbiamo avere confidenza, dobbiamo avere fiducia,
perché abbiamo un patto grande dello Spirito Santo che ci ha rinnovato
il cuore e ci dà questo ardire di chiamare Dio: “Padre”, “Padre nostro”.
Ecco, io vi auguro di avere questa fiducia, questa confidenza,
questa capacità di affrontare le difficoltà della vita sapendo che
abbiamo un Padre che non ci abbandona mai, ma ci sostiene e ci
accompagna.
Padre, Padre nostro. Ma guardate che se diciamo:
“Padre nostro”, poi ci sono gli altri, che sono fratelli e sorelle, e la
faccenda qui si complica, eh? Perché dire: “Dio Padre” magari qualcuno
ci riesce anche, ma trattare gli altri da fratelli e sorelle è un bel
guaio.
Bene, chiediamo che siamo capaci, proprio perché gridiamo
“Abbà! Padre”, di avere la confidenza anche nei confronti dei figli,
trattando tutti i figli di Dio come nostri fratelli, fratelli e sorelle,
amici. Amici e non nemici, non concorrenti, non persone anonime, non
persone che diciamo: Prima me, poi te, poi noi. Ma tutti, perché Dio ama
tutti, senza discriminazioni, perché Dio è Padre, fa il Padre, e noi –
per favore- facciamo i fratelli!
Amen.