Fioriscono da tutte le parti
racconti di gente che “ce l’ha fatta”, che è guarita dal Covid. Qualcuno
ha parlato di “esperienze pasquali”. Ma non è che così si rischiano di
dimenticare troppo alla svelta le migliaia di morti? Maria
Quando parliamo di “esperienze pasquali” intendiamo evidenziare
l’unico evento di passione, di morte e di risurrezione del Signore Gesù,
cara Maria. Nel caso della pandemia siamo concordi nell’affermare
quanto essa sia stata, per tutti, un reale evento di passione, morte e risurrezione.
Coloro che sono passati per il Covid e ce l’hanno fatta, infatti, hanno
sperimentato nella propria carne il lento, ma costante rifluire e
rifiorire della vita; coloro che, invece, “sono passati da questo mondo
al Padre” (cfr. Gv 13, 1-15), stanno sperimentando direttamente e
definitivamente il compimento della loro esistenza!
La memoria di quelli che “sono passati”
Sottolineando l’aspetto pasquale di questa sciagura non intendiamo,
perciò, escludere coloro che sono passati dalla terra al cielo, ma
semmai, ricordarli maggiormente, dato che proprio per loro la
risurrezione è stata l’esperienza determinante.
La Pasqua evoca speranza e vita; essa però non può essere disgiunta
dalla passione e addirittura dalla morte. Non può esserci, infatti,
esperienza di risurrezione, se non dopo quella della morte.
Nella fase più acuta della pandemia mi ha colpito particolarmente la
testimonianza pubblicata, in quei giorni oscuri su l’Eco di Bergamo, del
sacerdote bergamasco don Maurizio Chiodi, anch’egli contagiato dal Covid 19. Il sacerdote ha riletto, alla luce del Triduo Pasquale di Gesù, la sua esperienza: «Tu
che guarisci, sai bene, tuttavia, che la guarigione, che pure nel
Vangelo è uno dei segni della salvezza, non coincide con essa. Per
quanto tu sia guarito, sai che ancora ti aspetterà la morte, anche se
non sai né quando né come.
Sappiamo bene, infine, che non
tutti guariscono: c’è una speranza anche per loro? Proprio qui il
credente è chiamato a riconoscere che, al di à della guarigione, egli
attende altro.
La resurrezione di Gesù è più di un semplice risveglio. Non è un
ritorno alla condizione di prima. È il compimento di una promessa, è
l’anticipo che ci dona di partecipare alla vita di colui che è la nostra
primizia. Nella fede, camminando lungo il tempo difficile della storia,
il credente attende il soffio di una vita piena, che è Dono, attende
una pienezza che compie ogni suo desiderio, attende una comunione e una
fraternità che riconfigureranno tutti i legami perduti, in un nuovo
cielo e una nuova terra. In questa fede, il cristiano attende la
Gerusalemme celeste, sperando il compimento che non avrà fine, quando
sarà la fine».
Guarigione e risurrezione
La testimonianza riportata può aiutarci a comprendere che la
guarigione fisica, pur essendo veramente un’esperienza di rinascita, non
è che solo un pallido anticipo di quella che sarà veramente la nostra
risurrezione. Lo proclamiamo ogni domenica, nella celebrazione eucaristica,
recitando il Credo nel quale confessiamo non solo la fede nella
risurrezione del Signore, ma anche la risurrezione della nostra carne e
la Vita eterna: «Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo
che verrà. Amen.», proclamiamo nel simbolo niceno costantinopolitano;
oppure: «Credo la risurrezione della carne, la vita eterna. Amen»
diciamo nel simbolo apostolico.
Il fatto che l’inizio di questa terribile pandemia sia coincisa con l’inizio della Quaresima e si sia estesa oltre la Pasqua,
indicativamente fino al suo compimento che è la Pentecoste, (guarda
caso, caduta proprio il 31 maggio, quando, oltre il tunnel, si
cominciava a vedere uno spiraglio di luce), non è da considerarsi
esclusivamente un puro caso cronologico, ma “qualcosa di più”. È alla
luce di tutto questo lungo tempo liturgico, centrato interamente
sull’evento pasquale del Signore Gesù, che è possibile tentare di
rielaborare quanto è accaduto, non per farne una rilettura
spiritualistica della tragedia, ma per evidenziare che il nostro dolore e
il nostro smarrimento sono stati sostenuti e illuminati
da un tempo che, per se stesso, celebra e contempla proprio la
passione, la morte e la risurrezione del Signore Gesù, centro di tutta
la nostra fede.
Sia questa, allora, la fonte della nostra speranza! Sia questa la
prospettiva dalla quale leggere e interpretare lo scorrere dei nostri
giorni e dalla quale ripartire con fiducia, impegno e responsabilità!