Il paradosso
Stiamo attraversando un momento drammatico: abbiamo paura di
ammalarci, la situazione economica è disastrosa, molte famiglie fanno
fatica, persino la tenuta psicologica delle persone sembra venir meno.
In questo scenario è difficile sentirsi sereni, confidare in Dio,
mantenere viva la speranza. Eppure è proprio in momenti come questi che
vengono fuori i santi. È proprio nella crisi, nella sofferenza, nei
momenti bui, in cui tutto sembra crollare, che qualcuno ha il coraggio
di guardare oltre. I santi sono gli uomini e le donne che accettano la
sfida di non rassegnarsi davanti al presente, sono coloro che hanno il
coraggio di aspettare, senza lasciarsi condannare da quello che c’è
adesso. Si tratta appunto di una s-fida, cioè di fidarsi
laddove sembra impossibile. La fede infatti è un paradosso: si tratta di
vedere la presenza di Dio laddove sembra assente.
La speranza
Il testo delle beatitudini di Mt 5,1-12, che inaugura l’insegnamento
di Gesù nel Vangelo di Matteo, presenta infatti situazioni paradossali
che il discepolo è chiamato a vivere senza cedere alla dittatura del
fenomeno: quello che c’è adesso, quello che si vede, non è l’ultima
parola! Paradosso e speranza vanno insieme. I santi sono coloro che
sperano in situazioni paradossali che sembrano proprio senza speranza. I
santi sono felici perché non si lasciano schiacciare dal peso del
presente. Non sono persone ingenue perché si rendono ben conto della
pesantezza della realtà. La felicità è allora quella sfida che ci
permette di non cedere alla disperazione.
La felicità
Nel suo insegnamento, Gesù non usa la parola che tradizionalmente era stata usata dai filosofi per indicare la felicità (eudaimonia,
εὐδαιμονία). Quella parola indicava una meta, un premio conseguente a
uno sforzo individuale. In fondo, anche noi oggi pensiamo che dobbiamo
costruirci la felicità, ci illudiamo che sia nelle nostre mani o che
abbiamo bisogno del favore del destino per poterla raggiungere.
Gesù usa invece un aggettivo (makarios, μακάριος) che indica
appunto un modo di stare nelle situazioni. Ecco il paradosso: per Gesù
si può essere felici anche stando dentro situazioni che effettivamente
non sembrano favorevoli. Eppure è proprio lì che si crea lo spazio per
Dio, è proprio lì che si genera la speranza, è proprio lì che si
comprende che la felicità non è il risultato di uno sforzo umano, ma è
la disponibilità a ricevere un dono, la disponibilità ad accogliere la
presenza di Dio nel vuoto della propria vita.
Mancanza e relazione
Potremmo infatti suddividere le otto beatitudini in due gruppi: le
prime quattro, a ben guardare, indicano situazioni personali di
mancanza. Ci sono persone che mancano di qualcosa, mancano della
grandezza e del successo umano, mancano della consolazione alla loro
tristezza, mancano della forza per reagire, mancano della giustizia per
rivendicare i proprio diritti. Sono queste le persone che, per Gesù,
hanno la possibilità di essere felici, perché possono comprendere di non
avere tutto, non sono autosufficienti. Sono le persone che possono
rendersi conto che hanno bisogno di Dio. E Dio è pronto a entrare nella
loro vita. Dunque la felicità non consiste nella povertà o nella
debolezza, quelle però sono condizioni favorevoli per ricevere Dio, per
lasciarsi amare da lui ed essere veramente felici.
Le altre quattro beatitudini descrivono invece relazioni e azioni,
riguardano cioè quella felicità che troviamo quando viviamo
atteggiamenti sani nei confronti degli altri: felici sono coloro che
hanno misericordia per gli altri e non si lasciano andare a giudizi
temerari, felici sono coloro che hanno uno sguardo puro sulle situazioni
cercando Dio e non il proprio interesse, sono felici coloro che mettono
pace e non mettono zizzania creando conflitti, felici sono coloro che
sono perseguitati perché hanno cercato la giustizia e non hanno nascosto
la verità scendendo a compromessi con il mondo.
I santi
Sono situazioni paradossali perché noi ci crediamo felici solo quando
siamo vincitori, quando abbiamo tutto, quando sappiamo difenderci in
tutti i modi possibili. Per questo, alla fine, Gesù si rivolge
direttamente ai discepoli di ogni tempo: beati voi, sì, anche
tu puoi provare a sperimentare la felicità, provando a sperare quando
sembra impossibile, a fare spazio a Dio quando non hai nessun altro a
cui aggrapparti, a saper attendere la giustizia senza tentare di farti
giustizia da solo.
E allora si capisce che la felicità è nel presente e che ha molto a
che fare con la capacità di sperare proprio quando tutto sembra
crollare. Ecco chi sono i santi, coloro che hanno sfidato il presente,
vedendo in un oggi drammatico la luminosa presenza di Dio.
Il vangelo in poche parole