Per una specie di equivalenza
questi innocenti hanno pagato per mio figlio.
Essi furono presi per lui.
Furono massacrati per lui.
Invece di lui. Al suo posto.
Erano coetanei di mio figlio,
erano simili a mio figlio.
E lui era simile a loro.
Cosi scriveva Charles Péguy nel suo splendido e doloroso
“Mistero dei Santi Innocenti”, preparato per la domenica delle Palme e la domenica di Pasqua del 1912 e redatto dopo
“Il Mistero della Carità di Giovanna d’Arco” e
“Il Portico del Mistero della seconda virtù”, tutti pubblicati in Italia da Jaca Book.
Un testo intensissimo, di uno scrittore e poeta francese che si è sempre dichiarato cattolico
(“Sono
un peccatore, ma un peccatore che ha tesori di grazie e un angelo
custode stupefacente. Della gloria me ne infischio, ora mi abbandono:
non ci si salva da soli”) morto all’inizio della prima guerra mondiale, nella prima battaglia della Marna.
Mentre in questi giorni lo rileggevo, mi tornava alla mente il dramma dimenticato del nostro tempo:
i minori che raggiungono le nostre coste italiane.
Da soli, in balie di trafficanti e truffatori di ogni genere, spinti a
lasciare le famiglie nella speranza di una vita migliore.
Più di ventimila –
solo in Italia - nell’anno appena trascorso, il doppio dello scorso
anno, secondo i dati forniti dal report del Ministero del Lavoro e delle
Politiche Sociali.
Quasi settemila gli irreperibili, fuori dai radar delle istituzioni. Facili prede dei circuiti dell’illegalità, vittime di tratta o di sfruttamento lavorativo.
Lo scorso mese di ottobre alla Camera è passato un testo di legge che vorrebbe garantire i diritti dei “msna”,
minori stranieri non accompagnati.
Nascita dell'albo dei tutori (civili), prima accoglienza in tempi certi
e con interviste da parte di associazioni, oltre che il canonico
mediatore. Ancora, inserimento nella seconda accoglienza in strutture
idonee dove trovare corsi di lingua e formazione e basate su regole ben
precise anche sull'accompagnamento del minore fino ai 18 anni, percorso
del minore nel circuito Sprar,
Servizio protezione richiedenti asilo e rifugiati: questi alcuni dei punti fondamentali della legge purtroppo ferma data la caduta del Governo Renzi.
A dare voce a questi invisibili, durante i giorni di Natale, sono stati
sia papa Francesco che Bartolomeo, il patriarca ecumenico di
Costantinopoli. Bergoglio, nell’omelia della notte di Natale, guardando
al mistero della nascita di Gesù, ha invitato a lasciarsi interpellare
“anche dai bambini che, oggi, non sono adagiati in una culla e
accarezzati dall’affetto di una madre e di un padre, ma giacciono nelle
squallide “mangiatoie di dignità”: nel rifugio sotterraneo per scampare
ai bombardamenti, sul marciapiede di una grande città, sul fondo di un
barcone sovraccarico di migranti”. I bambini “che non vengono lasciati
nascere”, quelli “che piangono perché nessuno sazia la loro fame”,
quelli “che non tengono in mano giocattoli, ma armi”. Un grido
fortissimo – quello di papa Francesco – non molto diverso da quello di
Bartolomeo I che, nella sua lettera enciclica per il Natale 2016, ha
chiesto di proclamare il 2017 come
Anno della sacralità dell’infanzia.
“I bambini e le bambine di oggi – ha scritto il Successore di Andrea –
non sono solo vittime delle guerre e delle migrazioni forzate”, ma sono
minacciati anche nei Paesi economicamente sviluppati e politicamente
stabili, dove vengono manipolati dalla televisione e da internet, e da
un’economia che mira solo a trasformarli “fin dalla giovane età in
consumatori”.
Nella sua Lettera natalizia, il
Primus inter pares tra i
primati delle Chiese ortodosse ha riproposto le frasi del Vangelo in cui
si condensa la predilezione di Gesù per i bambini: “Se non vi
convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno
dei cieli”; e “chi non accoglie il regno di Dio come un bambino, non
entrerà in esso”. Dio si rivela al mondo col “cuore puro e la semplicità
di un bambino”, e i bambini “comprendono verità che sfuggono alle
persone sapienti”.
Nel suo messaggio, il Patriarca ecumenico cita anche il poeta greco Odisseas Elytis:
“Si può costruire Gerusalemme solo coi bambini!”.
Di fronte al dolore dei piccoli, “fiori dei martiri” li chiama Péguy,
riecheggiano, lancinanti, le parole di Ivan, uno dei protagonisti dei
“Fratelli Karamazov” di Dostoevskij: “Se tutti devono soffrire per
comperare con la sofferenza l’armonia eterna,
che c’entrano i bambini?
È del tutto incomprensibile il motivo per cui dovrebbero soffrire anche
loro e perché tocchi pure a loro acquistare l’armonia con la
sofferenza”.