La vigna è il campo più amato, quello in cui l'agricoltore investe più
lavoro e passione, fatica e poesia. Senza poesia, infatti, anche il
sorso di vino è sterile. Vigna di Dio siamo noi, sua coltivazione che
non ha prezzo. Lo racconta la parabola del proprietario terriero che
esce di casa all'alba, che già dalla prima luce del giorno gira per il
villaggio in cerca di braccianti. E vi ritornerà per altre quattro
volte, ogni due ore, fino a che c'è luce.
A questo punto però
qualcosa non torna: che senso ha per un imprenditore reclutare dei
giornalieri quando manca un'ora soltanto al tramonto? Il tempo di
arrivare alla vigna, di prendere gli ordini dal fattore, e sarà subito
sera. Allora nasce il sospetto che ci sia dell'altro, che quel cercatore
di braccia perdute si interessi più degli uomini, e della loro dignità,
che della sua vigna, più delle persone che del profitto. Ma arriviamo
al cuore della parabola, la paga. Primo gesto spiazzante: cominciare da
quelli che hanno lavorato di meno. Secondo gesto illogico: pagare un'ora
di lavoro quanto dodici ore. E capiamo che non è una paga, ma un
regalo. Quelli che hanno portato il peso del caldo e della fatica si
aspettano, giustamente, un supplemento alla paga. Come dargli torto? Ed
eccoci spiazzati ancora: No, amico, non ti faccio torto. Il padrone non
toglie nulla ai primi, aggiunge agli altri. Non è ingiusto, ma generoso.
E crea una vertigine dentro il nostro modo mercantile di concepire la
vita: mette l'uomo prima del mercato, la dignità della persona prima
delle ore lavorate.
E ci lancia tutti in un'avventura sconosciuta:
quella di una economia solidale, economia del dono, della solidarietà,
della cura dell'anello debole, perché la catena non si spezzi.
L'avventura della bontà: il padrone avvolge di carità la giustizia, e la
profuma.
Mi commuove il Dio presentato da Gesù, un Dio che con quel
denaro, che giunge insperato e benedetto a quattro quinti dei lavoratori
intende immettere vita nelle vite dei più precari tra loro. La
giustizia umana è dare a ciascuno il suo, quella di Dio è dare a
ciascuno il meglio. Nessun imprenditore farebbe così. Ma Dio non lo è;
non un imprenditore, non il contabile dei meriti, lui è il Donatore, che
non sa far di conto, ma che sa saziarci di sorprese. Nessun vantaggio,
allora, a essere operai della prima ora? Solo più fatica? Un vanto c'è,
umile e potente, quello di aver reso più bella la vigna della storia, di
aver lasciato più vita dietro di te.
Ti dispiace che io sia buono?
No, Signore, non mi dispiace, perché sono l'ultimo bracciante, perché so
che verrai a cercarmi ancora, anche quando si sarà fatto molto tardi.
Il vangelo in poche parole