Mercoledì delle Ceneri: la messa del Vescovo "sine populo", ma con una grandissima partecipazione spirituale
«Siamo chiamati alla preghiera. Siamo invitati all’elemosina. Siamo sollecitati a vivere il digiuno». Queste le riflessioni del vescovo della diocesi di Como, monsignor Oscar Cantoni, nella Messa del Mercoledì delle Ceneri.
Una liturgia celebrata in un Duomo dall’atmosfera surreale: porte
chiuse, presenti solo il Vescovo, una piccola parte dei canonici del
Capitolo della Cattedrale e il personale addetto ai servizi. Da www.settimanalediocesidicomo.it.
La Santa Messa è stata trasmessa in diretta sul canale web del nostro Settimanale, in collaborazione con la Basilica Cattedrale di Como. Si sono contati oltre settemila accessi.
«Questa sera – ha sottolineato il Vescovo Cantoni –vi raggiungo in una
situazione insolita, determinatasi nel nostro ambiente a causa del
corona virus». Grande è il rincrescimento, perché «non possiamo essere
convocati per la liturgia nelle nostre comunità parrocchiali. Della
nostra Chiesa avvertiamo una profonda nostalgia, che dice il nostro
legame a una comunità di fede, fatta di persone concrete che
riconosciamo come la nostra famiglia». C’è un sentimento di vicinanza
«gli uni gli altri, un affetto solidale, soprattutto con le persone più
provate. A nome di tutti i nostri sacerdoti esprimo a ciascuno affetto e
solidarietà». Dal Vescovo di Como anche un’ultima sollecitazione:
«Dovremmo fare tesoro della lezione che proviene da questi giorni
difficili per tutti e vincere il demone della sfiducia e della
rassegnazione, per fissare lo sguardo su ciò che resta. Dio, anche in
questo frangente, non si stanca di darci la mano».
Ecco il testo integrale dell’omelia del Vescovo Oscar.
Cari fratelli e sorelle, questa sera vi raggiungo, la più
parte di voi nelle vostre abitazioni, in una situazione insolita,
determinatasi all’improvviso nel nostro ambiente a causa del corona
virus e con grande rincrescimento, dal momento che non
possiamo essere convocati per la liturgia nelle nostre comunità
parrocchiali. Della nostra Chiesa in questo particolare momento dovremmo
avvertire una profonda nostalgia, che dice il nostro legame a una
comunità di fede, fatta di persone concrete, che oggi, più sensibilmente
che in altre occasioni, riconosciamo come la nostra famiglia.
Di solito, i cristiani accorrono numerosi, il primo giorno di
Quaresima, nelle chiese, per l’imposizione delle ceneri, un segno che
non ha perso il suo significato pregnante anche nel nostro ambiente di
vita. Questa sera celebriamo a porte chiuse nella nostra cattedrale, ma
siamo vicini, gli uni gli altri, con un affetto solidale, soprattutto
con le persone più provate. Anche a nome di tutti i nostri sacerdoti vi
esprimo affetto, vicinanza e solidarietà. Anche se in forma un
po’ atipica, l’appello alla penitenza, alla preghiera, alle opere di
carità, che ci rivolge la liturgia di questo mercoledì delle ceneri, è
comunque sempre attuale, è valido dovunque noi ci troviamo, perché
scuote le coscienze di ciascuno e tutti sono chiamati ad aderirvi in
modo personale. La conversione al Dio vivente è innanzitutto un
appello individuale e tuttavia è anche un richiamo comunitario. E’
tutta la Comunità Cristiana invitata a convertirsi, cioè a diventare
quello che è chiamata ad essere: sposa santa del Signore, senza macchia
né rughe. Lo diventerà nella misura in cui ciascuno di noi si sarà
impegnato a vivere secondo il Vangelo, in maggiore fedeltà e coerenza
con Gesù, nostro maestro e modello di vita.
Siamo chiamati alla preghiera. Questa sosta
forzata nelle nostre case è una occasione in più per fare della nostra
famiglia una piccola chiesa domestica. Oggi non ci sono scuse da
addurre. C’è il tempo necessario per rivolgersi verso l’alto, pregare
insieme, magari con il Rosario o con i testi della Parola di Dio del
giorno, e pensare a Dio, troppe volte dimenticato, per imparare a vivere
da figli, nella consapevolezza che Egli è sempre con noi, veglia su di
noi con amore paterno, anche in occasioni limite, come quella che oggi
attraversiamo.
Siamo invitati in secondo luogo all’elemosina, ossia a
curvarci sugli altri, a prendercene cura, vivendo relazioni belle e
vere, a cominciare dai nostri familiari, condividendo i pesi e le
sofferenze. Troviamo il tempo per guardare i volti dei nostri figli,
bambini e giovani, come i volti degli anziani che sono tra noi. Facciamo
della nostra famiglia, nella nostra abitazione, una scuola di amore, un
esercizio di gratitudine per il dono della vita e per il tanto bene
ricevuto. Senza dimenticare quanti stanno peggio di noi, magari
interessandoci dei nostri vicini.
Infine la Quaresima ci impone con il digiuno di guardarci
dentro, per liberarci dalle troppe cose a cui siamo tanto attaccati, ma
che ci distolgono dall’essenziale, da tante realtà che ci inducono a
vivere per ciò che passa, per ciò che è effimero e si scioglie come una
bolla di sapone, per ciò che è mondano e che anestetizza il cuore.
Dovremmo fare tesoro della lezione che proviene da questi giorni
difficili per tutti, e vincere il demone della sfiducia e della
rassegnazione per fissare lo sguardo su ciò che resta.
Dio, anche in questo frangente, non si stanca e non si
stancherà di darci una mano. Ritorniamo, quindi, al Signore, prendiamo
la via dell’amore e abbracceremo la vita che non tramonta.