"Capisci ciò che leggi?" - Lettura continua del Vangelo di Marco: Mc 14,43-52
Mc 14,43 E
subito, mentre ancora egli parlava, arrivò Giuda, uno dei Dodici, e con
lui una folla con spade e bastoni, mandata dai capi dei sacerdoti,
dagli scribi e dagli anziani.
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Il traditore
aveva dato loro un segno convenuto, dicendo: "Quello che bacerò, è lui;
arrestatelo e conducetelo via sotto buona scorta".
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Appena giunto, gli si avvicinò e disse: "Rabbì" e lo baciò.
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Quelli gli misero le mani addosso e lo arrestarono.
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Uno dei presenti estrasse la spada, percosse il servo del sommo sacerdote e gli staccò l'orecchio.
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Allora Gesù disse loro: "Come se fossi un ladro siete venuti a prendermi con spade e bastoni.
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Ogni giorno ero in mezzo a voi nel tempio a insegnare, e non mi avete arrestato. Si compiano dunque le Scritture!".
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Allora tutti lo abbandonarono e fuggirono.
Lo seguiva però un ragazzo, che aveva addosso soltanto un lenzuolo, e lo afferrarono.
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Ma egli, lasciato cadere il lenzuolo, fuggì via nudo.
Il
racconto dell’arresto è incorniciato da due scene: l’arrivo di
Giuda e la fuga di tutti. Gesù passa così da una compagnia ad
un’altra: dal gruppo degli amici a quello dei nemici.
«Tutti,
allora, abbandonandolo, fuggirono». Si realizza così quello che
Gesù stesso aveva predetto: «Percuoterò il pastore e le pecore
saranno disperse» (14,27).
Gesù
protesta contro l’aggressione, ma vuole soprattutto manifestare che
anche in questo avvenimento si sta compiendo il disegno di Dio: «Si
adempiano dunque le Scritture!».
L’episodio
del giovinetto che tenta di seguire Gesù, ma viene fermato e fugge
via nudo (forse è un ricordo autobiografico dello stesso
evangelista), non fa che sottolineare la solitudine assoluta di Gesù:
«Anche il più coraggioso fuggirà nudo in quel giorno» (Am 2,16).
A
chi viene a prenderlo per ucciderlo, Gesù dice: «Si compiano le
Scritture». Ciò che sta accadendo è il compimento di ogni promessa
di Dio.
Qui
finisce l’azione di Gesù e inizia la sua passione. Ma Gesù non ci
ha salvati con la sua azione, ma con la sua passione.
La
parola chiave del brano è «impadronirsi». In questo gesto si
esprime il peccato dell’uomo, che invece di prendere in dono,
benedicendo il donatore e donando al bisognoso, prende in possesso,
misconoscendo il Donatore e chiudendosi al fratello.
Dio,
essendo amore, è dono. Impadronirsi è l’azione antidivina per
eccellenza: riporta tutto al caos, che si divora nuovamente ciò che
Dio gli ha sottratto.
Se
Dio, per un solo attimo, volesse possedere ciò che ha e ciò che è,
all’istante non ci sarebbe più nulla. Il possesso è la negazione
del dono, e quindi di ogni creatura e dello stesso Creatore.
Gli
strumenti per impadronirsi sono denari, spade, bastoni, baci. Ma a
noi che ci impadroniamo di lui, egli risponde rimanendo ciò che è:
dono.
Si
dona e si abbandona nelle nostre mani, e ci lascia fare di lui quello
che vogliamo. Ma mentre noi lo prendiamo, lo «comprendiamo», ossia
capiamo la sua essenza di dono assoluto, che non si sottrae a nessun
male. Quando afferriamo il Figlio dell’uomo, il nostro peccato
afferra il perdono, le nostre tenebre afferrano la luce, la nostra
morte afferra la vita. La vittoria del male diventa la sua sconfitta
definitiva.
Gesù
che si consegna è il compimento di tutte le Scritture. Esse infatti
raccontano la passione di Dio per noi, e promettono la salvezza di
Dio per i peccatori.
Il
discepolo deve capire che è tra coloro che prendono. Tradisce,
rinnega, fugge e lo abbandona, come tutti.
A
chi lo consegna, Dio si consegna, rivelandogli pienamente se stesso
come amore e offerta di salvezza senza condizioni.
Adamo,
con il suo impadronirsi, si staccò da Dio e uscì dall’Eden nel
caos; Gesù, col suo consegnarsi, ci riporta a Dio, facendo entrare
l’Eden nel caos.
Il
bacio di Giuda diventa segno di colui che bisogna prendere. Invece
che dono d’amore, è stravolto nel suo contrario. Il bacio di Giuda
è anche ostentato. Kataphílesen, in greco, indica un bacio tenero,
dato con abbandono e intensità.
Pietro,
come tutti, confida nelle stesse armi dell’avversario. Anche se
vuole il bene, in realtà, è fra quelli che moltiplicano il male.
Dio, essendo perdono e misericordia, trionfa proprio perdendo. Per
fortuna, i discepoli sono più deboli degli altri, che diversamente
avrebbero dovuto fuggire. Quando siamo più forti e cantiamo vittoria
siamo i veri nemici di Gesù, il quale per causa nostra deve
continuare la sua agonia nel Getsemani e non può giungere alla
gloria della risurrezione perché noi gli impediamo di morire,
credendo di fargli il più grande piacere.
Egli
avrebbe a disposizione dodici legioni di angeli (Mt 26,53); ma
l’unica sua arma è sempre e solo la debolezza dell’amore che si
consegna e si arrende, perché Dio è amore e nient’altro che
amore.
«Rendere
giustizia con la violenza» è una contraddizione in termini (Sir
20,4). Pietro ama Gesù, ma non conosce il suo spirito. È ancora nel
campo avversario, nello stesso gioco di spade, di bastoni, di denari,
di baci falsi. Nonostante la sua buona volontà, è anche lui
prigioniero di quel male per il quale Gesù sta morendo.
L’arma
con cui Gesù colpirà al cuore il nemico sarà la misericordia.
Vince il male con il bene.
Quante
difese di Gesù non entrano nel suo spirito! Egli non ha nemici da
vincere, ma fratelli da conquistare all’amore del Padre.
Ogni
volta che abbiamo un nemico da combattere, siamo lontani da lui,
siamo suoi nemici anche noi. Tutte le nostre crociate non servono che
a tagliare orecchi, ossia a togliere ai fratelli la capacità di
ascoltare la misericordia di Dio, unica possibilità di conversione.
La
spada di Pietro è profezia di tutti gli strumenti di potere che noi
discepoli abbiamo usato, usiamo e useremo, ritardando la venuta del
suo regno in proporzione alla nostra forza.
A
chi ha poco discernimento, il diavolo accresce tanto la «buona
volontà». Dio doni intelligenza a chi ha zelo, perché, a fin di
bene, non operi con tanta «buona volontà» a favore del diavolo.
In
conclusione, tutte le velleità di Pietro e degli altri (v. 31) si
riducono ad una fuga precipitosa. I discepoli abbandonano Gesù
perché è debole. La loro fuga fa vedere che sono con lui fino a
quando possono pensarlo come lo vogliono loro. Lo amano come
proiezione dei loro desideri, ma non per ciò che è. Ma chi cerca il
Signore per il Signore?