Nelle guarigioni e liberazioni narrate da Marco scorgiamo gli indizi di una catechesi battesimale. Sono
miracoli
che avvengono in modo elaborato e quasi faticoso, sotto forma anche di
esorcismo. Vediamo alcuni particolari del testo di oggi. Siamo in piena
zona pagana (Tiro/Sidone/Decapoli
).
Il transito, dal punto di vista della razionalità del viaggio di Gesù,
non si giustifica; sarebbe come andare da Bologna a Firenze passando per
le Marche. C’è dunque un’intenzionalità teologica: le zone indicate
sono frequentate da pagani considerati impuri da Israele. Il Signore ci
avvicina nelle nostre zone di infedeltà e di lì passa e ripassa per
fare, dello spazio della nostra incredulità, una occasione e una zona di
fede. Lì
alcuni anonimi gli portano un sordo-balbuziente. Qui il soggetto è un
sordo.
Il termine usato nel testo greco significa anche “tonto”: l’’uomo che
non intende la Parola di Dio rimane inebetito e intontito: “
l’uomo nel benessere non comprende ed è come una bestia” (Salmo 49,13); “
se tu non mi parli, Signore, sono come già morto” (Salmo 28,1). L’uomo presentato a Gesù è anche
farfugliante,
uno che parla poco e male, avendo la lingua inceppata e impedita non
solo per le relazioni umane ma anche per la lode nel culto. Emette solo
suoni, ma non pronuncia parole sensate: “
Signore, apri le mie labbra e la mia bocca proclami la tua lode” (Salmo 51, 17).
E lo pregano: la preghiera esprime la nostra responsabilità nei confronti di tutti gli uomini. Lo pregano di
imporgli la mano. Ma il Gesù di Marco fa ben di più che un gesto della mano. Nel racconto odierno si possono contare
sei gesti,
che corrispondono quasi a sei tappe di un cammino del Signore insieme con te: ti porta in disparte, “buca” l’orecchio con le dita, tocca la lingua con saliva, guarda al cielo, geme, parla.
La guarigione è l’incontro tra i tempi del Signore e i miei.
Questo è l’itinerario cristiano: una paziente successione graduale. Dio porta il popolo
in disparte, lontano dalla terra della propria schiavitù. Nel Salmo 115, 5 si dice che “
gli idoli hanno bocca ma non parlano, hanno orecchi ma non odono”. Gesù cerca di separarci dagli idoli che ci rendono simili a loro: marionette. Lì, in disparte
gli mise le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua.
E’ un’operazione di ri-creazione. Gesù ricostruisce l’icona di Dio
tramite lo Spirito che qui viene indicato con la saliva, solidificazione
umida del soffio vitale secondo la cultura del tempo. Poi Gesù,
con lo sguardo, rinvia tutto al Padre attraverso la preghiera.
E geme. E’ il gemito di Dio di fronte al dolore ed è il gemito che emette tutta la creazione, come dice Paolo
.
E’ il gemito che Cristo lancia dalla croce, è il gemito che lo Spirito
lancia verso il Padre intercedendo per gli uomini. Anche noi nella
liturgia ci uniamo al gemito di Gesù: “
Padre che scegli i piccoli e i
poveri per farli ricchi nella fede ed eredi del tuo regno, aiutaci a
dire una parola di coraggio a tutti gli smarriti nel cuore, perchè si
sciolgano le loro lingue e tanta umanità malata, incapace perfino di
pregarti, canti con noi le tue meraviglie”.
La Chiesa si fa Parola attraverso la testimonianza e non solo emettendo giornalini, comunicati, chiacchiere, concerti di campane o di cori.
Due sono i livelli emergenti dalle letture: uno più marcatamente liturgico-spirituale ed uno più chiaramente sociale-ecclesiale.
- Livello liturgico-spirituale. Essendo,
il testo di Marco, una chiara catechesi battesimale è necessario
riprenderne le sollecitazioni per la conversione della Chiesa. Il
discepolo non può presumere di essere capace da solo di ascoltare la
Parola di Dio nè di saper annunciare e lodare “correttamente”. La fede
nasce dall’ascolto quando permettiamo al dito di Gesù di forare le
membrane interiori dell’ascolto; la lode e l’annuncio nascono da un ascolto guarito.
La preghiera diventa un farfugliare vano per chi non basa la propria
preghiera su un profondo ascolto guarito. Noi siamo come i catecumeni
della comunità dell’evangelista Marco, ciechi che non vedono i segni
della misericordia di Dio e delle sue chiamate, sordi che non sanno
ascoltare la sapienza delle sue parole, farfuglianti che non sanno
proclamare e lodare, storpiati dalle nostre abitudini e paure: “Un
musicista suonava uno strumento bellissimo e la musica rapiva il popolo
a tal punto che tutti si erano messi a ballare ciascuno a modo suo. In
quel momento passò un uomo sordo fin dalla nascita e vedendo tutta
quella gente che faceva movimenti strani giudicò che fossero diventati
tutti matti. Era scusato perchè non udiva la musica. Ma se fosse stato
più saggio avrebbe intuito la loro gioia e si sarebbe comunque unito a
loro nella danza”. “Gli condussero un sordomuto, pregandolo di imporgli la mano”: stiamo andando verso Lui, il Signore, condotti dalla Chiesa, sottobraccio gli uni con gli altri per condurci reciprocamente a Lui, proprio come in quel tempo.
- Livello sociale-ecclesiale. Il secondo
livello riguarda la posizione che tiene la Chiesa nei confronti del
ribaltamento delle situazioni: in Isaia e nel Salmo 146 appare chiaro
che Dio è “partigiano” nel senso che prende parte, prende una parte.
Gesù non dà una generica “benedizione”, ma tocca i centri sensoriali e
di percezione più cronicamente impermeabili ad ogni stimolo. Quindi
l’attività di Gesù non è genericamente taumaturgica, ma
profetico-liberatrice. Gesù più che tendere a fare del sordomuto un
affiliato, pensa alla sua effettiva liberazione, a restituirgli le
naturali capacità e renderlo pienamente uomo e uomo in relazione. Una
delle esigenze contemporanee più urgenti è quella di abbattere le
barriere che impediscono la comunicazione, soprattutto abbandonando
linguaggi consolidati che ci rendono accettabile la compagnia degli
omogenei, ma ci rendono incapaci di ascoltare parole che ci mettono in
crisi e dire parole che abbiano un senso per sordi e muti. Anche nella Chiesa “il dialogo è un cammino incompiuto” scrive Egidio Palumbo rileggendo le istanze dell’Enciclica Ecclesiam suam di Paolo VI. Interessante soprattutto il n. 13 della Costituzione Conciliare Lumen gentium
dove la categoria di “comunione” viene tradotta in quella più concreta
di “comunicazione” reciproca di doni e di tradizioni spirituali tra
soggetti ecclesiali diversi e chiese sorelle. Un cammino incompiuto. “Il
Signore dà forza allo stanco e moltiplica il vigore allo spossato.
Anche i giovani faticano e si stancano, gli adulti inciampano e cadono;
ma quanti sperano nel Signore riacquistano forza, mettono ali come
aquile, corrono senza affannarsi, camminano senza stancarsi” (Isaia 40, 29-3).