Il brano evangelico di oggi ci presenta due quadri:
la visita dei pastori al Bambino Divino, “che giaceva nella mangiatoia”
(v.16) e la circoncisione di Gesù, in osservanza della legge mosaica.
Assieme al Salvatore, la protagonista della pagina è
Maria, sua madre, e la liturgia odierna celebra per l’appunto la festa
di Maria Santissima, “Madre di Dio”, titolo che noi pronunciamo senza troppo farci caso, ma che ha alle spalle anni e anni di riflessioni, dibattiti, definizioni.
Quello della “maternità divina” di Maria è infatti un dogma, anzi il più antico dogma sulla persona e il ruolo di Maria nella storia della salvezza.
Ma che cos’è un dogma?
E’ una “dottrina nella quale la chiesa propone in maniera definitiva
una verità rivelata, in una forma che obbliga il popolo cristiano nella
sua totalità, in modo che la sua negazione è respinta come un’eresia e
condannata con anatema, cioè con scomunica solenne”.
Nel corso della sua storia la Chiesa è arrivata a
stabilire dei dogmi per lo più sulla spinta delle eresie, cioè degli
“errori di fede” commessi interpretando scorrettamente il dato rivelato;
di necessità l’autorità magisteriale nella Chiesa (il Papa e i concili
ecumenici) è tenuta ad approfondire, sotto la guida dello Spirito Santo,
le questioni sollevate e a proporre precise definizioni circa le verità
di fede, che non esauriscono, (né mai lo potrebbero!) il profondo e
straordinario mistero da esse indicato, ma quantomeno dicono l’ultima
parola, vincolante per i cristiani, su determinate questioni.
Vediamo nel dettaglio la questione relativa alla maternità divina di Maria.
La base di ogni dogma è anzitutto biblica e nella
Scrittura troviamo diverse esplicite affermazioni a questo riguardo. Nel
57 d.Cr. Paolo, scrivendo ai Galati, dichiara: “Dio mandò il suo
Figlio, nato da donna……” (Gal.4,4); anche se Maria non è esplicitamente nominata, è sottinteso che si tratta di lei.
Circa 30 anni dopo, abbiamo i “vangeli dell’infanzia” di Matteo e Luca, nei quali troviamo le seguenti affermazioni:
1° - “Giuseppe,…non temere di prendere con te
Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito
Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti
salverà il suo popolo dai suoi peccati” (Matteo 1, 20-21); “salvare dai
peccati” era prerogativa di Dio e Gesù avrebbe più volte avocato a sé un
simile potere, dandone concreta riprova.
2° - “Maria…concepirai un figlio, lo darai alla luce…sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo” (Luca 1, 31-32); “lo Spirito Santo scenderà su di te, …..Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio” (v.35)
3° - “Elisabetta…..esclamò a gran voce: … A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?” (Luca 1, 41-43); Signore, Kyrios in greco, corrispondeva al nome proprio ebraico di Dio: Jahvé.
Dai dati biblici sembrerebbe indiscutibile la
divinità del Figlio di Maria, che lo ha generato nella carne e che
quindi ben a ragione può essere chiamata “Madre di Dio”.
Ma il riconoscimento di questa particolarità
dell’umile donna di Nazareth avviene con grandi difficoltà nella Chiesa
dei primissimi tempi. Infatti per i cristiani provenienti dal giudaismo
(o giudeo-cristiani) l’idea di un culto reso a una donna era qualcosa di
profondamente estraneo; e per i credenti provenienti dal paganesimo (o
etnico-cristiani) c’era il pericolo di confusioni ed equivoci con le
antiche divinità-madri pagane.
Però a poco a poco le difficoltà furono superate,
grazie al prezioso apporto di riflessioni dei Padri della Chiesa e dei
primi concilii ecumenici.
Ad esempio Ireneo di Lione (140 – 202 d.Cr.),
interpretando il “discese dal cielo” del Credo, sottolinea che Cristo
preesisteva alla sua nascita terrena e che si è realmente incarnato: due
realtà dalle quali deriva la maternità divina della sua genitrice
Maria.
Il problema nasceva soprattutto per il fatto che,
con il titolo di cui sopra, pareva che una donna, cioè una creatura
umana, avesse generato Dio stesso, che è l’eterno Creatore di tutto! Il
che è assurdo. O viceversa appariva disdicevole per un Dio (che è
Spirito) avere contatti con la materia di cui è fatto l’essere umano.
E’ evidente che il dogma relativo a Maria non può
prescindere dal chiarimento circa il rapporto tra natura umana e natura
divina nella persona di Cristo, il che avvenne nel concilio di
Calcedonia (451 d. Cr.), dove si ebbe la seguente affermazione: “Prima
di tutti i tempi il Verbo fu generato dal Padre secondo la sua divinità,
ma negli ultimi giorni lo stesso
nacque come uomo da Maria Vergine, per noi e per la nostra salvezza, e
dunque ben a ragione ella è detta “Theotòkos”, cioè Madre di Dio”.
Danilo Sartor mette ben in luce il modo in cui, nel
brano liturgico odierno, l’evangelista Luca ci presenta Maria, Madre di
Dio, come si vede alle pagg.744-5 del Nuovo Dizionario di Mariologia
(edizioni San Paolo):
“Maria non solo appare come la madre che presenta
il Figlio ai pastori, ma viene anche raffigurata in un rapporto più
stretto con Gesù, che va al di là del fatto fisico. Infatti solo di lei
si dice che “serbava tutte queste cose, meditandole nel suo cuore”
(v.19). E’ l’atteggiamento tipico della fede vera. Maria diventa “più”
madre credendo….Dicevano giustamente i padri che “Maria concepì il
Figlio prima nel suo cuore che nel suo corpo”. Sta qui la grandezza
della maternità divina di Maria: al fatto fisico si unisce una grande
partecipazione interiore…
Ora, in questa immagine della divina maternità
della Vergine, possono essere indicati tutti coloro che, come lei,
credono. Non è infatti la fede che fa nascere Dio nel cuore del
credente? Lo stesso Gesù ha chiamato beati coloro che ascoltano e
mettono in pratica la parola di Dio, equiparandoli a madre, fratello e
sorella suoi (cfr.Luca 11,28 e Marco 3,35).
Così la Vergine-madre è il prototipo di tutta la
chiesa che, “contemplando la santità misteriosa di Maria, imitandone la
carità e adempiendo fedelmente la volontà del Padre, per mezzo della
parola di Dio accolta con fedeltà, diventa essa pure madre.” (Lumen
Gentium 64)
Il vangelo in poche parole