La Rivista del Clero Italiano,
lo scorso maggio, ha pubblicato un contributo decisamente interessante a
firma del professor Telmo Pievani, filosofo, ordinario presso il
Dipartimento di Biologia dell’Università degli Studi di Padova, dove è
titolare della prima cattedra italiana di Filosofia delle Scienze
Biologiche.
Il testo del docente bergamasco è intitolato “Nell’epoca delle nuove superstizioni. L’incerta alleanza fra scienza e società”. Dal
mio punto di vista, questa riflessione, nei giorni tristemente
caratterizzati da manifestazioni, anche nella nostra Bergamo, la città
italiana forse più colpita dalla pandemia in atto, da parte di persone
“no vax” e “no mask”, oltre a quelle contro il “green pass”, costituisce un ottimo punto di vista.
Offre spunti utili per orientare i nostri comportamenti, spesso
tentati, comprensibilmente visto quanto la nostra terra ha subito, di
rispondere con reazioni dure e forti a chi nega o banalizza gli effetti
del COVID-19.
La cultura antiscientifica ha radici profonde
Innanzitutto Pievani sottolinea, fatto assolutamente non scontato,
che la cultura antiscientifica che stiamo notando in questa fase
delicata della nostra storia ha radici profonde e, lungi dall’essere un
effetto della mancanza di informazioni, di ignoranza o di rifiuto del
sapere scientifico, essa risulta invece trasversale, tanto da trovare
seguaci in tutti gli strati sociali e in diversi orientamenti politici e
culturali.
Adepti di questa cultura antiscientifica sono anche persone con
titoli di studio importanti, con lauree e specializzazioni, che,
insoddisfatte dalle offerte istituzionali, ritengono di poter capire
tutto con una ricerca in Google post cena. Il problema serio, sottolinea
il filosofo, sono le fake news, che non sono proposte da gente
ingenua, ma frutto del lavoro di diffusori professionisti di
disinformazione, nel caso della pandemia sul tema della salute.
L’atteggiamento di opposizione finisce per rafforzare le “fake news”
Il comportamento di chi diffonde fake news, ad esempio
quelle che negano la validità del vaccino, dell’utilizzo delle
mascherine e dei distanziamenti, conduce chi crede nel lavoro degli
scienziati e, soprattutto, chi è stato direttamente toccato, magari con
un lutto, dalla pandemia, a un atteggiamento di opposizione dura,
all’indignazione, all’impegno mirato a smontare punto per punto le loro
argomentazioni.
Ferma restando l’importanza di smontare le false tesi che questa
gente propugna, dagli studi sociologici risulta che un atteggiamento
oppositivo verso di loro sia fondamentalmente inutile; come è facile
verificare sul web e sui social networks, dove i diffusori di fake news trovano
terreno fertile, il rischio è addirittura quello di rafforzare le loro
posizioni, in quanto i loro convincimenti si basano sull’auto-conferma e
sul vittimismo, così che essi si convincono ulteriormente di avere
ragione, in quanto eleggono se stessi come portatori di verità scomode
perché contro l’establishment, così che, secondo loro, l’opposizione che
trovano è garanzia di verità delle loro asserzioni.
Raccontare la bellezza dei saperi rigorosi e del metodo scientifico
La scelta migliore, afferma Pievani, è quella di evitare
l’atteggiamento di supponenza nel quale spesso cade la scienza, che pone
le sue affermazioni e i suoi argomenti per autorità; insomma, la frase
ormai famosa “se vuole dibattere su questo con me, si prenda una laurea
come me” non risulta una mossa intelligente contro chi vuole affidarsi a
ciarlatani senza basi empiriche.
Oggi, in un tempo che mostra passione e attrazione verso dietrologie e complotti,
segno di una forte crisi nei rapporti tra scienza e società, non basta
più denunciare l’infondatezza empirica e argomentativa delle
pseudoscienze, ma “bisogna trovare nuove modalità per raccontare, in
positivo, la bellezza emancipatrice dei saperi rigorosi e del metodo
scientifico, essendo trasparenti nel biasimarne le magagne (prime fra
tutti, le intromissioni di interessi economici e geopolitici, nonché le
finalità militari) ma appassionati nel difenderne la libertà e il valore
sociale”.
“Il punto di forza della scienza: è un’impresa collettiva”
Va ricordato, spiega con chiarezza Pievani, che se da un lato la
“scienza come processo” costituisce un paradigma di democrazia, perché
gli scienziati discutono tra loro, possono avanzare critiche purchè
argomentate ed è necessario considerare il dissenso di chi è in
minoranza (a condizione che questi assumano l’onere della prova ed
esibiscano modelli e interpretazioni migliori di quelle che contestano),
la “scienza come prodotto” non può essere democratica, perché “il
giudice finale di un’asserzione scientifica è l’evidenza empirica, non
l’opinione”.
Il punto di forza della scienza, sostiene il filosofo, sta nel fatto
che essa è un’impresa collettiva che a forza di critiche e revisioni
anche radicali aumenta irreversibilmente l’affidabilità e l’estensione
delle nostre conoscenze.
In ambito scientifico l’umiltà è decisiva
Insomma, più la scienza avanza più si scopre di non sapere e ci si
accorge che, a volte, non si sapeva di non sapere. Ecco perché, in
ambito scientifico, l’umiltà e decisiva! È importante che dinanzi a una
domanda inerente un tema ancora carico di incertezze non ci si sbilanci
su previsioni speculative, ma si abbia l’umiltà di rispondere “non lo
sappiamo ancora”.
Questa è l’umiltà necessaria al consenso scientifico ed è ben lontana
dal protagonismo di chi, pur scienziato, si presenta in televisione
come depositario di verità, magari anche creando un conflitto con
scienziati di altro pensiero sul medesimo tema: questo, quando accade,
fa certamente bene all’audience della trasmissione, ma non alla scienza e
alla percezione della gente, che al contrario rimane sempre più
disorientata e sospettosa. È importante spiegare alla gente, con
trasparenza, la bellezza e la libertà della ricerca, che è la miglior
palestra contro i fanatismi e le fake news che facilmente, soprattutto
di questi tempi, attraggono la gente con il loro parlare dogmatico. A
fine pandemia, conclude Pievani, scopriremo che a salvarci saranno state
proprio “la democrazia della conoscenza, che ci dà gli strumenti per
capire e decidere con saggezza, e la solidarietà umana che ci fa sentire
tutti parte della stessa comunità di destino”.